Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni/Libro secondo/1. Origine della grandezza di Roma

1. Origine della grandezza di Roma

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1. Origine della grandezza di Roma.Machiavello, Bossuet, Vico, Montesquieu e gli altri scrittori che ragionarono della grandezza di Roma ne cercarono per lo piú le cause nelle leggi, nell’interna costituzione di lei. Ma cosí succede nella storia, come nell’altre scienze progredite, che gli uomini minori ma posteriori, valendosi delle fatiche altrui, de’ fatti nuovamente scoperti, de’ progressi della scienza, possano forse aggiungere alcunché alle conchiusioni di que’ sommi. Certo che le due costituzioni monarchica e repubblicana di Roma, mettendo in opera, riunendo all’opera tutte le forze vive dello Stato, furono belle, virili, vigorose, progressive costituzioni. Ma ogni ragione è di credere oramai che le cittá circonvicine e molte delle piú discoste, come le umbre e le sanniti, le quali si mostrarono poi cosí forti contro a Roma stessa, avessero non solamente simili costituzioni, simili ordini civili e militari, ma non dissimile virtú; e il fatto sta che ne’ trecentosessantaquattro primi anni suoi (poco meno della metá di sua esistenza da Romolo ad Augusto), Roma non ottenne, non asserí niuna grande superioritá sulle cittá contemporanee, niuna vera preponderanza, anzi niuna grande potenza nella penisola. Ed all’incontro il fatto sta che da quell’anno 390, dalla magnifica rivendicazione dell’indipendenza propria contro ai galli, dalla piú magnifica rivendicazione dell’indipendenza di tutte le genti italiche antiche ch’ella intraprese allora contro ai medesimi, incomincia, e piú non cessa, e s’accresce d’anno in anno la potenza materiale, il credito, la preponderanza politica di Roma [p. 40 modifica]fra e sopra tutte quelle cittá, quelle genti, quella nazione d’Italia. Questa, dunque, evidentemente è la principal causa causante, qui è l’origine della meritata grandezza di Roma; l’avere bene ed opportunamente assunta la rivendicazione dell’indipendenza nazionale. Né, del resto, fu cosa nuova nella storia delle genti: molte, antiche e nuove, si fecer grandi allo stesso modo: la gente tebana tra l’antichissime egizie, la persiana tra le mediche, l’ateniese e la spartana tra l’elleniche, la castigliana tra le spagnuole, la prussiana tra le recenti germaniche. E gli etrusci avevano bensí esercitato sette secoli addietro tale ufficio contro a’ pelasgi, epperciò erano diventati grandi tra le genti italiche; ma non esercitandolo, come decaduti, sufficientemente contro ai galli, Roma intanto cresciuta, sottentrò loro nell’impresa, nella grandezza, nell’impero d’Italia. — Ad ogni modo, questa epoca in che Roma incominciò a ponderare e preponderare in Italia ci parve molto piú importante, piú atta a segnare il fine della etá primitiva, il principio d’una seconda etá della nostra storia, che non sia l’epoca della fondazione di Roma, scelta a ciò dalla maggior parte degli storici moderni. E tanto piú che gli antichi diedero a Camillo, il gran motore di quell’impresa, il nome di «secondo fondatore di Roma», e che antichi e moderni concordano a dire incerta e poco men che favolosa o poetica tutta la storia romana precedente la guerra de’ galli.