Favole (La Fontaine)/Libro ottavo/XXV - I due Cani e l'Asino morto

Libro ottavo

XXV - I due Cani e l'Asino morto

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro ottavo

XXV - I due Cani e l'Asino morto
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I vizi son fra lor buoni fratelli,
e quando uno si siede
nel nostro cor, si vede
che siedono anche quelli
che van con lor per via,
a meno che la trista compagnia
per ira non si pigli pei capelli.

Non così le virtù. Raro si mira
dei grandi affetti in un sol uom lo zelo
temperato con nobile armonia.
L’uno è valente, sì, ma pronto all’ira,
l’altro è saggio, ma l’anima è di gelo.
Fin tra le bestie spesso
vedi accader lo stesso.
Il più fido animal che mai ci sia,
il cane io dico, mostrasi talvolta
anch’esso bestia stolta

e piena d’un’ingorda ghiottornia.

Due Cani in lontananza un giorno videro
in mezzo al fiume galleggiare un Asino,
che, sospinto dal vento, se ne giva
discostandosi sempre dalla riva.

- Amico, - disse l’un, - che l’occhio hai limpido
e più acuto del mio, guarda sul liquido
specchio dell’onda. È un bove od un cavallo? -
E l’altro: - È un buon boccone senza fallo.

Ma pigliarlo, barbin, questo è il difficile!
Lunga è la tratta e incontro il vento soffia.
Non ti senti riarso e sitibondo?
Proviamo a ber quest’acqua fino in fondo,

finché in secco vedremo della bestia
(superba provvigion) il corpo ghiotto -.
Bevono i Cani e bevi e bevi... bevvero
tanto che punf... scoppiarono di botto.

Tal è l’uomo. Se in lui fissa è l’idea,
non c’è cosa impossibile e fallace.
Castelli in aria crea,
e per amor di vane ombre e di gloria
in desideri perde la sua pace.

- Oh potessi riempire di ducati
questi miei scrigni! O s’io sapessi almeno
la chimica, la storia,
la medicina, l’arabo, l’armeno!
O arrotondar potessi questi Stati! -

Questo è bevere il mar. Ai sovrumani
concetti d’uno spirto vanerello
non bastan quattro corpi ed otto mani.
Se non si resta a mezzo sul più bello,
a compier ciò che logico non è
non bastan quattro vite di Noè.