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XII.
Nella condotta di questo Discorso io miro meno all’ordine
fisico che al metafisico. La chiarezza con cui dei fenomeni
anche materiali sono presentati all’intelligenza, dipende
assai poco, io ho imparato a capirlo da molto tempo, da un
ordinamento puramente materiale, dipende anzi, quasi del
tutto, da un ordinamento morale. Se, dunque, qualche volta
pare che io avanzi troppo prolissamente da un punto ad un
altro del mio argomento, dirò che lo faccio nella speranza
di mantenere il meglio possibile intatta quella catena di
impressioni graduale, per mezzo della quale soltanto l’intelletto umano può ripromettersi di abbracciai le grandiosità di cui io parlo c di comprenderle nella loro maestosa
totalità.
Fino ad ora la nostra attenzione è stata diretta quasi
esclusivamente ad un aggruppamento generale e relativo
dei corpi stellari nello spazio. Delle specificazioni ve ne sono
state poche; e qualunque idea di quantità — cioè idea di
numero, di grandezza e di distanza — è stata trasmessa incidentalmente a guisa di preparazione per delle concezioni
più definitive. Tentiamo ora di concepire queste ultime.
Il nostro sistema solare, come si è già detto, consta prin-
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pipalmente di un sole e sedici pianeti senza dubbio; ma
molto probabilmente di alcuni altri che si aggirano attorno
ad esso come loro centro e accompagnati da diciassette lune
di cui noi siamo certi, con diverse altre forse di cui non
sappiamo niente. Questi vari corpi non sono vere sfere, ma
sferoidi schiacciati — sfere schiacciate ai poli di quegli assi
imaginari attorno ai quali girano — il cui schiacciamento non
è che una conseguenza della rotazione. Il Sole però non ò
veramente il centro del sistema, perchè questo Sole stesso
con tutti i pianeti gira attorno ad un punto dello spazio,
perpetuamente variante, che è il centro di gravità generale
dei sistema. Non dobbiamo neppure considerare le orbite
nelle quali i diversi sferoidi si muovono — le lune attorno
ài pianeti, i pianeti attorno al Sole, o il Sole attorno al centro
pomune — come circoli nel vero senso della parola. Esse
sono in realtà delle ellissi — uno dei fuochi essendo ilpimio
attorno al quale vien fallo il movimento di rivoluzione.
Un’ellisse ò una curva ritornante su sè stessa, che ha uno
dei suoi diametri più lungo dell'altro. Nel diametro più
lungo vi sono due punti equidistanti dalla metà della linea,
epperò cosi situati che, se da ciascuno di essi si tirasse una
linea retta ad un punto qualsiasi della curva, le due linee
prese insieme sarebbero uguali al diametro più lungo. Concepiamo adunque una ellisse di questo genere. Ad uno dei
punti mentovati che sono i fuochi, fissiamo un arancio. Con
un filo elastico uniamo quest'arancio con un pisello, e mettiamo quest'ultimo sulla circonferenza deU'elìisse. Moviamo
ora il pisello continuamente intorno all'arancio — tenendolo
sempre sulla circonferenza dell ellisse. Il filo elastico, che
naturalmente varia in lunghezza quando moviamo il pisello,
formerà ciò che in geometria si chiama radius vector. Ora
se noi consideriamo l'arancio come Sole, ed il pisello come
un pianeta roteante attorno ad esso, la rivoluzione si farebbe in modo tale — con una velocità cosi variabile — che
fi radius vector passerebbe sopra aree di spazio uguali in
tempo uguale. Il cammino del pisello sarebbe — o in altre
parole il cammino del pianeta — è naturalmente lento in
proporzione della sua distanza dal Sole — rapido in proporzione della sua prossimità. Quei pianeti, inoltre, quanto più
lontani sono dal Sole, tanto piu lentamente si muovono,
avendo i quadrati dei loro periodi di rivoluzione tra loro
la stessa proporzione che hanno tra loro i cubi delle loro
distanze medie dal Sole.
Le leggi di rivoluzione, qui descritte, così meravigliosamente complesse, non si debbono tuttavia considerare come
esistenti solo nei nostro sistema. Esse esistono dovunque
esìste l’Attrazione. Esse reggono l’Universo. Ogni punto,
che brilla nel firmamento è. senza.dubbio, un Sole luminoso
assomigliante al nostro, almeno nei suoi caratteri generali ; [p. 77modifica]EUREKA
11
il quale e accompagnato da un maggiore o minor numero
di pianeti, più o meno grandi, la cui luminosità sempre
tardiva non è sufficiente per renderli visibili a noi ad una distanza cosi immensa, ma che, ciò non ostante, girano, accompagnati da lune, intorno al loro centro stellare, obbedendo
ai principi già spiegati — obbedendo alle tre leggi di rivoluzione onniprevalente — alle tre leggi immortali dannale
dall’imaginativo Kepler, e dimostrate soltanto in seguito
e spiegate dal paziente c matematico Newton. In una certa
tribù di filosofi che si vantano eccessivamente di basarsi su
fatti positivi, è veramente troppo alla moda di motteggiare su
tutte le speculazioni col comprensivo soprannome di « opera
congetturale ». Ma il punto che si deve considerare è, chi
congettura. Congetturando con Platone, noi occupiamo il
nostro tempo in uno scopo migliore, ora e sempre, che
ascoltando una dimostrazione di Alcmeone.
In molti lavori di Astronomia io vedo distintamente stabilito che le leggi di Kepler sono le basi del grande principio della Gravitazione. Questa idea deve essere nata dal
fatto che la divinazione che ebbe Kepler di queste leggi e
te sue prove a posteriori che avevano un'esistenza positiva, condussero Newton a spiegarle per mezzo dell’ipotesi
della Gravitazione e finalmente a dimostrarle a priori come
conseguenze necessarie dei principi ipotetici. Cosi le leggi
di Kepler, ben lontane dall'essere le basi della legge di
Gravità, hanno la legge di Gravità per loro base — ciò che
avviene, in vero, di tutte le leggi dell’Universo materiale
Che non si riferiscono soltanto alla Repulsione.
La distanza media della Terra dalla Luna — cioè dal corpo
celeste più vicino a noi — è di 237 000 miglia. Mercurio, il
pianeta più vicino al sole, è distante da esso 37 milioni di
miglia. Venere, che lo segue, rotea ad una distanza di 08
milioni: — la Terra, che vien dopo, ad una distanza di 95
milioni: — Marte, poi, ad una distanza di 144 milioni. Poi
vengono gli otto asteroidi iCerere, Giunone, Vesta, Pallade,
Astrea, Flora, Iride ed EbeJ ad una distanza media di circa
250 milioni. Poi abbiamo Giove distante 490 milioni; poi
Saturno 900 milioni; poi Urano 1900 milioni; finalmente
Nettuno, ultimamente scoperto, e girante ad una distanza,
dico, di 2800 milioni. Lasciando Nettuno fuori di causa, che
fino ad ora noi conosciamo poco, e che è probabilmente un
pianeta di un sistema di Asteroidi — si vedrà che, entro
berti limiti, esiste un ordine di intervalli tra i pianeti. Parlando approssimativamente, noi possiamo dire che ogni
pianeta esterno è lontano dal Sole due volte quanto il pianeta interno che lo precede.
Non potrebbe l'ordine qui mentovato — non potrebbe la
Ugge di Bode essere dedotta dalla considerazione dell'a '
natogia che ha luogo, come Ju da me suggerito, tra la [p. 78modifica]78 ÈUREKA
espulsione solare degli anelli c il modo dell' irradiazione
atomica ?
Sarebbe follìa il tentar di comprendere i numeri cosi frettolosamente menzionati in questa tavola delle distanze, a
meno che non sia dal punto di vista dei fatti aritmetici
astratti. Essi non sono praticamente tangibili. Non trasmettono nessuna idea precisa. Io ho esposto che Nettuno, il
pianeta più lontano dal Sole, fa il suo giro di rivoluzione
intorno a sè ad una distanza di 2800 milioni di miglia. Fino
a questo punto, sta bene: — Io ho esposto un fatto matematico c senza comprenderlo affatto noi lo possiamo usare
— matematicamente. Ma accennando anche che la Luna gira
attorno alla Terra alla distanza comparativamente piccola
di 237 UOO miglia, io non accarezzai nessuna speranza di far
comprendere — di far sapere — o sentire — a qualcuno, quanto
lontana dalla Terra sia positivamente la Luna. 237 000 miglia. Vi sono forse pochi dei miei lettori che non abbiano
attraversato l’Oceano Atlantico; pure quanti fra essi hanno
un’idea chiara delle 3000 miglia soltanto che si trovano fra
una sponda e l’altra ? Io dubito, davvero, che esista un
uomo che possa far entrare nel suo cervello la più lontana
concezione dell'intervallo che vi è tra una pietra migliare
e quella che le è vicina sulla strada maestra. Noi siamo
però, fino ad un certo punto, ajutati nella nostra considerazione di distanza combinando questa colla considerazione
affine della velocità. Il suono passa attraverso 1100 piedi di
spazio in un secondo di tempo. Ora, se fosse possibile per un
abitante della Terra di vedere il lampo di un cannone scaricato nella luna e di udirne il suono, egli dovrebbe aspettare dopo aver visto il lampo, più di tredici giorn e tredici
notti prima di ricevere qualche avviso del suono.
Per quanto debole sia l’impressione, ottenuta con questo
mezzo, della distanza reale della Luna dalla Terra, avrà
ciò non ostante una utilità, permettendoci di vedere più chiaramente la futilità del tentativo di afferrare ad intervalli
così vasti come quello di 2800 milioni di miglia che è tra il
nostro Sole e Nettuno; 0 anche quello di 95 milioni che è
tra il Sole e la Terra che noi abitiamo. Una palla di cannone lanciata colla massima velocità colla quale sia mai
stata lanciata a conoscenza d'uomo una palla, non potrebbe
attraversare quest’ultimo intervallo in meno di 20 anni;
mentre per attraversare il primo abbisognerebbe di 590 anni.
Il diametro reale della nostra Luna è di 2160 miglia; ep-
però essa è un oggetto comparativamente così piccolo che
sarebbero necessari cinquanta di tali globi per comporne
uno largo quanto la Terra.
Il diametro del nostro globo è di 7912 miglia — ma dall’enunciazione di questi numeri quale idea positiva ne ricaviamo ? [p. 79modifica]EUREKA.
79
Se noi saliamo una ordinaria montagna e guardiamo attorno a noi dalla sua sommità, noi osserviamo un paesaggio
ohe si allarga circa 40 miglia in ogni direzione, formante
un circolo di 250 miglia di circonferenza che racchiude
un’area di 5000 miglia quadrate. L'estensione di un tale
prospetto, a cagione della successione con cui necessariamente le sue parti si presentano al nostro sguardo, non
può essere apprezzata che molto debolmente e molto parzialmente— pure l’intero panorama non comprende più di
una quarantamillesima parte della sola superficie del nostro
globo. Se poi questo panorama dovesse essere seguito, dopo
l'intervallo di un'ora, da un altro panorama di estensione
uguale; e questo ancora da un terzo, dopo l’intervallo di
un’ora; e questo ancora da un quarto, dopo l’intervallo di
un'altra ora — e cosi via, finché tutto lo sviluppo scenico
della Terra fosse esaurito; e se noi fossimo impegnati per
esaminare questi vari panorami per dodici ore di ogni giorno,
noi dovremmo, ciononotsante, passare nove anni ed otto
giorni per completare quest'ispezione generale.
Ma se la sola superitele della Terra elude il potere del-
l’imaginazione, cho cosa dobbiamo noi pensare del suo
contenuto cubico ? Esso abbraccia una massa di materia
uguale in peso a due sestilioni e duecento quintilioni almeno di tonnellate. Supponiamolo in uno stato di quiete e
proviamo ora di concepire una forza meccanica sufficien‘0
per metterlo in moto! Non la forza di tutte le miriadi di
esseri i quali noi possiamo concludere che abitano il mondo
planetario del nostro sistema — non la forza fisica combinata di tutti questi esseri — anche ammettendo che tutti
siano più potenti dell’uomo — potrebbe servire a muovere
la ponderosa massa, sia pure di un solo pollice, dalla sua
posizione.
Che cosa si dirà, allora, della forza, che in simili circostanze sarebbe necessaria per muovere il più grande dei
nostri pianeti : Giove? Questo ha 86 ODO miglia di diametro,
e includerebbe nella sua periferia più di mille globi grandi
come la nostra Terra. Pure questo maraviglioso corpo gira
attualmente attorno al sole in ragione di 29 000 miglia in
un’ora — cioè con una velocità cinquanta volte maggiore
di quella di una palla da cannone! Non si può neppur dire
che il pensiero di un tale fenomeno faccia trasalire la ragione — esso la paralizza e la sgomenta. Non di rado noi
abbiamo assegnato alla nostra imaginazione il compito di
dipingerci le facolta di un angelo Imaginiamo un tale essere ad una distanza di qualche centinaja di miglia da Giove
— prossimo testimonio oculare di questo pianeta, quand'esso
si affretta nella sua annuale rivoluzione Ora possiamo noi,
domando, formarci un concetto abbastanza chiaro della
spirituale elevazione di questo essere ideale, quanto quello [p. 80modifica]EUREKA
8o
implicato nella supposizione che egli stesso — per quanto
angelico.sia — non venga subito gettato nel nulla e schiacciato da questa smisurata massa di materia che gira impetuosamente proprio davanti ai suoi occhi, con una velocità
tanto indicibile ?
A questo punto, tuttavia, mi pare conveniente osservare
che, in realtà, noi non abbiamo parlato comparativamente
che di inezie. Il nostro Sole — l'orbe centrale che dirige il
sistema a cui appartiene Giove — è non solo maggiore di
Giove, ma maggiore assai di tutti i pianeti del sistema presi
insieme. Questo fatto è veramente una condizione essenziale della stabilità del sistema stesso. 11 diametro di Giove,
si è già detto, è di 86 000 miglia — quello del Sole è di
882 000 miglia. Un abitante del Sole che percorresse novanta
miglia al giorno, dovrebbe seguire il grande circolo della
sua circonferenza per più di ottant’anni. Esso occupa uno
spazio cubico di 081 quadrilioni e 472 trilioni di miglia.
La Luna, come si è già stabilito, gira intorno alla Terra,
ad una distanza di 237 000 miglia — in un’orbita, conseguentemente, di quasi un milione e mezzo. Ora se il Sole
fosse messo sulla Terra, centro sopra centro, il corpo del
primo si estenderebbe in ogni direzione, non solo fino
alla linea dell'orbita della Luna, ma più in là ancora ad
una distanza di 200 000 miglia.
E qui, una volta ancora, lasciatemi dire che, in realtà,
noi non abbiamo fino ad ora parlato comparativamente che
d’inezie. La distanza del pianeta Nettuno dal Sole è stata
stabilita a 2800 milioni di miglia: la circonferenza della suà
orbita, quindi, è di 17 bilioni circa. Ricordiamoci bene di
ciò quando noi guardiamo qualcuna delle più brillanti stelle.
Fra questa stella e quella del nostro sistema (il Sole), vi è
un tale abisso di spazio che sarebbe necessaria la lingua
di un arcangelo per darne un’idea. Dunque la stella, sulla
quale supponiamo di aver gettato uno sguardo, è una
cosa affatto separata dal nostro sistema e dal nostro Sole o
stella: pure, per ora. imaginiamola messa sul nostro Sole,
centro sopra centro, come appunto or ora imaginavamo
che il Sole stesso fosse situato sulla Terra. Imaginiamoci
ora che la stella particolare, che abbiamo in mente, si
estenda in ogni direzione oltre l’orbita di Mercurio — di Venere — della Terra: —sempre avanti oltre le orbite di Marte
— di Giove — di Urano — finché, finalmente, noi imaginiamo
che riempia il circolo — di diciassette bilioni di miglia di
circonferenza — che descrive nel suo giro di rivoluzione il
pianeta di Leverrier. Quando noi avremo concepito tutto
ciò, noi non avremo concepito nessuna idea stravagante.
Vi sono le migliori ragioni per credere che molte stelle sono
ancora molto più grandi di quella che abbiamo imaginato
Intendo dire che abbiamo la migliore base empirica per tale [p. 81modifica]EUREKA
81
credenza — e, gettando uno sguardo indietro sopta gli ordinamenti atomici, originali per la diversi à che noi abbiamo
considerata come una parte del piano Divinoncila c, nazione dell'Universo, noi potremo facilmente capire e credere
all'esistenza di sproporzioni nelle dimensioni delle stelle
assai più vaste di quelle di cui abbiamo fino ad ora parlato. Naturalmente noi dobbiamo aspettarci di trovare i
corpi più grandi roteanti nei vuoti più grandi dello Spazio.
Io notavo appunto or ora, che per dare un’idea dell'intervallo che sta tra il nostro Sole e qualunque altra stella,
noi avremmo bisogno dell’eloquenza di un arcangelo. Dicendo ciò non dovrei essere accusato di esagerazione; perche, in verità, questi sono argomenti sui quali è raramente
possibile esagerare. Ma portiamo la materia più distinta-
mente davanti agli occhi della mente.
In primo luogo, noi possiamo avere una relativa concezione generale dell’ intervallo in questione, comparandolo
cogli spazi interplanetari. Se, per esempio, noi supponiamo
che la Terra, che è in realtà 95 milioni di miglia lontana
dal Sole, non sia lontana da quell'astro che un piede, Nettuno allora sarebbe distante quaranta piedi e la stella Alpha
Lyrce per lo meno di centocinquantanove.
Ora io presumo che pochi dei miei lettori avranno notato
qualche cosa di specialmente inammissibile e di particolar-
'mente erroneo nella conclusione della mia uhima sentenza.
Io dissi che considerando che la distanza fra la Terra e il
Sole sia di un piede, la distanza di Nettuno sarebbe di
quaranta e quella di Alpha Lyrae di centocinquantanove.
La proporzione fra un piede e centocinquantanove sembra
forse dare un'impressione sufficientemente determinata della
proporzione fra i due intervalli — quello della Terra dal Sole
e quello di Alpha Lyrae dallo stesso astro. Ma il mio calcolo su questo soggetto avrebbe dovuto in realtà esser fatto
cosi: — Considerando che la distanza della Terra dal Sole
sia di un piede la distanza di Nettuno sarebbe di quaranta
piedi e quella di Alpha Lyrae di centocinquantanove — miglia: — cioè, nel mio primo rapporto della situazione, io ho
assegnato ad Alpha Lyrae solo la cinquemiladuecentottan-
ièsitna parte di quella distanza che è la minore distanza
possibile alla quale essa possa essere realmente situata
Procediamo: — Per quanto distante sia un semplice pianeta, pure quando noi lo guardiamo attraverso ad un telescopio, noi lo vediamo sotto una certa forma — e di una
certa apprezzabile dimensione. Ora io ho già accennato alla
verosimile mole di più d una stella; ciò nonostante quando
noi ne osserviamo qualcuna anche attraverso al più potente
telescopio, si trova ohe si presenta a noi senza forma e
conseguentemente senza grandezza. Noi la vediamo come
uh punto e nulla più. [p. 82modifica]EUREKA
82
Ancora: — Supponiamo di passeggiare una notte in una
strada maestra. In un campo, da un lato della strada, vi è
un inta di ali aggeli, per esempio degli alberi, le ligure
di ..i sono 01 olitamen e delineate sullo sfondo del
Colo, questa linea di uggeLti si stende ad angolo retto colla
strada c dalla strada all'orizzonte. Ora, a misura che noi
procediamo lungo la strada, vediamo che questi oggetti
cambiano la loro posizione, rispettivamente, in ragione a
un certo punto lisso in quella parte del firmamento che
forma lo sfondo della veduta. Supponiamo che questo punto
fisso — sufficientemente fisso per il nostro scopo — sia la
luna che spunta. Noi ci accorgiamo subito che, mentre
l'albero più vicino a noi altera la sua posizione in rispetto
alla luna, tanto che sembra fuggire dietro di noi, l'albero
che è alla distanza estrema non ha quasi neanche cambiato
la sua posizione relativa al satellite. Per conseguenza riusciamo a percepire che più gli oggetti sono lontani da
noi, meno alterano la loro posizione; e viceversa. Dunque
cominciamo a valutare, senz’accorgercene, la distanza di
ogni albero in particolare, per mezzo del grado in cui
essi fanno vedere il loro spostamento relativo. Finalmente,
arriviamo a capire come sarebbe possibile 1' accertare
la reale distanza di un dato albero nella fila, usando la
somma dello spostamento relativo come base di un semplice problema geometrico. Ora questo spostamento relativo
è ciò che viene chiamato « parallasse »; e per mezzo della
parallasse noi possiamo calcolare le distanze def corpi celesti. Applicando questo principio agli alberi in questione,
saremmo, senza dubbio, imbarazzati ad afferrare la distanza di quell' albero che, per quanto ci siamo allontanati sulla strada, non ci presenta nessuna parallasse.
Questa, nel caso descritto, è una cosa impossibile; ma soltanto perchè tutte le distanze sulla nostra Terra sono veramente triviali: — in paragone delle vaste quantità cosmiche possiamo dire che esse sono come assolutamente
nulle.
Ora supponiamo che la stella Alpha Lyrte sia direttamente
sopra al nostro capo ; e imaginiamo che, invece di essere
sulla terra, siamo ad un capo di una diritta via che si
stende attraverso allo Spazio fino ad una distanza uguale
al diametro dell'orbita della Terra —cioè ad una distanza
di cento e novanta milioni di miglia. Avendo osservato, per
mezzo dei più delicati istrumenti micrometrici, la posizione
esatta della stella, passiamo ora lungo quest'inconcepibile
via finché non raggiungiamo l'altra estremità. Ora osserviamo una volta ancora la stella. Essa è precisamente dove
la lasciammo. 1 nostri istrumenti, per quanto delicati, ci
assicurano che la sua posizione relativa e assolutamente —
è identicamente la stessa, come al cominciare del nostro [p. 83modifica]EUREKA
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inattuabile viaggio. Nessuna parallasse — di nessun genere
— si è trovata.
Il fatto è che in riguardo alla distanza delle stelle fisse
— di uno qualunque di quelle miriadi di soli scintillanti
nella parte più lontana di quel maestoso abisso che separa
il nostro sistema dai sistemi suoi fratelli ne! gruppo a cui
esso appartiene — la scienza astronomica, fino ad ora, non
potè parlare che con una certezza negativa. Considerando
le stelle più brillanti come le più vicine, non potremmo dire
altro, anche di esse, tranne che vi è una certa distanza incomprensibile entro il cui limite più vicino esse non possono essere situate: — quanto lontane siano oltre questo
limite noi non fummo capaci di accertarcene mai. Noi abbiamo percepito, per esempio, che Alpha Lyrce non può
essere più vicina'a noi di 19 trilioni e 200 bilioni di miglia; ma per quanto sapevamo, e veramente per quanto
sappiamo adesso, essa può essere distante da noi al quadrato od al cubo o a qualunque altra potenza del numero
ora indicato. Tuttavia per mezzo di osservazioni meravigliosamente minute e prudenti continuate, con nuovi strumenti, per molti laboriosi anni. Bessel, che morì non è molto,
era ultimamente riuscito a determinare la distanza di sei o
sette stelle; fra le altre quella della stella che porta il numero 61 della costellazione del Cigno. La distanza verifi-
fcata in quest’ultimo caso è di 670 000 volte maggiore di
quella del Sole ; il quale, come sarà bene ricordare, è di
95 milioni di miglia. La stella 61 del Cigno è dunque circa
64 trilioni di miglia lontana da noi —o a distanza tre volte
maggiore di ouella attribuita come distanza minima di Alpha
Lyroe.
Se noi tentiamo di valutare quest’intervallo coll’ajuto di
qualche considerazione di velocità, come facemmo per tentare di valutare la distanza della Luna, noi dobbiamo trascurare delle inezie di velocità come quella della palla di cannone o del suono. La luce, però, secondo gli ultimi calcoli
di Struve, procede in ragione di 167 000 miglia per secondo.
Il pensiero stesso non può passare attraverso a quest’intervallo più in fretta — se pure anche il pensiero lo potrebbe
passare. Pure per venire dalla stella 61 del Cigno a noi,
anche mediante questa inconcepibile velocità, la luce v’impiega più di dieci anni e conseguentemente anche se la
stella in questo momento fosse cancellata dall'Universo,
pure per dicci anni continuerebbe a raggiare immutata nella
sua paradossale gloria.
Tenendo ora ben fisso in mente quel concetto, per quanto
debole esso sia, che noi ci possiamo esser fatto della distanza fra il nostro Sole e la stella 61 del Cigno, ricordiamo
che ci è permesso di considerare quest’intervallo, per quanto
indicibilmente vasto, come l’intervallo medio fra l’innu¬ [p. 84modifica]EUREKA
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merevole moltitudine di stelle che compone quel gruppo 0
« nebulosa » al quale il nostro sistema, come quello della
stella 61 del Cigno, appartiene. Io ho infatto esposto il caso
con grande moderazione. Noi abbiamo delle eccellenti ragioni per credere che la stella 61 del Cigno sia una delle
stelle più vicine, e cosi per concludere, almeno per ora,
diremo che la sua distanza da noi è minore della distanza
media fra ogni stella del magnifico gruppo della Via Lattea.
È qui ancora un’ultima volta mi pare conveniente osservare che ancora non si è parlato che di inezie. Cessiamo
di meravigliarci dello spazio che vi è fra stella e stella nel
nostro gruppo o in qualsiasi altro gruppo particolare, rivolgiamo piuttosto i nostri pensieri alle distanze fra un
gruppo e l’altro nel gruppo dell’ Universo che tutto comprende.
• Ho già detto che la luce procede in ragione di 167 000
miglia al secondo — cioè circa 10 milioni di miglia in un
minuto o circa 600 milioni di miglia in un’ora: — pure
alcune nebulose sono cosi lontane da noi che anche la luce
per quanto cammini con tale velocità non potrebbe arrivare
a noi, da quelle misteriose regioni, in meno di tre milioni
di anni. Questi calcoli del resto sono stati fatti da Herschel
il maggiore, basandosi puramente su quei gruppi comparativamente più vicini che erano alla portata del suo telescopio. Però vi sono delle nebulose che attraverso al magico
telescopio di Lord Rosse susurrano in quest’istante alle nostre orecchie il segreto di un milione di secoli passati. In
una parola gli eventi che noi osserviamo — in questo momento — ih quei mondi lontani — sono gli eventi identici che
interessavano i loro abitanti dieci centinaia di migliaja di
secoli fa. In intervalli — in distanze come quella che impone
sull 'anima questa suggestione — piuttosto che sulla mente
— noi troviamo alfine una gradazione adattata a tutte le
frivole considerazioni anteriori di quantità.