Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro ottavo – Cap. VIII

Libro ottavo – Cap. VIII

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De lo Anfiteatro, del Cerchio, de luoghi da passeggiare, de gradi da sedere, et portici de Giudici minori, et de loro adornamenti.

cap. viii.


H
Abbiamo insino a quì trattato de Teatri; restaci da quì inanzi a trattare del Cerchio, et de gli Amfiteatri: tutti questi sono discesi dal Teatro, percioche il Cerchio certamente non è quasi altro, che un Teatro che si sia disteso il lungo con le teste, con linee equidistanti l’una da l’altra, ma non ha di sua natura seco portici, et lo Amfiteatro è fatto di duoi Teatri congiunti insieme, con le tesle, et con i gradi da sedere, con circuito continovato; et [p. 212 modifica]sono in questo differenti, che il Teatro certamente è quasi un mezo Teatro, et in questo ancora, che lo Amfiteatro ha la piazza del mezo libera, et espedita da palchi de gli istrioni, ma nelle altre cose, et massimo ne’ gradi da sedere, et ne le logge ancora, et nelle entrate, et in simili altre cose, sono molto conformi. Io credo che lo Amfiteatro principalmente fusse fatto per servire a le caccie, et che per questo piacesse loro di farli tondi: Accioche ferrate, et stimolate le fiere in cosi fatto luogo, non trovando in nessun luogo alcun cantone dove rifuggire, fussino da combattenti più facilmente aizzate, et fatte muovere; conciosia che e’ vi si mettevano huomini, che con modi miracolosi combattevano contro le ferocissime fiere; intra quali alcuni con il saltare, et con l’aiuto d’una asta, elevandosi in alto ingannavano un Toro che veniva a la volta loro: Altri armati di punte, come quelle de le canne, si offerivano a lasciarsi maneggiare da gli Orsi in una arca di legno, o aggirandovesegli atorno: altri gli assalivano, contenti solo di una cappa, et di una accetta o mazzaferrata. Finalmente se alcuno haveva trovata cosa alcuna che con lo ingegno potesse ingannare le fiere, o se egli si sentiva tanto gagliardo, o valente di forze, et di animo che e’ potesse sottentrare al pericolo, si offeriva là nel mezo, secondo che ciascuno havesse deliberato d’acquistare premio, o lode. Trovo ancora, che ne’ Teatri, et ne gli Amfiteatri i Principi erano soliti di gittarvi pomi, et a lasciarvi andare uccellami, per eccitare fanciullesche questioni di chi prima se gli potesse pigliare. La piazza del mezo dell’Amfiteatro, ancora che ella sia accerchiata da duoi Teatri congiunti insieme, non però si dee fare tanto lunga, come ella verrebbe se si congiugnessino insieme duoi Teatri, con le braccia, o teste distese; ma bisogna che la larghezza corrisponda proportionalmente a la lunghezza. Furono alcuni appresso a gli Antichi, che feciono la lunghezza otto, et la larghezza sette parti, et alcuni che la feciono tre larga, et quattro lunga, l’altre cose feciono come ne Teatri. Conciosia che gli feciono i portici di fuori, et sopra gli ultimi gradi da sedere feciono la loggia di dentro, la quale chiamammo Serraglio. Restaci a trattare del Cerchio. Dicono, che questo fu fatto ad imitatione de le case del Cielo, percioche si come le case del Cielo son dodici, cosi questo ancora ha dodici porticciuole da entrarvi, et cosi come i pianeti son sette, cosi questo ha sette termini: Uno de’ quali è posto a la parte di Oriente, et l’altro a quella di Ponente, assai lontani l’uno da l’altro, talmente che le carrette di duoi, et quattro cavagli giu per il mezzo de gli spatii del Cerchio potessino scorrendo combattere, come fa il Sole, et la Luna per il Zodiaco, et fare in xxiiii. hore ventiquattro volte tai giuochi. I giucatori medesimamente erano divise in quattro squadre: Ciascuna de le quali era vestita del suo proprio colore: alcuni per significare la primavera, si vestivano di verde, per l’estate di rosso, per il pallido autunno di bianco, et per la trista invernata di Tanè scuro. La piazza del mezo de cerchi non era libera, et espedita, come quella de gli Amfiteatri, nè come quella de Teatri occupata da palchi: ma per il diritto de lo luogo divisono la piazza in duoi corsi, o in due larghezze rizzandovi in luoghi accomodati le mete, o i termini intorno a’ quali giucando correvano i cavagli, o gli huomini: I termini principali erano tre, de quali quello del mezo era il più degno di tutti, et era quadro, grosso, et andava tutta via assottigliandosi verso la cima, et per questo assottigliamento lo chiamavano obelisco, hoggi auguglia; gli altri duoi termini erano due grandissime statue, o due creste, overo altezze di muro con le teste molto alte, fatte in quel modo che più era parso al maestro conveniente, a far che elle havessero del gratiato, et del grande: ne mezi di queste mettevano due o colonne, o aguglie minori da ciascuna de le bande. Io truovo che il Circo Massimo di Roma, secondo gli historici, era lungo tre ottavi di miglio, et largo uno: il quale a mio tempo è rovinato, et non si vede per alcuna coniettura pur piccola, come si fusse fatto. Ma in altri luoghi [p. 213 modifica]truovo per le misure di si fatti lavori che egli erano cosi fatti: Solevano gli Antichi fare la piazza del mezo de Cerchi, larga almanco sessanta cubiti, cioè braccia xl., et tanto lunga che la larghezza vi entrasse dentro sette volte; la larghezza si divideva in due parti uguali, tirando per lo lungo una linea giu per il mezo, sopra de la quale si collocavano le mete, o i termini in questo modo: Dividevano questa lunghezza in sette parti, una ne assegnavano a la rivolta, ch’occuperebbono i giucatori intorno a l’ultima meta ne l’andare correndo da la destra nella sinistra; distribuivano poi l’altre mete su per la medesima linea, di maniera che ne la lunghezza del Cerchio fussino ugualmente lontane l’una da l’altra, et occupassero di tutta la lunghezza cinque settimi, et era congiunta l’una meta con l’altra con un piano rilevato da terra non meno di sei piedi, che separava talmente di quà, et di là gli duoi spatii del corso, che o solo, o accompagnati i Cavalli che giucavano, ancor che e’ si voltassero, non havevano donde potessero attraversare. Et di quà et di là, a’ lati de cerchi, si facevano gradi da sedere non più che per il quinto, nè manco che per il sesto di tutta la larghezza de la piazza di mezo, et i gradi da sedere cominciavano appunto a la uguale altezza, et al piano del rilievo, o imbasamento, sopra il quale erano collocate le mete, accioche gli huomini non portassino, si come non facevano anco negli Amfiteatri, pericolo alcuno da le bestie. Infra le opere publiche sono ancora i luoghi da passeggiare, ne’ quali la gioventù si esserciti a giucare a la palla, a saltare, et a maneggiare le armi, et dove i padri si essercitino passeggiandovi essendo infermi; o facendosi portare, ripiglino le forze. Diceva Celso fisico, che lo essercitio è molto migliore a lo scoperto che a l’ombra: ma accioche ei potessino essercitarsi più commodamente a l’ombra, vi facevano atorno portici, co’ quali accerchiavano atorno la piazza; et la piazza da alcuni era lastricata di marmo, alcuni la facevano verde, la empievano di mortella, di ginepri, di cedri, et di cipressi; in cosi fatto lavoro facevano le loggie da tre lati scempie, et talmente grandi, che erano i duoi noni maggiori che le loggie del mercato. Ma nel quarto lato che guardava verso mezo giorno, si facevano le loggie spatiosissime, et doppie: In la facciata dinanzi usavano colonne Doriche, alte secondo la larghezza de le loggie: le colonne dinanzi con le quali si divideva il primo portico dal secondo, volevano che si facessino più alte, che quell’altre prime il quinto, per regger i comignoli, et per dare il pendio al tetto. Ne è maraviglia se per questo vollono ch’elle fussino Ioniche: Conciosia che le Ioniche di lor natura sono più lunghe, che le Doriche. Ma io non veggo già, perche causa in queste loggie non fusse lor lecito fare il cielo del tetto uguale, et piano da l’una banda, come da l’altra, conciosia che certamente egli harebbe havuto del gratioso: ma in amenduoi questi colonnati la grossezza de le colonne era di quella maniera. Ne le Doriche la grossezza da piede era due de le quindici parti di tutta la sua altezza col capitello, et con la basa: ma ne le Ioniche, et ne le Corinthie si dava a la grossezza da basso de la colonna una parte et mezo de le otto parti; che era l’intero del fuso de la colonna. L’altre cose si facevano come in quelle de Tempii, et accomodavano al lato al muro del portico gradi da sedere honoratissimi, acciò servissino a gli huomini gravi, et a filosofi a disputare de le cose eccellentissime; ma questi gradi da sedere, alcuni servirono per la estate, et alcuni per lo inverno. Conciosia che da quella parte dove poteva Borea, o Aquilone, vi facevano i gradi per l’estate, et da quella banda donde venivano i Soli lieti, et dove non potesse il vento, gli facevano per lo inverno, et per questo i gradi per lo inverno erano rinchiusi da alie di muro intere, et quelli per la estate levate le alie de le mura da gli lati che reggevano le testa, erano di verso borea aperti con alcune finestre, o più tosto colonnati, che guardavano liberamente verso il mare, o verso i monti, o verso il lago, o verso qual altra dilicatezza tu ti voglia di luoghi, et ricevevano [p. 214 modifica]dentro maggiori lumi che si potesse. Ma ne la loggia da destra, et in quella da sinistra de luoghi da passeggiare si accomodavano medesimamente altri gradi da sedere difesi da venti di fuori, i quali ricevevano da lo scoperto del cortile, il Sole da mattina, et quello dopo mezo giorno, et i disegni di cosi fatti gradi erano di variate sorti, percioche alcuni se ne facevano a mezo cerchio, alcuni con linee diritte, amenduoi corrispondenti al cortile, et a le loggie con proportione determinata: la larghezza di tutta questa opera era per la metà de la sua lunghezza; la quale larghezza si divideva in otto parti, sei de le quali se ne assegnavano al cortile scoperto, et una per uno a ciascuno de portici: ma dove e’ facevano i gradi da sedere in mezo cerchio, il loro diametro pigliava allhora per i duoi quinti del cortile, ma il muro di dietro del portico si faceva aperto con alcune entrate da potervi passare per andar a federe. L’altezza del mezo cerchio di questi gradi da sedere, ne le opere grandi era quanto la sua larghezza: ma ne le opere minori era alta per una larghezza et un quarto. Sopra il tetto de la loggia rincontro al mezo cerchio, et de’ gradi da sedere, si aprivano in alto finestre per le quali entrava il Sole, et i lumi molto gagliardi nel mezo cerchio. Ma se i gradi si facevano quadrati, allhora si facevano il doppio più larghi che il portico: Et la loro lunghezza era per due de le sue larghezze. Io chiamo in questo luogo lunghezza quella, che va giu per il lungo de la loggia, di modo che a coloro che entrano da man destra in questi gradi da sedere, verrà la lunghezza di questi gradi a esserla da la sinistra, et a quelli che v’entrano da la sinistra, ad essergli da la destra. Infra le opere publiche ancora s’intende la loggia de litiganti, de giudici minori, la quale facevano in questo modo: La sua grandezza era secondo la dignità de la Città, et del luogo assai grande, et eranvi giu per le loggie appicate per ordine alcune camere, ne le quali si dava fine a le facende secondo il parere di quei che vi stavano dentro. Questi edificii che io ho racconti insino a quì, pare che sieno veramente i publici, conciosia che et la plebe, et i Senatori insieme liberamente per tutto vi si potevano ritrovare, et intervenire. Ma de publici ce ne sono ancora de gli altri, che non si aspettano se non a’ Cittadini principali, et a quei che governano lo Stato, come è il luogo dove si raguna il consiglio, la curia, et il Senato, de’ quali dobbiamo trattare al presente.