Favole per i Re d'oggi/Rinomate virtù, Beni desiderati, Certezze incerte/L'Amore

L’Amore

../La Vita ../La Gloria IncludiIntestazione 25 novembre 2013 100% Letteratura

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LV.


L’AMORE


Se i colombi potessero intendere la lingua dei gazzettieri, chi sa mai quante volte sarebbero stati intervistati sull’argomento dell’amore.

Ebbene: io ho fatto la prova. Ho chiesto a un bel colombo, proprio di quelli col ciuffo dietro: — Che cosa ne pensi tu dell’amore?

— Dell’amore?! Oh! che domanda strana! m’ha risposto: — Che vuoi che ne pensi? Penso che quando capita qualche bella colomba non bisogna mai lasciarsela scappare.

— Siamo d’accordo! — interruppi: — Ma quali arti, quali argomenti adoperi per insinuare nel loro cuore l’amore, tu che passi per gran maestro....

— Mah! Non saprei. Spalanco la coda faccio due o tre inchini, tanto per avvisarla che stia pronta, poi spiccò un salto e....

— Basta! Basta, per carità! ho capito benissimo! — gridai: — Ma pure.... — volli ancora insistere, tante volte ti vediamo discorrere, giocarellare, dar beccuzzate e far mille moine con le tue belle....

— Oh! — esclamò: — purtroppo! Sono stupidaggini, ma bisogna farle. Le femmine ci tengono!

[p. 105 modifica]Perduta ogni speranza di cavar qualcosa di buono da quel celebrato maestro, lo piantai lì in asso, e mi misi a girare in cerca di qualche altra bestia più sapiente in amore.

Incontrai un somaro; ma, considerando che eravamo di maggio, lo lasciai passare senza dirgli nulla.

Feci invece la mia domanda a un bel gatto soriano.

— Fossi matto! — mi rispose, — a dirlo a te quel che penso io dell’amore! Vado sui tetti apposta per far le mie cose in pace!

E mi toccò seguitare per la mia strada. Finchè vidi affacciarsi un becco ad una siepe. «Questo se ne deve intendere!» pensai, e senza por tempo in mezzo gli feci la mia brava domanda.

— L’amore? — disse il becco con molta disinvoltura: — Mah! Io, a dirti il vero, non ci ho mai pensato seriamente. So che è l’amore che ci fa crescer le corna, perchè me lo ha insegnato mia madre; e questo mi basta.

Non son uomo da perdermi presto di coraggio. Alzai la testa e chiamai un farfallone che, manco a dirlo, rincorreva una bella femmina.

— Mio carissimo amico, — mi strillò senza fermarsi, con la sua facile cordialità da veneziano: — l’amore te lo dico io che cos’è: un passatempo che può costar la pelle! — E continuò allegramente a far capriole al vento dietro l’addome della bella femmina.

Il serpente fece lo spiritoso: — E un nodo indissolubile, — sentenziò, e soggiunse con un bifido sorrisetto — ...che però si può sciogliere benissimo!

Trovai una tartaruga che cenava tranquillamente con un fungo porcino.

Mandò giù il boccone, sospirò senza nessuna fretta, [p. 106 modifica]poi disse: — Ah! È una detestabile follia, questo benedetto amore, che c’entra in corpo una volta all’anno e ci toglie ogni nostra dignità, e ci fa rassomigliare alle boccie d’un pallaio. Che roba! non mi ci far pensare se no, addio appetito!

Tre passi più in là sbucava una talpa.

— E tu che ne pensi dell’amore?

— Oh! — esclamò piena di entusiasmo: — Non è forse l’amore che riempie di talpe il mondo?!

Per meditare sopra queste poche ma in verità notevoli parole della talpa, pensai di buttarmi a giacere sotto un bel castagno.

Allora vidi sul mio naso un ragnolino peloso correre lesto lesto dalla sua mamma la quale siedeva con moltissimo sussiego in mezzo alla sua gran tela.

— Mamma, — disse il ragnolino, — mi racconti una favola?

— Ti racconterò la favola dell’uomo, sei contento? — disse la mamma.

— Sì! Sì! Sì! — disse il ragnolino.

«Allora, dunque — incominciò la mamma — devi sapere che noi ragni non eravamo nati per menar questa travagliata vita che meniamo ora.

«Quando Giove ci creò, ci mise in un paradiso, e questo paradiso era la testa dell’uomo. L’uomo, figlio mio, è una bestia con una gran testa rotonda, e dentro era tutta piena di mosche. Figurati un po’ che vita felice era la nostra là dentro!

«Ma noi eravamo troppo ghiotti e mangiavamo proprio da scoppiare.

«E quando Giove s’avvide di questo, si sdegnò grandemente; e per punirci mandò sulla terra la donna, e questa sapeva certe parole magiche che [p. 107 modifica]soffiate nell’orecchio all’uomo ecco d’un tratto gli vuotavan la testa.

«Che si poteva più fare noi dentro quelle zucche vuote?

«E così ci toccò uscire da quel nostro paradiso e andarcene per il mondo a stentar la vita, come facciamo».