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VIII. Dei regolamenti delle Biblioteche popolari

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VIII.

Dei regolamenti delle Biblioteche popolari.

Le cose di cui ho toccato finqui mirano tutte a rendere possibile l’attuazione delle Biblioteche popolari: ora bisognerebbe pensare a quello che può farle più efficacemente utili. Una Biblioteca gioverà effettivamente, quando i suoi libri saranno letti e ricercati dal popolo, quando il tempo [p. 74 modifica]che prima si passava nell’ozio, o, peggio ancora, nello stravizzo, sarà impiegato nella lettura. Dal che deriverebbe un doppio vantaggio, l’uno morale e l’altro economico. Ma se si vuole che la Biblioteca ad uso del popolo porti questo frutto, è mestieri di collocarla in luogo che sia in vista del pubblico, cioè in vista del maggior numero di lettori possibili; quindi gli scaffali di essa ornino le pareti della scuola pubblica; un quadro contenente l’elenco, de’ libri stia affisso alle pareti della casa comunale, un altro di riscontro al primo porti scritto il regolamento pei lettori. Non si può dire quanto faccia cotesto mettere quasi in mostra i libri che si offrono al lettore volgare; ciò ben sanno i mercatanti che non la perdonano a spese nel costrurre bacheche elegantissime, onde riporvi le merci che debbono attirare l’occhio de’ comperatori. Le arti da adoperarsi per attirare i primi lettori non saranno mai troppe.

È pure a studiarsi bene l’opportunità del tempo per la solenne apertura della Biblioteca. Guai se questa si aprisse nel momento in cui più fervono i lavori della campagna; chè i nemici di tutto ciò che è nuovo non mancherebbero di venir fuori con epigrammi d’ogni maniera, che si vuol distrarre colla lettura de’ libri vani i giovani dai loro uffici principali; che in cambio de’ libri devoti si mettono in mano dell’artigiano i romanzi e le commedie, che alle pratiche religiose del dì festivo si sostituiscono lezioni profane o peggio ancora; e cercheranno di farci comparire agli occhi de’ semplici siccome favoreggiatori dell’ozio e poco meno che corruttori della gioventù; cotale fu già l’accusa lanciata contro Socrate.

La nostra Biblioteca si apra la prima volta in sul finire di novembre, in una sera di domenica, dopo le funzioni sacre della parrocchia; s’inviti tutto il popolo ad assistere a questa solennità, e qui si presentino que’ primi venti o [p. 75 modifica]trenta volumi che si avranno in pronto, se ne legga l’elenco, dicendo di ciascheduno quel tanto che valga a fare il popolo voglioso di leggerlo. Si dichiari in termini brevi lo scopo e la utilità dell’istituzione, e state persuasi che il popolo vi seguiterà in quella via nella quale desiderate di condurlo, piglierà cioè amore alla lettura. Guai, se fin dal cominciamento si è freddi; il calore che deve dare la vita non verrà più.

Massimo favore concilieremo ancora alla nostra Biblioteca, se faremo cospirare con essa le altre istituzioni educative, le quali alla loro volta ne avranno incremento. Coteste istituzioni sono le scuole elementari maschili e femminili pe' fanciulli, e le lezioni serali nell’inverno per gli adulti, e le domenicali lungo l’anno, e i corsi così detti popolari. In Francia nel 1865 esistevano 8,925 Biblioteche scolastiche, delle quali 576 nelle scuole femminili. L’aumento numerico delle Biblioteche segue parallelamente quello delle scuole e, direi anzi, del profitto. Ma le scuole sono oggidì di due specie, le une pe’ fanciulli e le altre per gli adulti. Fu quindi riconosciuto per indispensabile di dividere i libri in due categorie.

La Biblioteca sarà utile alle scuole elementari per due maniere: primieramente offrirà al maestro una grande comodità per accrescere la sua istruzione, potendosi egli per primo servire di molti libri della Biblioteca, che non si sarebbe potuto procacciare altrimenti che a spese di grandi sacrifizi; secondariamente il maestro potrà concedere come premio a’ suoi alunni migliori che leggano que’ libri che reputerà più convenienti.

Quando poi le scuole serali e domenicali cesseranno d’essere frequentate da adulti analfabeti, e diventeranno, come giova sperare, scuole continuative delle elementari per aggiungere nuove cognizioni, allora le Biblioteche [p. 76 modifica]popolari mostreranno tutta la utilità che possono produrre, giacchè i libri che man mano si accoglieranno in esse somministreranno la vera materia delle lezioni pei maestri ed i libri di testo per gli scolari. Giacchè, mi piace ripeterlo, le scuole per gli adulti devono continuare con un fare proprio e con libri meno puerili, ma più accomodati ai bisogni di coloro che le frequentano. E quando queste abbiano il loro vero modo di essere, si concilieranno il favore di coloro che ne sentiranno per propria esperienza il benefizio.

Da tutto quanto venni finqui dicendo è agevole arguire chi debba essere il custode, il direttore e, starei per dire, il padrone della Biblioteca. Il maestro nell’entrare in carica riceverà un accurato inventario, col diritto e coll’obbligo di verificarne l’esattezza. A lui dev’essere commesso il registro dei lettori, e del deposito di danaro che ciascuno di questi lascierà nell’atto che estrae un libro dalla Biblioteca. — Il deposito sarà restituito allorchè il libro ritornerà nella libreria.

In Francia i maestri elementari presero così sul serio questa nuova loro attribuzione, che molti di essi impararono a legare i libri per assicurare la maggior durata di quelli che siano stati consegnati alla loro custodia.

A coadiuvare il maestro, a tutelare i diritti de’ lettori e del Comune, per ciascuna Biblioteca si avrà una commissione di sorveglianza, e questa potrebbe essere composta del sovraintendente alle scuole, del sindaco e di uno de’ più assidui lettori eletto dal suffragio universale de’ lettori. Uffizio della commissione sarà invigilare che i registri sieno tenuti a dovere, e supplire al maestro, quando sia assente, nell’uffizio di bibliotecario.

Non solamente per obbligare i lettori ad avere la debita cura de’ libri, si riscuoterà il deposito di pochi [p. 77 modifica]centesimi equivalente al valore del libro che si lascia estrarre dalla libreria; ma eziandio per altro motivo più alto e più morale; quello cioè di persuadere il popolo a non aspettarsi ad avere gratuitamente quello ch’egli si può procacciare da sè. La carità si serbi all’invalido, al povero; l’artigiano, che ha la coscienza di bastare a sè ed alla sua famiglia, non ne ha di bisogno. Cotesto sentimento di dignità si fomenti anzi nel popolo; chè non si ha modo migliore di renderlo morale e civile. La gratuità ha già fin troppo nociuto all’insegnamento popolare svilendone il valore; impediamo ora che non renda ancora illusorio il vantaggio delle Biblioteche popolari. Il Municipio di Genova, dacchè pose fra le condizioni d’ammissione alle scuole serali il deposito di una lira, ottenne che le lezioni fossero con maggiore assiduità frequentate e se ne riportasse maggiore profitto. Altrettanto si avrà obbligando ciascun lettore al deposito di pochi soldi. — Se questo avesse praticato quel benemerito Municipio, la sua Biblioteca, annessa alla scuoia tecnica serale, avrebbe dato maggiori frutti; si sarebbe potuta convertire in circolante. Chè una Biblioteca è popolare principalmente a questa condizione.

Dal registro de’ lettori e de’ libri trarremo preziosi dati statistici intorno ai lettori ed ai libri che sono letti preferibilmente. Si faccia un modulo semplice e lo si prescriva eguale per tutte le Biblioteche. Questa statistica dirà più che non dicano le statistiche delle scuole e degli scolari.

Il tempo da assegnarsi per la richiesta de’ libri e la loro restituzione dovrebbe essere quel breve spazio di tempo che precede o sussegue la lezione serale o la domenicale.

Crediamo di avere toccate le questioni più importanti intorno a questo argomento, ed in sul principio speravamo che i giornali pedagogici avrebbero cooperato con noi a [p. 78 modifica]discutere; ma essi sono sempre intenti a preparare la pappa ai maestri, e non si danno alcun pensiero di tutto quello che non è analisi o logica o grammaticale. — Seguitino essi la loro via; noi, più solleciti all’educazione popolare che non della scuola obbligatoria, conchiuderemo che il Governo ed i Comuni non possono bastare a diffondere la istruzione e la civiltà; che è necessario il concorso delle associazioni private; ma che la forza migliore, quella che è civilizzatrice per eccellenza, è l’opera degl’individui. — Finchè alla scuole non si penserà come nelle minime frazioni de’ Comuni si pensa alla chiesa, essa non porterà que’ frutti che tutti si aspettano. Non basta che si moltiplichino le scuole, fa d’uopo anzi tutto che queste si migliorino, ed allora soltanto ciò avverrà quando il popolo potrà dire: la scuola esiste, non perchè il Comune la faccia essere, ma perchè la domandammo, e vi contribuimmo noi padri di famiglia che desideriamo vedere i nostri figliuoli istruiti. I quali perciò abbiamo diritto e dovere di invigilarla. — Fra le questioni economiche questa è importantissima; gli è tempo di combattere i pregiudizi non già del popolo, ma di coloro che pretendono esserne i consiglieri e gli educatori, i quali hanno fede nella gratuità dell’istruzione, e per poco, siccome pretendono di darvi gratuitamente il pane dell’intelligenza, vi darebbero e la minestra ed il companatico pel sostentamento del corpo, credendo così di rendere più presto eguali gli uomini ed i cittadini. Alziamo finchè si può il povero al livello di chi ha, senza abbassare gli abbienti alla condizione di chi nulla ha.