Giuseppe Gioachino Belli

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La cannonizzazione Li Morti arisusscitati
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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ER CASSIERE

     Er riscritto disceva: Antonio Ulivo
Sino da ggiugno scorzo è ggiubilato.
Dunque io curze a pijjà er cuantitativo,
Che ffasceva er currente e ll’arretrato.

     Disce: “Indov’è la fede der curato
Che ffacci vede che vvoi sete vivo?„
“Oh bbella! e io chi ssò, ssiat’ammazzato,
Io che parlo, cammino e ssottoscrivo?.„

     Guasi m’era vienuta bbizzarria
De ddajje er calamaro1 in mezz’ar gruggno,
Com’attestato de la vita mia.

     Nun je stavo davanti a cquer burzuggno?2
Pascenza avessi avuto fantasia
D’avé una prova ch’ero vivo a ggiugno.


Roma, 9 gennaio 1833

Note

  1. Nella pronuncia dell’infimo volgo la voce calamaio si avvicina meglio alla sua correttezza, che in quella de’ meno volgari, ed anzi di molti cittadini, i quali dicono callamaro: né manca chi, per vezzo di analogia, la corregga in caldamaro, dacchè non callo ma caldo la buona ortoepia richiede ai retti parlatori.
  2. Goffo, rustico.