Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni/Libro primo/9. I galli, immigrazioni quaternarie
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9. I galli, immigrazioni quaternarie [600 c.-391]. — Ma fin dal secolo sesto av. G. C. s’era raccolto in Asia un altro di que’ nembi di genti, che precipitaron di lá per tanti altri secoli ancora sull’Europa. Un gran rimescolio, una gran contesa ribolliva in tutto il settentrione dalle fonti dell’Indo fino alle bocche del Danubio, tra le genti dette gog e magog, geti e massageti o piú modernamente sciti, e quelle dette gomer, kimri, cimbri o cimmeri. Le prime, piú orientali, cacciarono e spinsero le seconde in Europa. Queste, i kimri, inondarono Germania, Gallia, e fin l’ultima Britannia, or confondendosi, or frammettendosi tra le antiche schiatte teutoniche e galliche. La Gallia, par che rimanesse divisa diagonalmente tra i kimri a nord-ovest e i galli a sud-est verso noi. Ivi compressi, travasarono questi nella nostra penisola, con immigrazioni successive, le quali, tutte insieme e rispetto a noi, diremo quaternarie. Cinque furono principali. — La prima sotto Belloveso scese pel Monginevra, soggiogò i liguri taurini, entrò, passando il Ticino, nella Etruria nuova; e ritrovativi gli antichi consanguinei, restituí forse ad essi la libertá, e il nome d’Insubria, e fondò in mezzo Milano (forse Mid-land o Mid-lawn), una grande e principal cittá. — La seconda sotto Elitovio raggiunse la prima, compiè la conquista della manca del Po fino a’ veneti, e fondò Brescia e Verona. — La terza mista di galli e liguri scese per l’Alpi marittime, e, rimasta a destra del Ticino, stanziò in Piemonte. — La quarta mista di galli e kimri scese per l’Alpi pennine, occupò i piani tra il Po e l’Appennino, e stanziò principalmente nell’etrusca Felsina, nomata quindi Bologna da’ boi una di quelle genti. — La quinta si diffuse tra gli umbri dell’Adriatico, e, passando gli Appennini, piantò, e da’ senoni nomò Siena in grembo alla stessa antica Etruria. Tuttociò dal 587 al 521; e la durata, la moltiplicitá di queste invasioni, sembrano accennare una lunga e forte difesa degli etrusci, e cosí non esser questi troppo decaduti lungo i secoli di lor fortuna; che è vanto raro nell’antichitá, quando la somma fortuna soleva esser seguita dappresso dalla corruzione. — E tanto piú, che, anche cosí ridotti a men che lor sedi antiche, gli etrusci durarono, senza piú scemare che si sappia, altri centotrenta anni. Non che fosser salvi del tutto delle scorrerie galliche, le quali pur vennero estendendosi giú per l’Adriatico sino a’ magno-greci; ma né greci, né etrusci, né itali, osci o latini, non par che fossero piú cacciati da niuna lor sede notevole durante tutto questo tempo. — Finalmente nel 391, o fosse una di queste scorrerie, od una di quelle inimicizie consuete pur troppo in Italia tra vicini, ad ogni modo i galli senoni vennero ad assediar Chiusi. Questa cittá antichissima e delle principali etrusche, ricorse non piú a’ consanguinei oramai impotenti, bensí ad una cittá vicina ma straniera, anzi nemica degli etrusci, ed ultimamente salita in fortuna ed orgoglio, per la conquista di due cittá etrusche Falerio e Veio. La cittá cosí invocata accettò la protezione, mandò ambasciadori a’ galli tre giovani patrizi suoi; i quali, tentato invano di trattare, combatterono per li nuovi alleati. E i galli, orgogliosi anch’essi, lasciata la conquista minore, si rivolsero alla maggiore, convocando compatrioti da tutta la Gallia cisalpina.