Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Appendice e Documenti/Documento 1

Documento N.° 1

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DOCUMENTO N.° I


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QUADRO SINOTTICO


DELLA


MARINERIA MERCANTILE DE' VARI STATI D’ITALIA.


Stati d'Italia Pesca e piccolo cabo taggio Tonnel laggio attri buito Lungo corso e gran cabo taggio Tonnel laggio attri buito Totalità dei legni Totalità del tonnel laggio Totalità dei marinai
Regno di Sardegna N° 2,533 17,009 N° 1,076 150,663 N° 3,609 167,762 17,925
Principato di Monaco 78 387

..

..

78 387 300
Principato di Lucca 107 3,108 21 918 128 3,936 754
Gran Ducato di Toscana 691 13,009 80 12,656 771 25,665 5,301
Stati Pontifici 610

..

153

..

763

..

..

Regno delle \ Continente 5,811

..

992

..

6,803 166,523 40,308
Due Sicilie    / Sicilia 1,904

..

467

..

2,371 46,3674 12,206
Governo di Venezia 941 11,038 318 38,643 1,259 49,681 6,015
Governo di Trieste 1,242 9,225 606 109,043 1,848 118,268 9,52
Totali N° 13,917 53,776 N° 3,713 311,923 N° 17,630 578,896 92,329


Annotazioni.


Queste indicazioni quanto al regno di Sardegna ragguardano l'anno 1848.

Se avessero riguardato l’anno 1841, il personale della marineria sarebbesi registrato al numero di 36,179 individui, perchè allora erano

Capitani, padroni e maestranze N.° 2,206
Marinai e mozzi » 15,266
Pescatori e barcaiuoli » 18,807

La differenza deriva dal non essere più stati inscritti nei nuovi ruoli della marineria i barcaiuoli ed i pescatori della costa; ma solo gl’individui che effettivamente navigano. [p. 510 modifica]

Pel granducato di Toscana le indicazioni sono anche del 1843; così pure pel ducato di Lucca e pel principato di Monaco.

Per lo Stato pontificio ragguardano pare le indicazioni Tanno 1843. Si ha il numero dei legni, non quello de’ naviganti; cui il Serristori, dal quale prendiamo questi rincontri, non ha certo potuto ottenere se non l’ha registrato. — Nota egli doversi credere, che dall’anno 1838 debb’essere succeduta una grande declinazione in tutte quattro le categorie di legni accennate; perocché i legni di lungo corso, soli, sommavano allora a 107, e tutti insieme ascendevano a 1,234 i legni d’ogni grandezza.

Per il regno Lombardo-Veneto, il quadro riguarda pure l’anno 1843.

Non abbiamo, come fece il Serristori (Ann. Stat., aprile 1845, p. 135), inscritto navi e marinai del littorale ungarico, della Croazia militare e della Dalmazia, quantunque il nostro ottimo amico abbia notato: «1.° Che questa marina si deve ritenere perfettamente italiana, come quella degli altri Stati d’Italia, giacché in quelle contrade non si paria che l’italiano, ed in alcuna parte l’illirico, la cui costruzione é italiana del pari; 2.° Che il numero de’ marinai indicato può essere ridotto d’un quarto circa, perchè nelle accennate province non s’inscrivono militarmente, come in parecchi altri paesi, e siccome una parte dei legni è slternativamente stazionaria, questa non conserva i suoi marinai che passano in altri legni, cosicché figurano alle volte come marinai di due legni ad un tempo».

Queste ragioni del chiarissimo autore, sebben abbiano qualche fondamento di verità, non vennero però da noi adottate; perchè, a stretto rigore, il littorale ungarico, la Croazia militare e la Dalmazia non sono province italiane. Se la nostra lingua é in molti luoghi d’esse familiare, ciò vuolsi attribuire al lungo dominio d’un governo italiano sur esse (il veneziano). Del resto l’Italia, a senso nostro, ha per estremo confine in quella parte l’Istria; opperò di essa soltanto, cioè del governo di Trieste (porto italiano), abbiamo veduto registrare i marinai e le navi.

Pel regno di Napoli le indicazioni sono quelle del 1838, in cui seguì la più recente pubblicazione autentica. Vuolsi credere però d’allora in poi grandemente cresciuto il navilio delle Due Sicilie, ed il numero de’ naviganti sur esso.

A chi volesse conoscere i particolari della condizione, della marineria nel regno delle Due Sicilie gioverà consultare la bella opera che pubblica in Napoli il signor Giovanni Bursotti, col titolo Biblioteca di Commercio, della quale già uscirono XVI dispense, che molto si debbe lamentare non vadano più sparse in Italia, e specialmente siano a mani de’ negozianti ed amministratori, che soprantendono al commercio o praticano in esso.

Perocché, ricca di peregrine notizie di fatto, servirebbe ad illuminare gli uni e gli altri nelle speculazioni e determinazioni loro, e propagando fra di essi le buone dottrine economiche, servirebbe a svellere più d’un errore. [p. 511 modifica]da menti pregiudicate, le quali seguono norme ormai degne d’essere abbandonate.

Queste diverse indicazioni ci porgono argomento a dichiarare che il tonnellaggio totale del navilio italiano, ed il numero de’ marinai che servono sur esso, è molto maggiore di quello registrato, sebben già conseguente. Arroge, questo numero essere inferiore soltanto alla popolazione marittima della Gran Brettagna e degli Stati-Uniti d’America, che sono le due prime marinerie del mondo. — Quanto alla Francia, la quale in potenza marittima militare, come in quella di terra certo di molto sopravanza quella riunita dei varii governi della Penisola, per quanto spetta alla popolazione data alla navigazione, noi crediamo che appena uguaglia, seppure non è inferiore a quella dell’Italia. E ci confermano in quella opinione le stesse dichiarazioni officiali del personale della marineria, ed il fatto, ben essenziale a notarsi, del vedere il governo costretto a levar uomini dei dipartimenti interni per armare le sue navi della marineria militare, e l’altro fatto, pur notevole, del veder concedere ai bastimenti mercantili che battono la banchera francese d’avere un terzo di marinai forestieri, i quali sono per lo più genovesi o della contea di Nizza.

Coleste diverse indicazioni adunque ci persuadono che la marineria italiana ha tutte le condizioni richieste per mostrarsi nuovamente come altre volte nell’Oriente, ed ivi attendere ad utili speculazioni.

Nè queste speculazioni nel progredire felicemente si fermerebbero col tempo al solo Levante; chè potrebbero ancora protrarsi, come altre volte, alle Indie ed alla Cina, dove ora si apre un vastissimo campo ai traffichi di tutto l’orbe incivilito.

Il comitato inglese delle Indie orientali, in una recente pubblicazione che riferisce le operazioni del commercio britannico ne’ mari posti a levante del Capo di Buona Speranza pel solo 1.° semestre 1845, porge alcune indicazioni che giovano a meglio comprendere quanta sia l’immensa importanza de’ commerci dell’India e della Cina ch’or tengono ancora quella via, ed in gran parte tornerebbero a quella antica attraverso l’Egitto, il mar Rosso ed oltre, quando quel passo fosse reso più agevole ai traffici.

Il movimento totale de’ trasporti ne’ preallegati mari fu durante l’epoca suddetta di navi n.° 963 dello stazzo di tonnellate n.° 397,000. Circa i due terzi, notasi, della navigazione di tutti i paesi trafficanti in que’mari. E si nota ancora, esser in quel novero comprese soltanto le operazioni dirette o di lungo corso dalla Gran Brettagna a quelle spiaggie e viceversa, non essendovi annoverate quelle, pure immense, che seguono tra scalo e scalo delle spiaggie medesime, colla navigazione detta di grande cabotaggio; la quale, dopo la liberazione d’ogni vìncolo pei sudditi britannici di trafficare in que’mari, ebbe un grande aumento, che occupa una notevol parte del navilio inglese-indiano. [p. 512 modifica]Le direzioni diverse degli accennati trasporti si dividono come segue:

navi tonnellate
Il Capo, Maurizio e l'Arabia n.° 211 62,22
Bombay, Calcutta, Madras e Ceylan " 437 189,915
Java, Sumatra e Singapore " 54 20,074
Filippine e Cina " 137 58,901
Australia ed Oceania " 124 65,89

Coteste varie indicarioni di direzione bastano a porgere un’idea della quantità delle navi di lungo corso, che lascerebbero l’attuale strada per battere nuovamente quella antica, passare in vista de’nostri scali, toccarli, fors’anche farvi speculazioni ad esse, come a noi, profittevoli.

Nel 1844 il movimento generale era stato, durante lo stesso semestre, di navi n.° 951 e di tonnellate 368,000.

Sebbene l’aumento sia tenuissimo, la relazione fa osservare che lo sviluppo delle operazioni fu tuttavia colà importantissimo. Dubitavasi che le lusinghe concepite sul traffico cinese avessero soverchiamente incitato ad operar su quel punto. Ma questo dubbio, non s’è verificato, e non è colla Cina che si accrebbero le transazioni dirette, ma per le presidenze britaaniche, come per Maurizio ed il Capo. Osservansi anche aver gran parte le estrazioni del guano dalle isole d’Angra-Pequena.

Gli stati del commercio dd porto di Calcutta pel 1844 fan vedere che le importazioni di quello scalo salirono

al valore di fran. 162,000
in vece di quelle del 1843, salite a soli " 112,000
che le esportazioni furono di " 234,000
mentre nell'anno pri a erano state di soli " 191,000
onde un accrescimento totale di " 83,000

Notasi ancora in quel documento, che pochi sono gli Stati i quali non abbiano grandi interessi in quella parto dell’orbe. Dopo che venne aperto e fatto libero il traffico colla Cina, parecchie potenze, anche di second’ordine, vi han fatte speculazioni cui prima certo non pensavano. — Anversa, Stocolma, Danzica, Hamburgo, hanno spedito negli anni 1844 e 1845 navigli carichi di prodotti belgici e tedeschi.

Trieste, coll’aiuto delle principali case di banco, fonda attualmente una gran società pel traffico coll’India, ed ha deciso di stabilire fattorie ne’ principali mercati asiatici.

Nella presente condizione de’ traffici marittimi della nostra Penisola era naturale che Trieste esordisse nelle novelle speculazioni. Abbreviata la durata loro, col ritorno alle antiche vie, anche gli altri scali italiani, Venezia e Genova specialmente, dove di capitali non s’ha difetto, debbono associarsi al movimento triestino.

L’India, continuasi a riferire, offre ai capitali, ai lumi ed all’attività delle nazioni dell’Occidente un campo che tende a viepiù ingrandirsi, a farsi in certo modo illimitato. [p. 513 modifica]La navigazione a vapore sì estende ed avvicina i mari dell’Oriente col Mediterraneo. — La coltura del caffè, dello zuccaro, dell’indaco, s’accresce e si perfeziona. — I processi di fabbricazione si migliorano, mercè dell’introduzione degli opifici meccanici. Calcutta sola ricevette nel 1843 e 1844 per più di 4 milioni di macchine destinate al lavoro dello zuccaro. Alcuni esempi furono seguiti con fervore; la qual cosa resulta dal vedersi l’importazione britannica dello zuccaro indiano salita dai 3 milioni al montare di 45. — Sul cotone notasi lo stesso progresso. È noto che l’India istessa ne consuma 4 a 5 milioni di quintali, e ne somministra 500,000 all’industria cinese; e se quella coltivazione ancora si migliora, siccome quella pianta, dal Capo Comorin sino all’Himalaya, cresce abbondante, scorgesi che l’India sarebbe, come l’Egitto, nella miglior condizione per provvedere l’Europa intera di tal genere, dacché la mano d’opera colà è molto men cara dell’America e di qualunque altro Stato produttore in cui servano a quella coltivazione gli schiavi.

Il commercio dell’Indie Orientali, in somma, è in una nuova fase di progresso, dopo che la Gran Brettagna gli ha conceduto favori consimili a quelli accordati al traffico delle Antiglie; la maggiore libertà ddle speculazioni, la riduzione delle tariffe debbono viepiù farlo fiorire.

Se si parla poi della maggiore importanza che prende il traffico colla Cina, vedesi da quella relazione, ch’esso fu nel 1844 attivissimo. L’importazione dei tessuti vi prese un aumento straordinario. Sopra 307 navi giunte, 228 portavan bandiera inglese, 55 americana, 10 olandese, 7 francese, ec. Il valore delle importazioni e delle esportazioni del porto di Canton eccedeva quello precedente pel commercio britannico di 210 milioni, e pegli Stati-Uniti di 49 milioni. Le esportazioni consistono in thè, seta greggia e cassia; le importazioni in tessuti di lana e cotone, ed oppio, di cui s’introdussero nel 1844, 41,000 casse del valsente di oltre 100 milioni; scambiando così il thè, merce salutare ed igienica, con un velenoso narcotico.

Cotesti dati ci sembrano interessare indirettamente la marineria italiana, in quanto dimostrano agli speculatori qual vasto campo sia aperto ai viaggi di lungo corso; e se per ora, tranne la Gran Brettagna e l’America, appena si mostrano in que’ lontanissimi lidi le altre bandiere più potenti d’Europa, non è presunzione raffermare che, ripreso l’antico cammino, le bandiere degli Stati italiani potrebbero nuovamente mostrarsi in quegli scali dove altre volte già ebbero potenza e credito.