<dc:title> Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Cesare Balbo</dc:creator><dc:date>1846</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/2._Continua&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20230418211253</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/2._Continua&oldid=-20230418211253
Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni - 2. Continua Cesare Balbo1846Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu
[p. 135modifica]2. Continua. — Quando all’anno 774 Carlomagno giovane di trentadue anni ebbe spogliati i re longobardi, egli regnava su tutta Francia, tra’ Pirenei, il Reno e le Alpi; su Baviera, Svevia e Turingia; e sull’intiero regno longobardo, meno il ducato di Benevento titubante nell’obbedienza. Sul papa, su Roma e sulle cittá date alla Chiesa romana, dominava come patrizio e donatore. Erano in Italia, sole fuori d’ogni giurisdizione di lui, Venezia, Napoli e le altre cittá meridionali, Sicilia, Sardegna e Corsica, di nome imperiali-greche, di fatto e secondo le occasioni (Venezia principalmente) indipendenti. Non distrusse dapprima il regno longobardo, non ne tolse i duchi, non vi mutò nulla se non il re, che fu egli. E lasciando solamente un presidio, una schiera di franchi in Pavia, se ne fu del medesimo anno ad una delle sue numerose imprese di Sassonia. E allora, fosse o no per restaurare Adelchi, congiurarono parecchi duchi longobardi; e, dicesi, tutti e tre, quelli di Benevento, di Spoleto e del Friuli, che erano stati i maggiori
[p. 136modifica]del regno. — Avvisatone Carlomagno, accorse dal
Reno all’Alpi, discese una seconda volta in Italia [principio del
776], si volse contra il duca del Friuli piú scopertosi o piú
pericoloso, lo vinse e fece morire, e prese parecchie cittá di lui. E
allora dicesi distruggesse i ducati, ordinasse i conti; ma trovansi
pur tra breve nomati duchi o marchesi non solamente del Friuli, di
Spoleto e di Benevento, ma altri ancora; ondeché resta dubbio se
l’ordinamento de’ comitati fosse o cosí subitano come è qui detto, o
cosí costante poi in Italia come nell’interno di Francia. Ad ogni
modo, del medesimo anno ei ripartí. — E quattro anni rimase fuor
d’Italia, facendo tre imprese contro a’ sassoni, ed una in Ispagna.
Alla quale, fra l’altre, andarono (come mille e piú anni appresso
sotto Napoleone) parecchie schiere longobarde; ed onde tornando poi,
toccò Carlo la famosa e sola sua rotta di Roncisvalle, e quella in cui
cadde Rutlando, l’Orlando de’ romanzi, stavo per dire l’Orlando
nostro, fattoci popolare da’ nostri poeti. — Ridiscese per la terza
volta in Italia [a. 780]; e, lasciando in Francia suo figliuolo
primogenito Carlo, condusse seco i due minori, Pipino che fece dal
papa incoronare a re d’Italia, e Ludovico a re d’Aquitania. Erano
fanciulli di quattro e due anni; ondeché, ciò non mutò nulla, ma
accenna il principio del disegno di dividere i regni, e forse giá di
far loro centro un imperatore. Né si fermò guari in Italia. N’uscí del
781. — Fece poi quattro altre imprese successive contro a’ sassoni; i
quali, martellati cosí, parvero pacificarsi, e si fecero battezzar
molti, e fra gli altri Vitikindo lor duca, il gran propugnatore di
loro indipendenza. — E allora, ornato di nuova gloria, di quella che
piú rifulge nel corso de’ secoli cristiani, che meglio ne segna i
progressi, e che, rarissima ne’ tempi da noi qui corsi, è forse troppo
poco cercata negli stessi nostri, in che sarebbe tanto piú facile;
ornato, dico, della gloria di propagatore della cristianitá, Carlo
veramente magno ridiscese al centro di questa, a Italia per la quarta
volta [a. 786]. E qui fece un’impresa contro al duca di Benevento non
assoggettato per anco, e l’assoggettò; ma lasciògli intiero il ducato,
e la soggezione non fu durevole né mai compiuta. I duchi longobardi [p. 137modifica]
di Benevento sempre rimaservi duchi, e presero anzi nome di principi; e
vi fecero dinastie piú o meno indipendenti, secondo le occasioni per
tre secoli all’incirca. Carlo poi, risalita Italia, e lasciato a Pavia
Pipino il re fanciullo, tornò a Francia. — Quindi mosse a Baviera
contra Tassilone duca, genero di Desiderio, mentre il faceva assalir
pel Tirolo da un esercito longobardo. E avutolo nelle mani, lo spogliò
e fece monaco; e divise pur quel ducato in contadi. Ebbersi a
respinger poi una invasione di unni-ávari da Baviera e dal Friuli; ed
un approdo di Adelchi e di greci alle coste di Napoli e Calabria; e si
allargò il regno fino all’Istria. E per dieci anni poi Carlomagno
rimase fuor d’Italia a far imprese contro agli slavi e agli unni,
diventati vicini suoi, dappoiché era signor di tutta Germania, a
reprimere ribellioni di sassoni, ed eresie interne, e ad abbellir
Aquisgrana. In Italia l’esercito longobardo l’aiutò piú volte contro
agli unni, e l’«esercito romano» talor contro ai greci. Morí dopo un
lungo pontificato Adriano I [795], quegli che avea giá chiamato Carlo,
ed era poi stato sempre amico e quasi luogotenente di lui in Italia;
benché pur sempre si dolesse a lui (come s’esprime nelle sue lettere)
delle «giustizie non restituite», e vuol dir senza dubbio di quelle
cittá, quali che fossero, che Carlo gli avea promesse e non date.
Successegli Leone III, e pontificò dapprima tranquillamente. Poi, nel
799 (principio di quelle guerre civili che turbarono per secoli Roma
mal ordinata tra repubblica, principato del papa, e supremazia
imperiale straniera), una mano di potenti romani assalí, prese il
papa; il quale, liberato dal duca di Spoleto e da un altro messo
regio, rifuggí prima a Spoleto e tra breve a Francia. E giá poco prima
[797] l’altra signoria che sussisteva ancora di nome in Roma, quella
dell’imperatore orientale, aveva sofferto un nuovo crollo, uno
scandalo non mai veduto. Irene imperatrice, mal cacciata dal marito
Costantino, mal cacciò lui, e fecesi imperatrice regnante. Gli eventi
precipitavano, le occasioni s’accumulavano ad una nuova grandezza di
Carlo. E Carlo, giá il vedemmo, non soleva lasciarle passare.