<dc:title> Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Cesare Balbo</dc:creator><dc:date>1846</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/10._I_tre_Ottoni&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240908073900</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_quinto/10._I_tre_Ottoni&oldid=-20240908073900
Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni - 10. I tre Ottoni Cesare Balbo1846Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu
[p. 152modifica]10. I tre Ottoni [964-1002]. — Nella storia come nella realitá non è
peggior dolore, che d’aver a lodar il governo degli stranieri sopra
quello degl’italiani. Ma prima di tutto la veritá. Dalla quale sola
sempre risultano i buoni insegnamenti, e qui questo: che all’ultimo
risultato un governo straniero, quantunque buono, è piú fatale alla
nazione che non uno nazionale, quantunque pessimo; perché questo
passa, e lascia la nazione a’ suoi destini migliori; ma quello,
quant’è men cattivo, tanto piú fa comportabili e suggella col tempo i
ferri stranieri. Dal grande e buono Ottone in qua, e salvo
un’eccezione cosí breve che quasi resta tacciata di ribellione, la
corona imperiale romana rimase ottocentoquarant’anni a’ tedeschi, la
regia lombarda non n’è uscita tuttavia; e tutta la nazione fino a
nostri dí, fu or piú or meno, ma sempre dipendente. Le cittá che siam
per vedere talor liberate, talor liberarsi, non furono mai pienamente
libere, nemmen di nome, nemmeno nelle loro [p. 153modifica]pretese: sempre riconobbero
la supremazia dell’imperatore straniero, e la riconobbero molti papi,
e i piú dei principi; e i pochi che non riconobbero la dipendenza,
patirono la preponderanza, che in realtá diventa lo stesso. Senza
queste avvertenze non si capirebbe la storia nostra ulteriore, diversa
da tutte le altre contemporanee e piú liete. La spiegazione di ciò che
ebbe o non ebbe d’indipendenza una nazione, è la principale
spiegazione o ragione o filosofia della storia di lei; e perché quella
non si volle far mai, perciò non abbiamo niuna satisfacente storia
d’Italia, perciò mi è dovere insistervi in questo sommario. — Prigione
Berengario, fugato Adalberto, e aggiunta dopo trentotto anni di
vacanza la corona imperiale alle due regie di Germania e d’Italia,
Ottone I, o il grande, potente in quella, conquistatore ed estensore
della cristianitá in Danimarca, fu in Italia tutt’altro imperatore e
re che non i regoli stranieri od italiani precedenti. Restituí
l’imperio-regno, e a ciò usò tre modi principalmente. 1° Quello di
Carlomagno: scemare i grandi ducati e marchesati ricresciuti, e
ridividerli in comitati anche minori degli antichi, comitati d’ogni
cittá, od anche comitati «rurali» di semplici castella. E quindi
ebbero lor castigo que’ principi italiani, che non volendo patire niun
pari diventato superiore, avevano iniziata la lunga storia
dell’invidie italiane. 2° Ai conti o marchesi delle cittá grandi, che
sarebbon rimasti troppo grandi ancora, non lasciò, per lo piú, se non
il comitato esterno o contado; e tolse loro (non egli primo ma piú
frequentemente) la cittá e il distretto vicino intorno alle mura, e
sottopose l’una e l’altro ai vescovi, alla chiesa vescovile, onde quel
distretto fu detto poi «Weichbild» o «de’ corpi santi». E perché
sotto al vescovo, ed al «vogt» od «avvocato» o «visconte» di lui,
poterono poi nelle cittá i «valvassori» o «capitani» o «cattani»
principali di ciascuna, e sotto a questi non solamente tutti i militi
ed arimanni nipoti de’ conquistatori vari, ma (secondo la natura
sempre democratica della potenza ecclesiastica) anche i nipoti de’
conquistati risaliti dalle condizioni piú o men servili a piú o men
compiuta libertá, tutti gli «uomini» in somma o «vicini» della cittá;
perciò Ottone fu da non pochi detto fondatore delle libertá, de’ governi [p. 154modifica]
municipali, dei «comuni» italiani. Ma il vero è, che questo
non fu se non un passo a tal libertá; e che, forse il nome, certo
l’essenza del comune (la quale fu d’aver governo indipendente dal
vescovo come dal conte) non vennero se non un cento anni appresso. 3º
Finalmente, Ottone e tutti i suoi successori usarono un modo tutto
contrario a quello de’ Carolingi, fondatori ed ampliatori della
potenza papale; la scemarono facendo piú che mai valere in effetto
quella che prima era poco piú che pretesa d’imperio, d’approvare e
perciò dirigere l’elezione dei papi; e cosí facendoli e disfacendoli,
a lor pro, a lor talento, simoniacamente. E cosí è, che continuarono
ad eleggersi papi cattivi, e d’uno in altro peggiori. — Nel 964 stesso,
morto Giovanni XII in Roma, onde egli avea cacciato Leone VIII, i
romani eleggon Benedetto e cosí rimangon due papi. Viene Ottone,
assedia Roma, v’entra; e deposto Benedetto, vi restaura Leone VIII; e
dimorato il resto dell’anno in Lombardia, torna a Germania. Ma morto
Leone, e succeduto Giovanni XIII, e turbandosi Roma di nuovo, e
sollevandosi alcuni signori per il re esule Adalberto, ridiscende
Ottone [966], viene a Roma, punisce severamente o crudelmente i
turbatori, e fa incoronare imperatore suo figliuolo Ottone II [967].
Quindi passa a mezzodí, dove continuavan quelle guerre, che ci
stancammo di menzionare ad ogni regno, tra’ principi longobardi di
Benevento e di Salerno, e Napoli, Amalfi e le altre cittá greche o
mezzo libere, e i greci che pur venivano di tempo in tempo a far
sentire il resto di lor signoria, e i saracini che or predavano ora
stanziavano tra tutto ciò. Or venner gli Ottoni di soprappiú a tentar
d’ivi estendere il regno-imperio. E perciò, oltre al guerreggiarvi,
Ottone I volle maritar suo figliuolo Ottone II a Teofania, figlia
dell’imperator greco. Liutprando vescovo (lo storico di questa etá) va
invano ambasciatore a Costantinopoli [968]. Continuasi a guerreggiar
quattro anni; poi conchiudesi la pace tra i due imperatori [971], e si
fan le nozze desiderate [972]. Ma tornato a Germania, muore vecchio e
glorioso Ottone il grande [973]. La grandezza di lui fu certamente una
delle maggiori calamitá d’Italia.