Donne illustri/Donne illustri/Bianca Maria Sforza

Bianca Maria Sforza

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BIANCA MARIA SFORZA







CCilippo Maria Visconti ebbe dalla sua amica Agnese del Maino una figlia che fu chiamata Bianca Maria. Nella vita di Beatrice di Tenda vedemmo come quell’amore lo alienasse da lei: e dopo la costei morte lo tenne diviso dall’altra donna ch’egli aveva sposata. Questa riteneva il nome di duchessa; ma Agnese ne godeva gli onori; tanto che nelle pubbliche preci si usava dopo il duca raccomandare Bianca Maria ed Agnese. Il duca non aveva eredi; ed Agnese desiderava che gli succedesse la figlia; ma perchè non le mancasse chi al bisogno facesse valere i suoi diritti, pensò congiungerla a Francesco Sforza, gran capitano. Ora le armi del marito essendo per gravi danni patiti assai [p. 244 modifica] al basso, ella gli persuase di adottare a figlio lo Sforza e dargli Bianca Maria. Si stabili il matrimonio al 13 febbraio 1432, ma si differì il celebrarlo, perchè la sposa aveva appena otto anni. Il Visconti nel mezzo tempo ondeggiò in pensieri diversi e parve pentito delle promesse; ma trovandosi all’ultimo a mal termine e bisognando degli aiuti dello Sforza gli diede la Bianca, e la città di Cremona, a titolo di dote. — Le nozze si celebrarono il 7 ottobre 1441 in S. Sigismondo, chiesa suburbana di quella città, di cui lo Sforza avea già preso la signoria. Bianca che aveva afforzato l’animo fra le varie e travagliose vicende dei Visconti, sposato il gran Capitano, si mostrò degna di lui per prudenza e coraggio. Alla morte del padre, il ducato si sollevò. Milano si ordinò a repubblica e solo con lunghe guerre e fatiche lo Sforza riuscì a recarla a sua divozione. Bianca lo aiutò nei consigli e nelle battaglie. Nella guerra fra’ Veneziani e Francesco Sforza, dice Defendente Sacchi, Andrea Luirini capitano dell’armi della repubblica, aveva ridotta allo stremo Cremona combattendola per terra e sul Po. I suoi difensori occupavano il ponte su questo fiume, ma il Veneziano lo investì sì fieramente che in parte lo ruppe ed appiccata la mischia i suoi vi salirono sopra, vi piantarono lo stendardo di S. Marco e travagliarono con tante saette gli Sforzeschi che già davano piega. Bianca, visto il pericolo, uscì con rinforzi a guida di Giacomozzo Salerno. — Ella però diresse tutta quella fazione e non prima giunse a fronte del nemico che ad un soldato veneziano, il quale gridava Marco! Marco!!scagliò sì destramente una lancia che lo colse e gli si conficcò in bocca, onde stramazzò morto a [p. 245 modifica] terra. Dipoi ella rattestò i Cremonesi, li rianimò a ripigliare la pugna e fe’ si duro e lungo contrasto ai nemici che giunti nuovi aiuti ebbe intera vittoria.

Lo Sforza assunse poi insieme alla moglie le insegne ducali nella Cattedrale milanese ed altresì partì con lei le cure di Stato. Quando nelle assidue guerre che ebbe a sostenere, andava al campo, Bianca reggeva in sua vece; ed in una grave occasione sostenne anche il governo della Marca d’Ancona. Ella si dimostrò accortissima e prudente alla morte del marito. — I sudditi erano inquieti e torbidi; la fazione repubblicana levava il capo; i nemici esterni stavano spiando il destro di spogliare il ducato di parecchie città; bene le milizie erano agguerrite; ma i capitani mal fidi — il figlio Galeazzo lontano: trovavasi in Francia — e con la subita successione non poteva tenere in fede i popoli. Ma appena il duca era spirato, Maria, vinto il suo alto dolore, convocò di notte il Senato ed i più ricchi e qualificati cittadini, e con la parola commossa, ma animosa e forte, ottenne che si giurasse omaggio al suo figlio. Spedì a tutti i principi italiani la nuova del marito spento e del figlio in possesso. Poi fece illustri esequie al defunto. Sebbene straziata dal dolore stette sempre vicino al feretro a vegliarlo, e il terzo dì lo fe’ tumulare nella Cattedrale, ponendogli al fianco, continua il Sacchi, quella spada con cui aveva raccolta tanta gloria.

Dodici giorni dopo la morte del padre giunse a Milano Galeazzo Maria (1466) ed ella il collocò sul seggio che gli aveva serbato. Per alcun tempo resse con lui, tantoché si coniarono monete co’ loro nomi congiunti. Essa gli procurò [p. 246 modifica] l’amistà di un forte stato con le nozze di Bona di Savoia; gli conciliò l’amore de’ popoli; ma Galeazzo ricalcitrava al buon consiglio di lei; e la savia donna, non potendo ritrarlo dalle triste vie, che, secondo la predizione del Trivulzio, lo dovevano condurre a misero fine, gli disse che volea ritirarsi alla quiete in Cremona. Galeazzo consentì; ma ella dopo breve viaggio infermò in Marignano e in pochi giorni passò di questa vita (28 ottobre 1468) non senza sospetto che l’empio figlio le avesse propinato il veleno. Le celebrò solenni esequie in Milano, e l’orazione funerale fu detta in pubblico dal gran letterato Francesco Filelfo.