Enrico IV (1965)/Atto III
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ATTO TERZO
La sala del trono, buja. Nel bujo, la parete di fondo si discerne appena. Le tele dei due ritratti sono state asportate e al loro posto, entro le cornici rimaste a ricingere il cavo delle nicchie, si sono impostati nel preciso atteggiamento di quei ritratti, Frida parata da «Marchesa di Toscana», come s’è vista nel secondo atto, e Carlo Di Nolli parato da «Enrico IV».
Al levarsi del sipario, per un attimo la scena appare vuota. Si apre l’uscio a sinistra ed entra, reggendo la lampa per l’anello in cima, Enrico IV, volto a parlare verso l’interno ai quattro giovani che si suppongono nella sala attigua, con Giovanni, come alla fine del secondo atto.
Enrico IV. No: restate, restate: farò da me. Buona notte.
Richiude l’uscio e si muove, tristissimo e stanco, per attraversare la sala, diretto al secondo uscio a destra, che dà nei suoi appartamenti.
Frida (appena vede che egli ha di poco oltrepassato l’altezza del trono, bisbiglia dalla nicchia, come una che si senta venir meno dalla paura): Enrico...
Enrico IV (arrestandosi alla voce, come colpito a tradimento da una rasojata alla schiena, volta la faccia atterrita verso la parete difondo, accennando d’alzare istintivamente, quasi a riparo, le braccia). Chi mi chiama? (Non è una domanda, è un’esclamazione che guizza in un brivido di terrore e non aspetta risposta dal bujo e dal silenzio terribile della sala che d’un tratto si sono riempiti per lui del sospetto d’esser pazzo davvero.)
Frida (a quell’atto di terrore, non meno atterrita di ciò che si è prestata a fare, ripete un po’ piú forte): Enrico... (Ma sporgendo un po’ il capo dalla nicchia verso l’altra nicchia, pur volendo sostenere la parte che le hanno assegnata.)
Enrico IV (ha un urlo: si lascia cader la lampa dalle mani, per cingersi con le braccia la testa, e fa come per fuggire).
Frida (saltando dalla nicchia sullo zoccolo e gridando come impazzita): Enrico... Enrico... Ho paura... ho paura...
E mentre il Di Nolli balza a sua volta dallo zoccolo e di qui a terra, e accorre a Frida che sèguita a gridare convulsa, sul punto di svenire, irrompono — dall’uscio a sinistra — tutti: il Dottore, Donna Matilde parata anche lei da «Marchesa di Toscana », Tito Belcredi, Landolfo, Arialdo, Ordulfo, Bertoldo, Giovanni. Uno di questi dà subito luce alla sala: luce strana, di lampadine nascoste nel soffitto, per modo che sia sulla scena soltanto viva nell’alto. Gli altri, senza curarsi d’Enrico IV che rimane a guardare, stupito da quella irruzione inattesa, dopo il momento di terrore per cui ancora vibra in tutta la persona, accorrono premurosi a sorreggere e a confortare Frida che trema ancora e geme e smania tra le braccia del fidanzato. Parlano tutti confusamente.
Di Nolli. No, no, Frida... Eccomi qua... Sono con te!
Dottore (sopravvenendo con gli altri). Basta! Basta! Non c’è da fare piú nulla...
Donna Matilde. È guarito, Frida! Ecco! È guarito! Vedi?
Di Nolli (stupito). Guarito?
Belcredi. Era per ridere! Stai tranquilla!
Frida (c. s.). No! Ho paura! Ho paura!
Donna Matilde. Ma di che? Guardalo! Se non era vero! Non è vero!
Di Nolli (c. s.). Non è vero? Ma che dite? Guarito?
Dottore. Pare! Per quanto a me...
Belcredi. Ma sí! Ce l’hanno detto loro!
Indica i quattro giovani.
Donna Matilde. Sí, da tanto tempo! Lo ha confidato a loro!
Di Nolli (ora piú indignato che stupito). Ma come? Se fino a poco fa...?
Belcredi. Mah! Recitava per ridere alle tue spalle, e anche di noi che, in buona fede...
Di Nolli. È possibile? Anche di sua sorella, fino alla morte?
Enrico IV (che se n’è rimasto, aggruppato, a spiare or l’uno or l’altro, sotto le accuse e il dileggio per quella che tutti credono una sua beffa crudele, ormai svelata; e ha dimostrato col lampeggiare degli occhi, che medita una vendetta che ancora lo sdegno, tumultuandogli dentro, non gli fa vedere precisa; insorge a questo punto, ferito, con la chiara idea d’assumere come vera la finzione che gli avevano insidiosamente apparecchiata gridando al nipote): E avanti! Di’ avanti!
Di Nolli (restando al grido, stordito). Avanti, che?
Enrico IV. Non sarà morta «tua» sorella soltanto!
Di Nolli (c. s.). Mia sorella! Io dico la tua, che costringesti fino all’ultimo a presentarsi qua come tua madre, Agnese!
Enrico IV. E non era «tua» madre?
Di Nolli. Mia madre, mia madre appunto!
Enrico IV. Ma è morta a me «vecchio e lontano», tua madre! Tu sei calato ora, fresco, di là!
Indica la nicchia da cui egli è saltato.
Donna Matilde (costernata, guardando gli altri). Ma che dice?
Dottore (impressionatissimo, osservandolo). Piano, piano, per carità!
Enrico IV. Che dico? Domandando a tutti, se non era Agnese la madre di Enrico IV!
Si volge a Frida, come se fosse lei veramente la Marchesa di Toscana.
Frida (ancora impaurita, stringendosi di piú al Di Nolli). No, io no! io no!
Dottore. Ecco che ritorna il delirio... Piano, signori miei!
Belcredi (sdegnato). Ma che delirio, dottore! Riprende a recitare la commedia!
Enrico IV (subito). Io? Avete votato quelle due nicchie là; lui mi sta davanti da Enrico IV...
Belcredi. Ma basta ormai con codesta burla!
Enrico IV. Chi ha detto burla?
Dottore (a Belcredi, forte.) Non lo cimenti, per amor di Dio!
Belcredi (senza dargli retta, piú forte). Ma l’hanno detto loro!
Indica di nuovo i quattro giovani
Enrico IV (voltandosi a guardarli). Voi? Avete detto burla?
Landolfo (timido, imbarazzato). No... veramente, che era guarito!
Belcredi. E dunque, basta, via!
A Donna Matilde:
indica il Di Nolli,
Donna Matilde. Ma statevi zitto! Chi pensa piú all’abito, se lui è veramente guarito?
Enrico IV. Guarito, sí! Sono guarito?
A Belcredi:
Lo investe.
indica il Dottore.
Belcredi. Ma sí, lo so! E difatti anch’io, questa mattina, ti comparvi davanti vestito...
Enrico IV. Da monaco, già!
Belcredi. E tu mi prendesti per Pietro Damiani! E non ho mica riso, credendo appunto...
Enrico IV. Che fossi pazzo! Ti viene di ridere, vedendo lei cosí, ora che sono guarito? Eppure potresti pensare che, ai miei occhi, il suo aspetto, ora
s’interrompe con uno scatto di sdegno.
E subito si rivolge al Dottore:
Dottore. Io, sí...
Enrico IV. E l’avete parata voi da Marchesa di Toscana anche lei? Sapete, dottore, che avete rischiato di rifarmi per un momento la notte nel cervello? Perdio, far parlare i ritratti, farli balzare vivi dalle cornici...
Contempla Frida e il Di Nolli, poi guarda la Marchesa ed infine si guarda l’abito addosso.
Accenna appena con la mano al Belcredi.
Si volta a guardarlo.
Belcredi. Con me! Con noi!
Enrico IV. Dove, al Circolo? In marsina e cravatta bianca? O a casa, tutti e due insieme, della Marchesa?
Belcredi. Ma dove vuoi! Vorresti rimanere qua ancora, scusa, a perpetuare — solo — quello che fu lo scherzo disgraziato d’un giorno di carnevale? È veramente incredibile, incredibile come tu l’abbia potuto fare, liberato dalla disgrazia che t’era capitata!
Enrico IV. Già. Ma vedi? È che, cadendo da cavallo e battendo la testa, fui pazzo per davvero, io, non so per quanto tempo...
Dottore. Ah, ecco, ecco! E durò a lungo?
Enrico IV (rapidissimo, al Dottore). Sí, dottore, a lungo: circa dodici anni.
E subito, tornando a parlare al Belcredi:
Belcredi. Ma no, io non dico questo, scusa! Io dico dopo!
Enrico IV. Ah sí? Dopo? Un giorno...
Si arresta e si volge al Dottore.
Vibra tutto, parlando:
si tocca la fronte
accenna a Belcredi
Arrestando d’un tratto la foga:
Belcredi. Ma no! Che dici? Perché?
Donna Matilde. Chi potrebbe piú...? Ma neanche a pensarlo! Se fu una disgrazia!
Enrico IV. Ma se già mi chiamavano pazzo, prima, tutti!
A Belcredi
Belcredi. Oh, via, per ischerzo!
Enrico IV. E guardami qua i capelli!
Gli mostra i capelli sulla nuca.
Belcredi. Ma li ho grigi anch’io!
Enrico IV. Sí, con questa differenza: che li ho fatti grigi qua, io, da Enrico IV, capisci? E non me n’ero mica accorto! Me n’accorsi in un giorno solo, tutt’a un tratto, riaprendo gli occhi, e fu uno spavento, perché capii subito che non solo i capelli, ma doveva esser diventato grigio tutto cosí, e tutto crollato, tutto finito: e che sarei arrivato con una fame da lupo a un banchetto già bell’e sparecchiato.
Belcredi. Eh, ma gli altri, scusa...
Enrico IV (subito). Lo so, non potevano stare ad aspettare ch’io guarissi, nemmeno quelli che, dietro a me, punsero a sangue il mio cavallo bardato...
Di Nolli (impressionato). Come, come?
Enrico IV. Sí, a tradimento, per farlo springare e farmi cadere!
Donna Matilde (subito, con orrore). Ma questo lo so adesso, io!
Enrico IV. Sarà stato anche questo per uno scherzo!
Donna Matilde. Ma chi fu? Chi stava dietro alla nostra coppia?
Enrico IV. Non importa saperlo! Tutti quelli che seguitarono a banchettare e che ormai mi avrebbero fatto trovare i loro avanzi, Marchesa, di magra o molle pietà, o nel piatto insudiciato qualche lisca di rimorso, attaccata. Grazie!
Voltandosi di scatto al Dottore:
guarda Donna Matilde e le indica Frida
Si volta subito verso di loro.
Scoppia a ridere. Ridono ma sconcertati, anche gli altri, meno Donna Matilde.
Belcredi (al Di Nolli). Ah, senti... non c’è male...
Di Nolli (ai quattro giovani). Voi?
Enrico IV. Bisogna perdonarli! Questo,
si scuote l’abito addosso
indica Belcredi
Voltandosi di nuovo a Belcredi:
Belcredi. Siamo arrivati, guarda! alla conclusione, che i pazzi adesso siamo noi!
Enrico IV (con uno scatto che pur si sforza di contenere). Ma se non foste pazzi, tu e lei insieme,
indica la Marchesa
Belcredi. Io, veramente, sono venuto credendo che il pazzo fossi tu.
Enrico IV (subito forte, indicando la Marchesa). E lei?
Belcredi. Ah lei, non so... Vedo che è come incantata da quello che tu dici... affascinata da codesta tua «cosciente» pazzia!
Si volge a lei:
Donna Matilde. Voi siete un insolente!
Enrico IV (subito, placandola). Non ve ne curate! Non ve ne curate! Seguita a cimentare. Eppure il dottore glie l’ha avvertito, di non cimentare.
Voltandosi a Belcredi:
indica la Marchesa e si rivolge ora a lei indicandole il Belcredi
A Donna Matilde:
indica il Di Nolli
indica la Marchesa
indica Frida e le si accosta
A Frida:
La cinge con le braccia, ridendo come un pazzo, mentre tutti gridano atterriti; ma come accorrono per strappargli Frida dalle braccia, si fa terribile, e grida ai suoi quattro giovani:
I quattro giovani, nello stordimento, quasi affascinati, si provano a trattenere automaticamente il Di Nolli, il Dottore, il Belcredi.
Belcredi (si libera subito e si avventa su Enrico IV). Lasciala! Lasciala! Tu non sei pazzo!
Enrico IV (fulmineamente, cavando la spada dal fianco di Landolfo che gli sta presso). Non sono pazzo? Eccotil
E lo ferisce al ventre.
È un urlo d’orrore. Tutti accorrono a sorreggere il Belcredi, esclamando in tumulto
Di Nolli. T’ha ferito?
Bertoldo. L’ha ferito! L’ha ferito!
Dottore. Lo dicevo io!
Frida. Oh Dio!
Di Nolli. Frida, qua!
Donna Matilde. È pazzo! È pazzo!
Di Nolli. Tenetelo!
Belcredi (mentre lo trasportano di là, per l’uscio a sinistra, protesta ferocemente): No! Non sei pazzo! Non è pazzo! Non è pazzo!
Escono per l’uscio a sinistra, gridando, e seguitano di là a gridarefinché sugli altri gridi se ne sente uno piú acuto di Donna Matilde, a cui segue un silenzio.
Enrico IV (rimasto sulla scena tra Landolfo, Arialdo e Ordulfo, con gli occhi sbarrati, esterrefatto dalla vita della sua stessa finzione che in un momento lo ha forzato al delitto). Ora sí... per forza...
li chiama attorno a sé, come a ripararsi,
TELA