Esempi di generosità proposti al popolo italiano/Coronare la vittoria col perdono. Gratitudine pia

Coronare la vittoria col perdono. Gratitudine pia

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La carità rispettosa Rendiconto esemplare


[p. 161 modifica]Era giudice del popolo d’Israello il vecchio Samuele, sotto il quale, ritornando Israello in servitù degli Dei forestieri, ne seguirono nuove calamità e avvilimenti. Ma Samuele li confortò che chiedessero perdono al Signore Dio loro; e diede speranza ch’e’ vincerebbero i Filistei prepotenti. Rincuoràti, combatterono, e vinsero. E Samuele nel luogo della battaglia fece porre una pietra a memoria, e la chiamò: Pietra del soccorso, dicendo: «Qui ci ha soccorsi il Signore». D’allora in poi godette Israello libera pace; e Samuele era lor giudice a vita. E ogni anno andava da luogo a luogo, e sentiva le loro querele, e i dubbi e i desideri di ciascuno, e dava sentenze e consigli affettuosi. Così spediva senza lungherìe le faccende, e appagava co’ modi amorevoli coloro che non potesse contentare altrimenti. E la povera gente non era per litigi [p. 162 modifica]condotta tutta in un luogo a perdere il tempo, a spendere danaro, a guastarsi il cervello e il cuore con la vista di cose nuove, più cattive che buone (perchè l’aria di città è aria malsana a chi è uso vedere sempre il sole all’aperto): non era, dicevo, condotta la povera gente a cader nelle mani di faccendieri imbroglioni; a essere soverchiata da chi aveva più soldi o più credito o più petulanza. Fatto il suo giro de’ paesi ritornava Samuele in Ramata dov’era la sua famiglia, e dove chi fuor del solito tempo volesse, poteva ricorrere a lui.

Ma Samuele era invecchiato di molto; e pensò di porre in sua vece i figli suoi come giudici. Senonché, non sempre i figliuoli di padre buono son buoni: e questo permette Iddio, acciocché certe schiatte non inorgogliscano del bene, e certe altre non si abbandonino al male disperatamente; ma ciascun uomo che viene nel mondo, eserciti la propria libertà con merito di fatica. Dunque dico che i figliuoli di Samuele non somigliavano al padre; ma abbassarono l’anima al vizio dell’avarizia sporco e vile. E pigliavano danari e vendevano la giustizia che è cosa santa. Di che sdegnati e dolenti tutti i padri di famiglia, s’intesero tra loro, e vennero a Ramata, e dissero a Samuele: «Voi siete invecchiato, e i figliuoli vostri non battono la vostra strada. Dateci dunque un re, che ci giudichi; che l’abbiamo anche noi, come gli altri popoli l’hanno, un poco di re». A Samuele ne dolse; non già che volesse difendere come cosa santa le colpe dei proprii figli, ma prevedeva i malanni grandi che gl’Israeliti si pigliavano in collo. Potevano chiedere altri giudici invece di que’ due, avari e mercanti della giustizia; ma subito la voglia di re! e per che cosa? Per essere come gli altri. Per vanità lo chiedevano; non per amore della giustizia schietto e severo. Gli [p. 163 modifica]pareva che un re fosse come uno spettacolo da stare più allegri, un balocco da farsene belli. Samuele pregò Dio, che gli desse consiglio in questo così duro passo, e Dio gl’ispirò di vincere sé stesso, e condiscendere alle voglie di quella gente. E dicendo quella gente, intendo i benestanti e i saputi, che menano gli altri troppo sovente a loro talento; perché, quanto alla povera plebe, la si sarebbe contentata d’un giudice tuttavia.

Ma prima non mancò Samuele che non annunziasse agl’Israeliti le nuove condizioni alle quali s’assoggettavano, e non dichiarasse loro quel che vuol dire un re, o, per dir meglio, quel che sarebbe voluto dire in Israello a que’ tempi. Adunò Samuele dunque i principali del popolo e disse: «Il re che volete, ecco i diritti che s’arrogherà sopra voi. Vi prenderà i figli vostri per farli suoi cocchieri e cavallerizzi e staffieri. E avrà sotto di sé magistrati eletti non da voi ma da esso. E avrà poderi di suo, e gente che faticherà per lui come servi mercenarii: e avrà i suoi armaiuoli e operai. E delle vostre figliuole giovanette farà tante ministre de’ suoi comodi e lussi vani. Vi piglierà i vostri prati e le vostre vigne; il meglio vi piglierà, da donare ai suoi servitori. Sulle vostre messi e sulla vendemmia vorrà la decima per fare larghezza con la gente oziosa e turpe che farà le sue voglie. Vi porterà via i servi vostri e le vostre bestie, per servirsene lui. Vorrà la decima sulle gregge. E sarete suoi servi. E allora chiederete soccorso a Dio dal flagello di cotesto re che volete. Iddio non v’ascolterà allora, perché siete voi che l’avrete voluto il re».

Ma i maggiori del popolo non diedero retta a Samuele; o pensassero ch’egli parlava così per dispetto, o volessero [p. 164 modifica]variare per capriccio, o cedessero alle istigazioni maligne delle genti vicine e delle spie di costoro o sperassero dal re que’ più benestanti avere vantaggio di ricchezza e d’autorità. Perchè molti fecero e fanno così: vendono i proprii diritti, e gli altrui, per un miserabile prezzo; e sovente non godono neppure quello. Dunque risposero a Samuele: «Non signore; ma noi vogliamo un re bell’e buono, che ci comandi sul serio; e così faremo anche noi tra gli altri popoli la nostra figura; saremo anche noi come gli altri. E il nostro re sarà giudice nostro; e ci condurrà alla battaglia, e farà per conto nostro la guerra». Badate bene a quest’ultima parola: farà per noi guerra. Erano stufi di vegliare alle proprie faccende da sè, di difendersi e di governarsi col proprio valore e senno. Scaricano sopra un re i loro diritti, perchè il peso dei doveri non vogliono più sostenere: cercano chi li difenda dai pericoli di fuori, e intanto si creano un pericolo più grave dentro. Quando intese così, Samuele, consigliatosi con Dio, disse: «Ritorni ciascuno a casa sua: il re l’avrete».

C’era un uomo della tribù di Beniamino, il qual uomo si chiamava Cis, robusto di corpo: che aveva un figliuolo di nome Saul, buon ragazzo, e della persona il più grande fra tutti i figli d’Israello; che dalla spalla in su li passava di quanto è la testa. Or avvenne che Cis, il padre di Saul, aveva smarrite le sue ciuche ne’ campi; e disse al figliuolo: «Prendi teco un degli uomini, e va e cercale». Andarono per la montagna d’Efraimo, e per il paese di Salisa; e non le ritrovavano. Passano più là ancora; e nulla. Onde Saul dice al servo: «Oh torniamocene che mio padre non abbia a stare in pensiero». Il servo dice: «C’è nella città qui vicino un uomo di [p. 165 modifica]Dio, e in gran concetto: andiamo a lui; se mai ci sapesse additare quel che si cerca». Dice Saul: «Andiamoci pure». (In Israello questi uomini di Dio che indicavano le cose occulte o avvenire, eran detti Veggenti). Andarono verso la città ch’era in cima d’un colle; e nel salire l’erta, incontrarono giovanette che uscivano per acqua, e domandano: «C’è egli il Veggente?». E le ragazze risposero: «C’è. Gli è lì innanzi, che va per offrire a Dio il sacrifizio col popolo. Salite e ce lo trovate». Quando furono alla porta, ecco Samuele muoveva loro incontro, fatto avvertito da Dio del venire di Saul, e che l’aveva a ungere in re. Proprio sulla porta di città si presenta Saul a Samuele e domanda: «La casa del Veggente, di grazia?». E Samuele: «Son io. Vieni meco al sacrificio; e mangerete in mia compagnia; e domani ve ne anderete; e ti dirò quel che cerchi. Le ciuche smarrite l’altr’ieri, non te ne dare briga, son bell’e trovate. E di chi ha egli a essere se non di te e della casa del padre tuo il meglio che c’è in Israello?». Rispose Saul: «Non sono io forse della minima fra le tribù d’Israello? E non è forse la mia schiatta l’ultima tra le famiglie di Beniamino? Perchè dunque parlate, o signore, a me così?». Samuele non rispose, ma con atto amorevole accennò che venissero.

Quando fu l’ora del mangiare, il vecchio Samuele entrò nella stanza con Saul e col servo, e li mise in capo di tavola, con stupore de’ convitati, ch’erano circa trenta. Vedete che il servo del re novello gli è messo accanto, acciocchè Saul e tutti conoscano che l’onore è sovente dono gratuito della Provvidenza di Dio; e acciocchè Saul, fatto re, abbattendosi in quel povero garzone col quale egli aveva girato la montagna cercando le ciuche, apprendesse [p. 166 modifica]umiltà in quella vista. Samuele fece mettere innanzi a Saul (gliene aveva serbata) la spalla dell’agnello offerto al Signore co’ soliti riti. E la mattina dopo sull’alba lo chiamò: «Lèvati; che tu faccia un tratto della via meco». Il giovane si levò, e s’accompagnò a Samuele. E quando furono sul finir della china, all’ultime case di fuori della città, Samuele disse a Saul: «Di’ al garzone che vada un po’ innanzi a noi. Tu fermati a sentire ciò che Dio vuole ch’io dica a te». Samuele allora versò sul capo di Saul olio benedetto; e lo baciò in fronte, e gli disse: «Ecco che il Signore ti crea in re del suo popolo; e lo libererai dalle mani de’ nemici che intorno gli stanno. E per segno di quanto io ti dico, partito che tu sarai da me, incontrerai due uomini presso il sepolcro di Rachele ai confini della tribù di Beniamino, e i due uomini ti diranno: le bestie ch’eri andato per esse, son trove; e tuo padre sta in gran pena per te, e dice: che ho a fare, e dove cercare del mio figliuolo? E, passato oltre, quando sarai alla querce di Rabor troverai lì tre uomini che vanno in Betel a orare, e l’uno avrà tre capretti, e l’altro tre stracciate di pane, e l’altro un fiasco di vino; e ti saluteranno primi, poi ti daranno due pani, e tu accetterai. Verrai poscia al colle, laddove i Filistei nemici tengono loro soldati a guardia; e appena in città, ti verrà incontro una schiera d’uomini ispirati di spirito divino, cantando le lodi di Dio con arpa e timpani e cetere e flauti. E lo spirito del Signore anco a te spirerà, e canterai con esso loro, e sarai mutato in altr’uomo da quel di prima. Provate che avrai queste cose, discendi in Galgala innanzi a me per offrire a Dio ostie di pace; e lì aspetterai sette giorni ch’io venga, e ti mostri il da farsi». Così Saul, cercando le ciuche, diventa re. [p. 167 modifica]

Nell’atto che Saul prendeva comiato da Samuele, nel punto ch’e’ si volgeva per andarsene, sentì nel cuore e nel sangue non so che tumulto e mutarglisi dentro i pensieri; e levò gli occhi in alto; e agli uomini, passanti dinnanzi alla sua persona, guardava con altr’occhio di prima. E’ pareva com’uomo che, col viso sempre volto a un ignudo masso, si rivolga a un tratto, e contempli distendergli innanzi grande campagna fiorente di verdura e di luce, con acque correnti nel mezzo, e nel fondo collina vestita insino alle cime.

Di lì a poco, adunò Samuele il popolo in Masfa; e mise le sorti, su qual tribù cadesse la sorte del regno. E uscì quella di Beniamino. E mise le sorti sopra quale famiglia di Beniamino, e uscì quella di Cis. E mise le sorti su quale de’ figliuoli di Cis; e uscì il nome di Saul. E fu riconosciuto a re Saul figliuolo di Cis; e le tribù, come a capo, gli fecero presente di doni. Ma v’eran taluni che sdegnarono riconoscerlo e dicevano: «Che? Possibile mai che costui ci abbia a fare salvi?». Egli tornato a casa sua in Gabaa faceva le viste di non sapere di tali dispetti.

Un mese era corso; e Naas ammonita venne a muovere assalto agli abitanti di Jabes nel paese di Gàlaad. I cittadini di Jabes tutti dissero a Naas: «Abbici per tuoi collegati, noi saremo tuoi sudditi» (perchè, già, molte alleanze dei deboli coi forti non sono che sudditanze servili). Rispose Naas ammonita: «Quest’è il patto di colleganza ch’io posso fare con voi costì; cavare a ciascun di voi l’occhio diritto, e lasciarvi vitupero di tutto Israello». Gli anziani del paese di Jabes sbigottiti gli dissero: «Concedi a noi sette giorni di tempo che possiamo per tutti i confini inviare messaggi a tutte le tribù d’Israello. E se non troviamo chi ci difenda, saremo di te». Potete pensare [p. 168 modifica]con che ansietà spedirono questi infelici i messaggi, supplicando che presto venissero con risposta di vita o di morte. Potete pensare il pianto delle madri; lo spavento de’ timidi, l’ira impotente de’ pochi animosi. Vennero i messaggi di Jabes in Gabaa dov’era Saul; e nella presenza del popolo dissero l’atroce novella. E si commosse tutto il popolo, e pianse. Ed ecco Saul ritornava dal campo a lento passo dietro a’ suoi buoi; e sentendo quel duolo: «Che ha, disse, il popolo, che piangono così?». Sapute le parole di quelli di Jabes, egli subitamente s’accese di pietoso sdegno e magnanimo, messogli in cuore da Dio; e prese i due buoi, e li ammazzò e fece in pezzi, e ne mandò un pezzo a ciascuna delle tribù d’Israello, dicendo: «Chi non viene, e che non seguiti Saul e Samuele, così sarà fatto de’ bovi di lui». Parte timore dell’insolito risoluto comando, e parte pietà, e parte l’onore della patria, e la brama di allontanare ciascuno da sè simile onta, mosse il popolo; e tutti accorsero umanamente. E dissero ai messaggi: «Andate, e agli uomini di Jabes direte così: domani quando il sole cominci a riscaldare la terra, la salvezza verrà». Corsero i messaggi, e con cenni da lontano indicavano lieta novella. Come la intesero, gli uomini di Jabes furono consolati. E mandarono dicendo a Naas ammonita: «Domani saremo a voi».

Il dì dopo intanto che Naas co’ suoi già gustava in fantasia la gioia feroce dell’altrui onta, Saul, fatte tre schiere, s’avventò sopra loro, e li battè dal primo mattino a sole ben alto. E fece d’uccisi un gran monte; gli altri sperperati, che non ne rimasero insieme due. Vennero que’ di Jabes a rincontro, ringraziando e Saul e ciascuno de’ figli d’Israello, più il Signore che li aveva ispirati di sì pio coraggio. E il popolo d’Israello, nell’ebrezza della [p. 169 modifica]vittoria, attribuendone tutto il merito al re novello, e diceva a Samuele: «Chi «son que’ felloni che dicevano: Saul non regnerà sopra noi? Dateceli qua, chè li vogliamo ammazzare». Ma Saul, più savio di loro, e non ancora accecato da’ fumi dell’orgoglio: «No, disse, non s’ha a uccidere persona in questo dì che il Signore ha operato salute e gloria in Israello».

Vincere la vanità era più bello che vincere le armi nemiche.

Gli abitanti di Jabes serbarono gratitudine a Saul di quel giorno tremendo: e quando venne sopra il misero re la sventura, quand’egli sul campo di Gelboe cadde morto co’ figli, quando i Filistei gli troncarono il capo e spogliarono dell’armi il cadavere, e l’armatura e il teschio portarono (crudele memoria) ne’ loro templi; allora gli uomini di Jabes raccolsero i corpi di Saul infelice e de’ figli, e li seppellirono in Jabes appiè d’una querce, e per dolore digiunarono sette dì. Preziosa riconoscenza, più preziosa che oro e gemme e statue e monumenti, rizzati a pompa di dolore mentito.

Morì, come poscia vedremo, Saul oppresso dalle maledizioni che gli aveva provocate il regio suo orgoglio dissennato; e molte volte s’ebbero i figli d’Israello a pentire d’averlo voluto a re. Ma che cosa fu ad essi cagione o pretesto a volere una testa di re? L’avarizia de’ figli indegni del buon Samuele.