<dc:title> Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Cesare Balbo</dc:creator><dc:date>1846</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/8._Tre_re_francesi&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240908073833</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/8._Tre_re_francesi&oldid=-20240908073833
Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni - 8. Tre re francesi Cesare Balbo1846Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu
[p. 149modifica]8. Tre re francesi [924-950]. — Or qui peggio che mai si sporca la storia nostra. Non bastavano conti, marchesi, duchi scellerati, non vescovi e papi tanto peggiori di quanto è piú santo l’ufficio loro; sorsero donne, pessime di tutti, corruttrici di tutto, quando lasciano il dolce e pio ufficio loro di consolare colla virtú domestica dalle pubbliche corruzioni, e si fan furie virili. Allora, avvilito l’amore, avvilita la famiglia, s’avvilisce il piú gran motore che sia a far risorgere una patria. — Mariuccia o Marozia, Ermengarda, nomi fatti infami dalle storie contemporanee, passano nella nostra a malgrado nostro. Marozia figlia di Teodora, una nobile romana giá potente tra le parti di quella cittá e le elezioni dei papi, aiutava e succedeva a siffatta potenza della madre, ed era or moglie di Alberico conte di Tusculo prepotente in Roma. Ermengarda, sorella di Guido marchese di Toscana e di Ugo conte o marchese di Provenza, era or moglie di Adalberto marchese d’Ivrea; ed era prepotente appresso a Rodolfo tornato, e rimasto solo re d’Italia dopo la morte di Berengario [924]. Ma costei stringe pratiche per suo fratello Ugo; il quale, fuggito giá Rodolfo a sua Borgogna, scende a Pisa, si fa incoronare a Milano, occupa tutto il regno [926], e vi si fa aggiunger suo figliuolo Lotario [931]. Poi l’empie di provenzali, incrudelisce contro agl’italiani congiuranti contro a lui, e sposa la Marozia, vedova giá del conte di Tusculo, e poi di Guido di Toscana suo secondo marito, e cosí cognata di questo terzo [932]. Il quale trovandosi in Roma, e facendosi [p. 150modifica]servir l’acqua alle mani dal suo figliastro, un secondo
Alberico, questi il fa di cattiva grazia, e re Ugo gli dá uno
schiaffo, e il giovane esce, solleva il popolo, fuga in castel
Sant’Angelo il re, che ne scampa a Lombardia, ed ei si fa patrizio e
consolo cioè tiranno in Roma, e tien prigione sua madre Marozia, e
poco meno suo fratello, che era (vergogna a dirlo) papa Giovanni XI.
Ugo ridiscende contra lui e l’assedia, ma è respinto e risale a
Lombardia. Allora gl’italiani richiamano Rodolfo l’altro re francese,
ma s’accomodano i due; e ne resta anzi disposata Adelaide la figliuola
di re Rodolfo a re Lotario figliuolo di re Ugo [933]. Gl’italiani,
cioè al solito i grandi, chiamano un altro competitore, Arnoldo detto
«il cattivo», di Baviera; ma Ugo il batte, e non se ne parla piú
[934]. Quindi Ugo torna a campo a Roma; e non potendo sforzarla, si
pacifica col figliastro Alberico, e gli dá a sposa sua figlia; poi
andandosene, saccheggia Toscana [936], e fa poi (vedovo o no di
Marozia?) una gita in Borgogna, a sposar Berta vedova di Rodolfo
[937]. Scendono intanto gli ungheri, e saccheggiano mezza Italia fino
in Campania. Finalmente, nel 940, volendo Ugo spogliar conti e
marchesi e fra gli altri Berengario d’Ivrea, questi avvisatone, fugge
a Ottone sassone re di Germania; il quale qui s’introduce nella storia
nostra con una bella risposta fatta a re Ugo che offriva gran danaro
per riavere il rifuggito: «poter far senza i danari altrui, ma non
ricusar protezione a chi gliela domandava». Quindi a temerne Ugo.
Torna a Roma per rientrarvi, ma non gli riesce; paga gli ungheri
ridiscesi, perché se ne vadano; muove contra i saracini di Frassineto,
ma fa accordo con essi e dá loro a tener i passi contra il temuto
Berengario. Finalmente [945] questi, disceso per Trento, trova
disposti tutti gli animi, aperte tutte le porte, giunge a Milano, e,
lasciando regnar di nome Ugo e Lotario, governa egli. Ugo fugge quindi
a sua Provenza [946] e tra breve vi muore [947]. E cosí regnano i
giovanetti Lotario e Adelaide; e Berengario governa tre anni, tranne
un’invasione di ungheri, indisturbati. Ma nel 950 muor Lotario II
frenetico, e, gridasi, di veleno.