Completa raccolta di opuscoli osservazioni e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici/1781

Nel Giornale dell’Anno 1781. Prefazione di alcuni Fulmini accaduti, con osservazioni e conseguenze importanti per la difesa delle fabbriche e delle persone

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Nel Giornale dell’Anno 1781. Prefazione di alcuni Fulmini accaduti, con osservazioni e conseguenze importanti per la difesa delle fabbriche e delle persone
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Nel Giornale dell’Anno 1781.

PREFAZIONE

di alcuni fulmini accaduti

con osservazioni

E conseguenze importanti per la difesa delle fabbriche, e delle persone.


Quantunque non vi sia nè fatto, nè soggetto alcuno individuale del tutto simile ad un altro, come non v’è foglia affatto simile a foglia, pure sarebbe come il voler fare l’enumerazione, e la descrizione appunto di tutte le foglie, l’intraprendere di descrivere ad una ad una tutte le Meteore, le Pioggie, le Nuvole, i Venti, le Saette, ed altri accidenti dell’aria. Questo però vale nell’ordine comune delle cose: quello che si è detto dell’una, è detto di tutte. Ma se arriva un caso estraordinario, nel quale siano pur marcate certe circostanze luminose per la [p. 47 modifica]teoria, o per l’uso, allora questo fatto merita d’esser rilevato, e consegnato alla storia per monumento. Così ne’ Volumi dell’Accademie trovansi registrati tutti i fenomeni venuti a loro notizia, che tengono della singolarità in qualunque genere, mentre la singolarità, nello stesso atto che devia dalla regola comune, dimostra ad un tempo il fatto particolare, e la legge generale, da cui si scosta, e così meglio manifesta l’operare della natura.

Con questa vista andrò quì esponendo alcuni casi notabili di Fulmini accaduti nel corso dello spirante anno 1780, i quali possono illuminare ancor meglio la comunque ormai quasi nota natura del Fulmine, e porgere insieme qualche regola salutare sul fatto de’ Conduttori rispetto alle fabbriche, e per guardia in alcune circostanze anche delle stesse persone. Fertilissimo essendo stato quest’anno di Saette, troppo lungo sarebbe numerare solamente tutte quelle, che sono pervenute a mia notizia. Farò scelta di pochi casi più riflessibili.

Il primo che mi si presenta è quello di S. Francesco della Vigna in Venezia. Era stato quel Campanile fulminato nella notte [p. 48 modifica]dei 18 a 19 Agosto 1777, e danneggiato a segno, che convenne demolire, e rifabbricare l’intiera guglia. Il Serenissimo Governo, che ha già adottato la pratica de’ Conduttori per li Vascelli, per le Polveriere, ed altre fabbriche pubbliche; ad istanza di quei buoni Padri (Minori Osservanti) aveva ordinato di applicare un Conduttore anche a questo Campanile, che serve di segnale ai Vascelli per accostarsi al Porto. Era già posta la catena per tre quarti della sua lunghezza, ma interrottamente; cioè, due parti in alto, ed un quarto a terra; restando vuoto il rimanente quarto prossimo. In questo stato pericoloso di cose, la mattina dei 24 Maggio scoppiò un Fulmine sull’istesso Campanile, e nel Conduttore, con danni di poca conseguenza; e prescindendo da questi era un tal caso desiderabile per verificare l’utilità dei Conduttori. Poichè per tutto il tratto superiore sin dove si estendeva la catena, non si vide segno di verun danno; il Conduttore adempì pontualmente il suo ufficio di trasmettere il Fulmine: solamente fece qualche squarcio nel sito dell’interruzione; ed ogni ragione vuole di presumere, che se il Conduttore fosse stato compiuto, [p. 49 modifica]come lo è di presente, il Fulmine sarebbe passato senza recar verun nocumento. Intanto il fatto parla: prova più evidente non può darsi della forza conduttrice delle catene metalliche rapporto a’ Fulmini, del pericolo de’ metalli interrotti, e dell’utilità della loro continuazione sino in terra.

Ecco un altro caso ben più strano, occorso li 12 Agosto nel Territorio Vicentino. In quel giorno temporalesco anche quì in Padova, tra molte Saette videsi verso le ore 17 ardere una Casa coperta di paglia fuor di Porta Santa Croce, percossa da una Saetta, che uccise insieme varj animali. Ma questo non merita attenzione in confronto del caso Vicentino, ch’io descriverò sulla relazione che ne diede il Sig. Alberto Pieropan, uno de’ nostri Accademici Esterni, uomo per la sua intelligenza in tutte le cose Fisiche, per la felicità di ritrovare nuove macchine, ed ordigni, per il suo indefesso zelo a promuovere i buoni studi, e l’agricoltura, per i suo candido carattere, degnissimo d’ogni stima. Accorse egli stesso al caso annunciato in Città, e raccolse l’Istoria delle circostanze ch’io riferirò quasi con le sue parole, aggiungendo solamente qualche riflesso. [p. 50 modifica]

Storia di un Fulmine caduto a Passo di Riva, luogo distante da Vicenza circa 6 Miglia, sulla strada che taglia il Torrente Astico a un di presso da Tramontana a Mezzodì, e conduce dalla terra di Sandrigo alla Città; per il qual Fulmine perì un Giovane di anni 18, e cinque Cavalle attaccate a tre differenti Carri.

La mattina delli 12 Agosto 1780 all’ore 8 Italiane, sfortunatamente s’incontrarono su questa strada in mezzo all’alveo dell’Astico (che ivi si dilata per 200 buone pertiche) tre Carri carichi di grossa legna, che dirigevano il loro cammino verso Vicenza. Il primo che precedeva era tirato da quattro Cavalle, il Carrettiere era in piedi sulla Brazzola, o Sierpa, avendo però li piedi circa sei oncie innanzi del sito, a cui sta affisso di sotto il rampone, o uncino, al quale era attaccata la catena corrispondente alle Cavalle davanti, le quali perirono, come si dirà.

Il secondo Carro seguiva alla distanza di 34 piedi Vicentini; e questo era tirato da quattro animali, cioè, da due buoi a timone, e da due cavalle d’avanti, le quali furono uccise dal Fulmine, assieme col [p. 51 modifica]Carrettiere Biagio Giacon, posto anch’esso sulla Brazzola del suo Carro, ma si noti, immediatamente sopra il rampone di ferro, al quale medesimamente era attaccata la catena delle due Cavalle d’avanti perite.

Succedeva il terzo Carro, tirato da due buoi a timone, e da una vacca accoppiata con una Cavalla d’avanti, e perì la sola Cavalla. Il Carrettiere stava anch’esso sulla sua Brazzola, ma in modo, che il rampone restava discosto addietro verso l’asse delle ruote davanti, come nel primo Carro. Il Sig. Abb. Pieropan ha tracciato uno schizzo di figure, che fa intendere ogni cosa, ma le figure non sono per questo Libretto; e d’altronde l’attiraglio d’un Carro è tanto ovvio, che si può supplire abbastanza colle parole, e coll’immaginazione. Il caso successe così.

Comparve all’improvviso un oscuro nembo, che tutti avvolse in folte tenebre; un istante dopo scoppiò un Fulmine, che atterrò tutte le persone, e tutti gli animali sui fianco destro (pare che il nembo venisse da Levante a Scirocco: difatto un’ora avanti s’aveva sentito a tuonar forte quì in Padova): il sito era a mezzo l’alveo del [p. 52 modifica]Torrente, in un aperto distante dagli alberi più vicini 522 piedi Vicentini. Degli uomini, ed animali parte, come si accennò, restarono morti, e parte tramortiti; di questi alcuni si riebbero da per se stessi prontamente, altri non rinvennero che dopo replicate scosse.

Negli animali vivi, e morti, nelle loro ferrature e catene, non si è scoperto segno alcuno, eccetto ad un bue, che aveva tre piccoli fori in una spalla, simili a tre punture d’ago.

Nella prima Carretta (così chiamasi un Carro a quattro ruote tirato da Cavalli, ed ha qualche diversità nell’attacco dell’attiraglio, e del timone), in questa Carretta si trovò la stanga esteriore della scala sinistra, alla cui estremità di dietro era affisso un anello di ferro mobile, stracciata esteriormente con ispesse lacerazioni secondo la direzione delle fibre del legno, sino ad uno scalino, o traverso di ferro, quale suol usarsi al sito che poggia sull’asse, e scagnello del treno di dietro, quale ferro va a poggiare presso ad altra candela di ferro, che lega lo scagnello all’asse, e trapassa la coda del Carro, ch’è un lungo travicello, che connette il treno di dietro a quello davanti. La [p. 53 modifica]coda verso il treno davanti, per non logorarsi nello sterzare sulla traversa della brazzola, era munita d’una lama pur di ferro. Il Fulmine dunque entrato, come pare, per quell’anello di ferro a capo della scala, saltò nello scalino a traverso il ferro più vicino, squarciando il legno trammesso, scese per detto traverso e per la candela di ferro sino alla coda, ed attirato dalla lama di ferro colà si dirizzò, scheggiando il travicello della coda da per tutto, fuorchè nel tratto occupato dalla lama: quindi s’avventò nell’uncino sotto la Sierpa, cui fesse in qualche parte, e corse su per la catena sino alle Cavalle d’avanti, nelle quali, non trovando più uscita, scaricò la sua violenza. Erano anche le Cavalle da timone attaccate con catene di ferro, ma queste catene erano in qualche distanza dall’uncino, raccomandate alla maggior traversa di legno davanti la Sierpa, e non comunicavano; sicchè queste Cavalle restarono illese.

Sulla scala di dietro di questa Carretta laddove entrò il Fulmine, era del fieno, su di cui sedeva una donna che discorreva col nomato Giacomo Gasparotto, il quale camminava dietro in distanza di circa tre piedi. [p. 54 modifica]Restò il fieno intatto forse anche perchè secco, e la donna illesa, perchè il Fulmine passò più volontieri per il ferro. Ma Gasparotto fu prosteso con grand’impeto a terra, rilevando grandi ferite nel naso, nei sopracigli, nella bocca (mena ivi il Torrente grossi ciottoli, che possono avere avuto parte in queste ferite), sofferse anche sbocchi di sangue dalla gola, e dubitavasi della sua vita, ma poi si riebbe. Niun altro segno si scoprì in questa Carretta.

Nel secondo Carro non si vide alcun sensibile danno, fuorchè una scheggia nella Brazzola al sito di sopra, a cui corrisponde di sotto l’uncino, che teneva la catena delle due Cavalle d’avanti, anch’esse estinte. Fu pure estinto il povero Carrettiere, il quale poggiava immediatamente sopra l’uncino, e quasi toccava la testa della vite con cui questo è fisso nella Sierpa.

Le ferite rilevate dall’estinto erano molto sensibili; il suo cappello trovossi dimezzato con una metà sparita, appianata l’altra metà, e col contorno fatto a corona, a punte, o triangoli; si trovò un gruppo di capelli svelti; non fu permesso di visitar il capo, ma mandava sangue dall’orecchia sinistra, [p. 55 modifica]era nero alla parte sinistra del collo, in modo che sembrava aver sofferto gran contusione, ed aveva altre piccole lividure sparse per il torace. Aveva poi un taglio nel talone sinistro, dalla parte interna, dall’alto al basso; della lunghezza d’un dito traverso; e questo taglio, siccome corrisponde alla parte lacerata della scarpa che aveva anche il tomajo scucito, così anche corrisponde precisamente al sito del sottoposto uncino di ferro.

Con questi segni si potrebbe pensare, che il Fulmine sia entrato per la testa dell’infelice Carrettiere, passando poi per l’uncino nelle catene, e nelle Cavalle uccise. Qualche esempio lo suggerisce. Uno è quello del Medico di Legnago, che descriverò tosto, fulminato in sedia, il cui cappello si trovò egualmente amputato, e lacerato mezzo, e contornato nella parte lacera di triangoli, come quello del Carrettiere. L’altro è un caso che ho letto in questi giorni nell’ultimo recente Volume delle Transazioni, d’un Marinajo fulminato a bordo dell’Atlante, Vascello Inglese, il giorno 31 Decembre 1778 (per la stagione insolita non aveva alzato la catena del Conduttore); il Fulmine era [p. 56 modifica]sceso giù per gli alberi del Vascello; uccise questo Marinajo, ed è descritto con ferite simili, al collo, alle spalle, alle gambe, come quelle del Carrettiere di Vicenza. Confesso facilmente, che queste pruove non sono decisive; e lascierò volontieri che ognuno pensi a suo modo. Ora parliamo del terzo Carro.

Del terzo Carro restò estinta la sola Cavalla, che aveva le tirelle di ferro con catena prolungata sino al rampone. La Vacca compagna era bensì attaccata allo stesso uncino, ma con corda di canape, come li buoi da timone sotto il giogo; qualche ferro era discosto, e non comunicava, come neppure il Carrettiere.

Il Sig. Abb. Pieropan sopra tutto questo fenomeno congettura ragionevolmente così. L'oscurità del Cielo, che precorse per pochi secondi lo scoppio del Fulmine, indica la sopravvenienza d'un nembo pregno di fuoco elettrico. La distanza del terzo Carro dal primo era di 93 piedi Vicentini, e dinota che il nembo si estendesse di tanto per lo meno. Sembra ragionevole che invadesse le grosse legna del Carro ultimo, e di quello di mezzo, ma che la Carretta che precede va sia stata invasa dal Fulmine nel capo [p. 57 modifica]della scala di dietro, per quell’anello di ferro ove lasciò i maggiori segni; e che in tutti e tre li Carri, il fuoco elettrico siasi determinato per le catene attaccate agli animali d’avanti, i quali però dovettero perire, salvi gli altri che non comunicavano. Furono bensì questi, e gli altri uomini atterrati dalla concussione, ma non battuti da fuoco diretto, e condensato ne’ Conduttori di metallo.

Di tali Fulmini contemporanei, e ramosi, che spandonsi a guisa di carcassa, o cannonata a mitraglia, se ne ha indizj, ed esempj molti. Difatto una Nuvola fulminante può avere molta estensione, ed in tutta questa estensione aver raccolto molti e vari ammassi di fuoco elettrico, più, o meno comunicanti tra loro, e colla terra. Tal Nuvola tocca la Terra, o immediatamente, o per via di quelle Nuvole ascittizie, e che si veggono sotto i nembi da lungi, o per via della pioggia istessa. Un esempio è quello altrove da me recato del Fulmine, che nel 1769 ai 7 di Agosto scoppiò nella Cupola di questa Cattedrale, e si diramò a basso alle due Sacristie laterali. Mi disse l’Emin. Card. Priuli, di rispettabile memoria, che, [p. 58 modifica]mentre si alzava allora dal riposo pomeridiano (erano le ore 19 e mezzo) vide manifeste scintille dalla tapezzeria alla testa del suo letto: eppure questa Camera del Vescovato è lontana dalla Cupola del Duomo almeno 300 piedi. Ultimamente, li 22 di Settembre, con un grosso Uragano, molte Saette scoccarono dentro e fuori di Padova: percosse una il Palazzo Grimani posto in fondo della gran Piazza del Prato della Valle (nel cui tetto accese anche il fuoco, fortunatamente scoperto, ed estinto:), dall’altra Parte del Prato sta il gran Monastero di S. Giustina: nel momento istesso dello scoppio, a 22 ore circa, trovandosi i Monaci a Compieta nel Coro privato, contiguo al Campanile, nel cui muro è una sfera dell’Orologio, videro balenare da detta sfera molte scintille di fuoco, onde alcuni per paura fuggirono. Questo sito è lontano dal Palazzo Grimani più di mille piedi; eppure tanto si estendeva la Nuvola fulminante. E però non è da stupirsi se i tre Carri sull’Astico fossero investiti ad un tempo dal nembo, e dai Fulmini in estensione tanto minore.

Quì però potrebbe aver luogo un altro pensiero. Si sa la famosa sentenza del M. [p. 59 modifica]Maffei, che fa venire tutti i Fulmini da terra; questa sentenza, che almeno in parte è vera, viene ora prodotta quasi propria dal Sig. Abb. Bortolon Accad. di Monpellier. Si potrebbe dunque pensare, che soprastando il nembo colla nuvola elettrizzata negativamente, sorgesse il Fulmine, o Torrente di fuoco elettrico dalla terra, che invadesse a preferenza di tutto i cavalli, a cagione de’ loro ferri, e che da essi passasse nelle catene, ec. ma v’è la difficoltà, come restassero illese le due Cavalle a timone della prima Carretta. Sicchè sia meglio attenersi alla prima opinione del Sig. Abb. Pieropan, ch’è la comune, che il Fulmine venisse dalla Nuvola nei modi divisati.

V’è qualche riflesso più utile da farsi, nel vedere, quanto avidamente il Fulmine corre dietro ai metalli lasciando le altre materie anche combustibili, come il fieno, anche vicinissimo, e quanto fedelmente, entrato che sia in un sentiero, vi stia attaccato sorpassando tutti gli altri oggetti anche egualmente Conduttori. Un mezzo piede, e meno di distanza dalla catena, e dal rampone salvò li due Carrettieri, e li Cavalli del timone o del primo carro, il terzo Carrettiere perì o [p. 60 modifica]direttamente percosso, o per la contiguità fisica col ferro, che non aveva altro sfogo.

Che il Fulmine per esser tramandato non esiga una certa intima connessione di metalli, neppure una perfetta contiguità, lo mostrò un caso occorso quì in Padova tre giorni dopo, nella Torretta di Casa Eccellentissima Venier a S. Pietro. Nella mattina dei 15 Agosto restò questa Torretta fulminata dalla cima al fondo con danni invero poco rilevanti. Trovossi anche quì, come sempre, seguita la traccia visibile de’ metalli. Una cosa osservabile è il Telajo d’una finestra da vetri, ch’era senza vetri, coi ferri soliti porsi per fermezza. Questo Telajo, alto circa 5 piedi, tiene quattro traversi di grosso filo di ferro orizzontali, ed uno verticale al mezzo che traversa questi attaccato con tenui filetti pur di ferro. Entrò il Fulmine in questo Telajo per l’occhietto di sopra, e nel saltare al primo traverso si vede fuso il metallo coi colori dell’Iride. Da questo traverso primo passò nel filo verticale, e per questo scese giù senza badare agli altri traversi, e solo nel fondo, ove il filo verticale termina, fuse la cappa d’esso, e saltò ad altro traverso basso posto sopra un traverso di [p. 61 modifica]tavole, nell’uscire dal quale fece delle scheggie nel legno.

Io concludo da questa osservazione, che nel formare la catena de’ Conduttori delle fabbriche, non è poi assolutamente necessaria quella scrupolosissima intima incorporazione de’ pezzi, che da alcuni, si vuole, e da me stesso altre volte fu inculcata; ma che basta la contiguità, forse la sola vicinanza, purchè non vi sia corpo differentissimo più vicino. Però invece di unir li capi de’ pezzi con vite e piombo, basterà unirli con anelli, come ho fatto nel Conduttore del Campanile di S. Marco.

Ecco un altro rimarcabilissimo fatto, che dimostra vieppiù la forza dei metalli, e del loro uso salutare. Nella mattina dei 19 Agosto verso le ore 13, andava il Sig. Dottor Simeoni Medico Fisico di Legnago in Campagna a visitar qualche ammalato. Era sulla sinistra riva dell’Adige colla sua Sedia tirata da un Cavallo, in un grande aperto. Era il Cielo interrottamente nuvoloso, e pioviginoso, ma così leggermente che neppure v’era stato bisogno di aprire l’ombrella.

Di repente trovossi balzato di Sedia per terra da un Fulmine (come raccolse dopo, [p. 62 modifica]poichè non vide lampo, nè udi fragore), ma restò tramortito. Rottasi la Nuvola, come se aperte si fossero le Cataratte del Cielo, venne un diluvio d’acqua, come spesso accade in tali casi, che può aver durato un’ora, ed inondò il povero Medico prosteso a terra, e che nulla sentiva. Era caduto anche il Cavallo, come si arguì dagli arnesi rotti, e nell’alzarsi avea girato la Sedia sopra del Padrone. In questo intervallo, forse scosso dalle percosse, e dal freddo dell’acqua, cominciò il Sig. Dottore a riscuotersi un poco, e come tra il sonno, e la vigilia movendo le mani capì ch’era tra le Ruote della Sedia. La natura fece uno sforzo, e brancolando, e rampicandosi sempre come in sogno, si gettò boccone sullo staffone, ed ivi stette, sinchè sopravvenne un buon paesano, che riconoscendolo, lo rizzò in Sedia, e lo condusse alla Città, nella sua Casa, sempre come morto, e nulla senziente. Posto a letto, se gli fecero molte frizioni, si applicarono spiriti, e fomenti, ma indarno; si tentò cavargli sangue, ma il sangue non iscorreva; si temeva morto. Ma finalmente replicando gli ajuti, a poco a poco andò ricuperando i sensi, il moto, e la vita. Nulla si [p. 63 modifica]ricordò, ed in conseguenza nulla sentì del caso passato; il che sia di conforto per chi temesse d’esser fulminato.

Venendo alle circostanze, ritrovossi il suo cappello per terra, lacerata l’ala di dietro che aveva abbassata. Io lo vidi questo cappello, quando fui un mese dopo a Legnago, e parlai col degno, e dotto Soggetto. Il contorno dalla parte lacerata era a triangoli, o corona, come quello dell’infelice Carrettiere Vicentino; alla spalla destra trovossi trafforato il Rodingò di Panno, il giustacore di camellotto, la camiciuola di tela, il camiciolino di dimito, e la camiscia, i fori facendosi più ristretti verso il di dentro. La spalla era combusta, i capelli di dietro increspati, la pelle sotto brugiata, e livida; il sacchetto di seta, che conteneva la coda de’ capelli, gittato lontano. La fibbia del colletto era d’acciajo, e restò scoriata, e fusa alla superficie. La doratura del pomo della sedia dalla parte destra, annerita colle borchie d’ottone. Per otto giorni sentì il Sig. Dott. Simeoni intorno la sua persona una puzza di solfo, che nel principio gli era insopportabile. Che anche la Cavalla fosse stata fulminata iudicio ne fu una brugiatura di [p. 64 modifica]pello nella spalla destra: ed infatti per alcuni giorni andò zoppicando da quella parte, ma si riebbe.

In questo caso molto è da notare la fusione, e scoriatura della fibbia del colletto, e la fumicatura dell’oro, e delle borchie della sedia. Si potrebbe pensare che questi metalli avessero provocato il Fulmine: ma si può credere più ragionevolmente, che sopravvenuta quella Nuvola temporalesca, essendo i corpi degli Animali conduttori, comunque imperfetti, il Fulmine sarebbe caduto e sopra il Medico, e sopra il Cavallo, anche senza i metalli; e però si può dire, che la fibbia colle borchie della sedia, abbia salvato il Medico, attirando il Fulmine al di fuori del suo corpo.

Per questo fatto, e per questo riflesso, sempre più mi confermo nell’idea dell’utilità d’un Parafulmine di metallo. Una buona cappa di tela cerata spezialmente di seta, può aver luogo, ed ha dei casi favorabili. Ma una catenella di ferro, d’ottone, d’argento, di qualunque metallo, che arrivi in terra, e questa calata dal cappello, al quale si può portar avvolta, sarà d’una guardia sicura. Una simile catenella si può [p. 65 modifica]applicare alle Sedie, ai Calessi, alle Carrozze, ai Cavalli, ai Buoi sotto i Carri, e sotto gli Aratri (che tanti ne restano uccisi ogni anno), alle Barche, ec.

Altra pratica salutare. Cade quì in acconcio di rendere pubblica, e consegnare all’Istoria una pratica curiosa, che mi è riferita dal sopralodato dotto nostro Collega Sign. Abb. Pieropan. A Montebello (terra cognita del Vicentino, Patria di questo degno Accademico) i Paesani rifugiandosi, come accade ne’ temporali, al coperto sotto degli alberi (asilo che si sa quanto sia pericoloso per li funesti casi che occorrono ogni anno), questi Paesani hanno l’uso di piantare il loro coltello alla parte opposta dell’albero. Questa pratica sussiste ab immemorabili avanti d’ogni nostra teoria elettrica: il che per dirlo in passando dietro le pruove che ho portato nella Prefazione delle Memorie sopra i Conduttori, è un altro indizio d’antica opinione, e tradizione, reliquie di qualche sublime fisica, che regnasse con altre scienze appresso qualche estinta ed ignota nazione, che il fulmine si potesse attrarre, e deviare coi metalli. Ma parliamo del fatto.

Questa pratica è senza dubbio [p. 66 modifica]ingegnosissima, ed accortissima: se cade il Fulmine sull’albero, preferirà discendere dalla parte dov’è il coltello, come più attraente che il corpo umano; e potrà diventare pratica salutarissima, se al coltello piantato dietro l’albero si aggiunga la catenella detta di sopra, che arrivi in terra; riparo permesso alla stessa povera gente, poichè non può costare pezzo tale di fil di ferro (ridotto in anelli corti, o lunghi) più di tre, o quattro soldi.

Si vede dunque che il metallo non è poi tanto cattivo vicino, quanto volea farsi credere: quando sia continuato, non v’è pericolo a passarvi, starvi, nè dormirvi vicino; li due Carrettieri di Vicenza rimasero salvi, benchè a mezzo piede del Fulmine, che passò loro sotto i piedi: v’è chi dorme tranquillamente col Conduttore sul letto. Non devia il Fulmine dal suo sentiero una volta infilato, se non trova interruzione: comunicazione dai lati non fa più che uno stagno per deviare un fiume che gli dà l’acqua. Che un tubo di grondaja passi fuori, o dentro de’ muri, purchè sia sano, nulla importa: e così d’un Conduttore, sia posto fuori, o dentro d’una fabbrica. Serva questo a calmare i timori di quelli che temono, che legando [p. 67 modifica]la catena del Conduttore principale con li ferri della fabbrica, non s’introduca un pericolo nella fabbrica stessa. Non v’è alcun pericolo; questa comunicazione si fa per li casi, se a caso il Fulmine si scagliasse prima nei ferri della fabbrica, acciò che trovi una sortita nell’emissorio comune.

Parlando in generale de’ Conduttori, la pratica se ne va estendendo non meno nelle fabbriche pubbliche, che nelle private di Città, e di Campagna; ma non ancora quanto sarebbe desiderabile. Vi si oppone l’inerzia, la falsa economia, il pregiudizio ancora non levato.

Non saprei quale stimolo applicare all’inerzia, se l’abitazione, e la vita non la scuote. Per la spesa, certo che nè il ferro si dona, nè gli Artefici lavorano senza mercede. Chi ha gran fabbriche, siccome deve aver premura di conservarle, così naturalmente ha modi proporzionati. Ma si può mitigare di molto: sei bastoni grossi di ferro costano molto, si faccia almeno uso di più sottili, che costeranno meno, e saranno utili le novanta nove volte.

Quanto al pregiudizio dell’opinione contro la massima, vi sono tante pruove [p. 68 modifica]dell’effetto dei Conduttori, che il pregiudizio non può più aver difesa: eccone una recente. Già due anni era stato fulminato, e mezzo smantellato il Campanile di Padernello, Chiesa nel Trevigiano del nostro degno V. Presidente Sig. Arciprete Nicolai; nel ristabilirlo ebbe cura di applicarvi un Conduttore. Agli 8 di Agosto di quest’anno, all’ore 3 Italiane della notte, ritornò il Fulmine per far visita al suo Campanile; ma restò deluso. Lo scoppio, il fragore, l’odor di zolfo, minacciavano nuova tragedia; il Sig. Arciprete medesimo la temeva; il popolo accorso aspettava di trovar l’eccidio: ma quale non fu il conforto comune, trovando tutto illeso, ed intatto? solamente, quasi per provare, che il Fulmine era venuto, un uomo presso al Campanile restò atterrato, e sbalordito, senza altro danno.

Ecco l’effetto de’ Conduttori. Se d’ora innanzi continueranno i particolari, ed i Comuni a lasciare esposte le fabbriche, e le persone, non sarà colpa de’ Fisici. Non si può senza stupore considerare il prodigio di quest’invenzione; sventare i Fulmini del Cielo! Ma non si può d’altra parte ammirare abbastanza l’inerzia, la cecità, la stupidità [p. 69 modifica]degli uomini, di non prevalersene; se non che l’ignoranza umana, unita alla regnante frivolezza, eccede tutte le misure imaginabili.


ALTRE OSSERVAZIONI

sopra l’anno 1780.

Specialmente rapporto all’Agricoltura.


Il Decembre, dal qual Mese comincia l’anno nostro Meteorologico, negli ultimi giorni, non tanto per le pioggie al piano, che non furono grandi, quanto per il Scirocco (per Scirocco s’intende un’impressione umida e calda, che a noi viene per lo più coi Venti di Scirocco) per il Scirocco, dico, penetrato alle Montagne, che fuse la neve nuova, e la vecchia, venne un’escrescenza di Fiume (chiamata da noi Brentana), che fece qualche rotta negli argini verso il basso, ma di poca conseguenza.

In Gennajo, nevicò 8 volte nei 20 ultimi giorni, con venti procellosi, e qualche [p. 70 modifica]scossa di Terremoto, il freddo non passò li 5 gradi sotto del Gelo.

Il Febbrajo fu perverso dopo la metà: fece tre procelle con neve copiosa, e nel giorno 25 il freddo arrivò a gradi 7, cosa insolita. Nell’ultimo giorno fu quella bella Aurora Boreale, veduta da tutta l’Europa, la quale parve portare il buon tempo, ed un tal qual tepore nell’aria.

Fu il Marzo un Mese asciutto, e placido; il Barometro sempre alto.

L’Aprile, a proporzione dei giorni piovosi che furono 15, non diede però molta acqua. Il caldo in quest’anno anticipò, essendo salito verso il fine del Mese, con venti di Ostro, sino a 17 gradi, ciò che non avea fatto da molti anni; e pure al principio aveva nevicato. Fu in questo Mese il Barometro più basso che nel resto dell’anno.

Maggio: questo Mese contro il solito potè chiamarsi asciutto, e temperato assai. Solo ai 24 una desolatrice Gragnuola traversò il Pedemonte Vicentino, sopra Marostica; e li 25 si sentì una buona scossa di Terremoto.

Giugno: fu Mese assai ineguale, e spiacevole; da principio caldo, poi freddo con pioggie, e temporali. Alli 8 di mattina ve ne [p. 71 modifica]furono nel Vicentino, tra le Terre di Tiene, e Schio, con Saette incendiarie, e grossa Gragnuola; e nello stesso dopo pranzo, alle ore 17 con Cielo quasi sereno, una Tromba presso la terra di Schio percorse quasi tre miglia di Cammino abbattendo alberi, e fabbriche, dovunque passava, e scavando sino la terra. Si cominciò la messe ai 19, ma fu infestata dalle pioggie, nè si potè governare se non che male il formento. (Parlerò dopo della Nebbia, e degl’Insetti).

Luglio contribuì a questi disastri, il quale diede sereni, ma quasi continue pioggie, che disturbarono la battitura, ed il seccamento del Grano. La Domenica di sera, 9 del Mese, fu un temporale assai esteso, o moltiplicato in questi Territorj, che diede una pioggia di Saette sulla Brenta, ed altrove, ma assai peggiori furono le Gragnuole nel Trivigiano, e nel Friuli, di lunga durata, di lungo corso, con grani grossi come l’ova, con effetto di distruzione. Alli 19 ve ne fu un’altra grossa sopra Padova, che danneggiò molti Villaggi. Non posso tacere che ai 17 seguì la Congiunzione di Marte col Sole: l’opinione, antica porta, che questo Pianeta induca Temporali, Tuoni, [p. 72 modifica]Nuvoloni spezzati, e focosi, e calori, quali difatto regnarono quasi tutto questo Mese; il Caldo, benchè a salti, fu notabile, superando d’assai quello de’ quattr’anni precedenti dopo il 1775. A Lisbona, secondo la Gazzetta d’Agricoltura, il Caldo è stato così eccessivo nei Mesi di Giugno, e di Luglio, che si temeva non s’infiammasse l’aria, e si trovarono delle persone affogate per le strade; furono seccati gli Alberi fruttiferi, e perì un quarto delle Vigne. Ai 2 di Luglio si videro de’ Grappoli maturi, e la vendemmia si fece un Mese più presto.

Agosto. Questo Mese fu fertile di Fulmini, come ho detto, e di pioggie esorbitanti. La mattina di S. Bartolommeo, in meno di 3 ore, diede 19 linee di acqua (che viene a stare più di 250 mila botti dentro il recinto di Padova, essendo la sua Area un milione almeno di Pertiche Quadrate). Ma le pioggie furono molto più strabocchevoli in tutta l’Italia Interiore, dall’Alpi sino all’estrema Calabria; ed i Torrenti di qua e di là dall’Appennino fecero stragi immense, nel Piemonte, nel Genovesato, nella Toscana, nel Regno di Napoli, non meno del Pò. In Polonia, nella Podolia, ec. secondo le [p. 73 modifica]Gazzette, vi furono inondazioni eccedenti ogni memoria d’uomo. Il Nieper, il Prut, superarono tutti gli argini asportando animali, ed uomini, devastando Villaggi, e Paesi, ec.

Settembre. Questo Mese ebbe più giorni buoni; ma n’ebbe anche di pessimi; la pioggia, della notte 18 e 19 fu di un pollice e mezzo; il giorno 22 tutto burrascosissimo, e la sera in questa Città, e nel Territorio, furono ove molte Saette, ove Gragnuole, ove Turbini; anche il Cielo si rinfrescò di molto.

Ottobre. Fece peggio quanto alle pioggie, guastò la vendemmia, e ritardò le Semine, nonostante ebbe degl’intervalli sereni.

Novembre, anch’esso piovoso, portò Temporali da State, spezialmente il dì 7 con Tuoni, Saette, Gragnuola, e Neve mescolata, ed il freddo andò 3 gradi di sotto del Gelo.

FENOMENI PARTICOLARI.

Nebbia. Tagliando il Frumento si trovò molte spiche annebbiate in tutto, o in parte, col grano, cioè, ristretto, o vuoto. Proviene la Nebbia, o la Ruggine che vogliam chiamarla, da un fumo della Terra, che si [p. 74 modifica]alza pochissimo, a differenza del noto Caligo; è questa un’emanazione calda, e brugiante, che consuma il Grano, e può essere una di quelle arie Mefitiche, scoperte di recente, infiammabile, nitrosa, o simile, che si alzi dalla terra umida, e riscaldata; e di fatto si alza pochissimo come le Mofete; si vede diffondersi adagio adagio per li seminati, cui ha la forza di ristringere col far matutare il grano avanti che sia compito, cioè, col far diseccare, o morire le piante acerbe. Se sporca la Paglia con polvere gialla, o nera, chiamasi appresso di noi Melléo. Questa spiegazione, nata dall’osservazione, e dal senso incorrotto de’ nostri Contadini, parmi più vera di quelle studiate per via d’Insetti, piante parasite, e che so io. Regnò in quest’anno, tanto nelle basse terre, che nell’alte, tanto nel Polesine, che nel Vicentino, e nel Trivigiano; ma a tratti, secondo i fondi, la esposizione, la mancanza di ventilazione, ec. Si giudicava in Polesine che avesse levato un quarto del raccolto.

Insetti. In tutta l’Europa vi furono doglianze in quest’anno dell’abbondanza degl’Insetti. Sin dalla Primavera i Vermi mangiarono le tenere nascenti piante del Grano [p. 75 modifica]Turco; convenne riseminare campagne intere, e non bastò, che ritornò il guasto, ed in fine questo raccolto restò pregiudicato non poco, spezialmente nelle terre più umide, e basse. I Bruchi divorarono le foglie degli alberi.

La Stagione piovosa al tempo della messe produsse quantità di vermi, o gorgoglioni, che consumarono gran parte del grano nei granaj. Nasce questo disastro quando non si possono serrare i covoni asciutti; ammontati fermentano, e si riscalda il grano (altro malore); le farfalle vi depongono le ova; queste ova sviluppate al favor dell’umor tepido danno nascita a questi insetti divoratori. Non si può raccomandare abbastanza ai coltivatori di non legare il frumento tagliato, se non sia ben asciutta la paglia, di aprire almeno le Crocette, e soleggiare i Covoni prima di ammontarli ne’ cavaglioni: questa cura importa quanto, e forse più, il seccare il grano battuto. In certi Paesi poi vi fu un flagello delle Locuste, in Asia, in Francia, in Ungheria, in Polonia, e penetrarono in qualche luogo del nostro Friuli. Dio tenga lontano questo flagello, che oltre il divorare tutte le piante verdi ne’ campi, e ne’ [p. 76 modifica]prati, porta il pericolo d’infettar l’aria là dove muojono, e produrre una contagione. Nel resto l’abbondanza generale di quest’Insetti s’attribuisce in gran parte al secco dell’anno passato (in molti Paesi s’estese anche a quest’anno). Col secco si conservano l’ova vive, e perciò nascono nell’anno seguente. Non si potrebbe incolpare alcuni insetti invisibili dell’influenza del Vajuolo, in qualche paese così micidiale, e di altre malattie cutanee, ed anche putride?

Fragilità de’ Frutti. Questa è un’altra particolarità di quest’anno. Le frutta, specialmente Autunnali, e d’Inverno, riuscirono prima senza sapore, come anche gli erbaggi; poi si guastarono, e si guastano in copia. Si potrà in parte incolparne gl’insetti; ma piuttosto ne accagionerei il freddo, e l’umido. Già sul fine d’Agosto, tempo in cui le frutta acquistano il principale nutrimento, vennero quell’immense pioggie, e queste replicarono nel Mese di Settembre, e molto più in quello d’Ottobre. Se fosse stato caldo, potevano digerire questo soverchio succo acquoso: ma sopravvennero le mattine, e le giornate fredde; le piante, l’erbe, le frutta in certo modo si constiparono, restarono [p. 77 modifica]ingorgate di un succo abbondante, ed indigesto. Si vedeva nel Trivigiano verso i Monti, li Cinquantini, e gli altri minuti, così verdi ai primi d’Ottobre, come dovevano essere gli ultimi di Agosto; erano dunque questi vegetabili, per così dire, idropici, e così le frutta: perciò non è da stupire che cadessero queste dall’albero, o raccolte tanto facilmente s’infracidissero. L’uva piuttosto marciva, che maturarsi: e l’abbondante sperata vendemmia si ridusse a poco, per la quantità, ed ancora più per la cattiva qualità de’ vini; questa doglianza è universale. Vengo però assicurato, che là dove si lasciarono le frutta sull’albero lungo tempo, queste si conservano assai meglio. I nostri buoni vecchi non coglievano le frutta d’Inverno se non dopo S. Luca, quando, oltre la perfetta maturità, le brine, ed i geli avessero mortificato il soverchio umore. Noi abbiamo troppa fretta, e così non abbiamo frutta, o le abbiamo cattive. L’erbe poi, i cavoli, riuscirono di poco sapore, ed anche poco sane, per le stesse cagioni, dei sugli indigesti, dell’eccesso dell’umido, del freddo immaturo. L’ho detto, e conviene ripeterlo: il calore è il padre della generazione, [p. 78 modifica]e della vegetazione: questo calore va mancando alla Terra: non vi sono più gli Estati caldi d’una volta; in quest’ultima, quantunque abbia il Termometro segnato dei gradi più dell’anno passato, il caldo fu a buttate, e tutti confermano che l’aria non fu mai bene riscaldata. Se il caldo cala, l’umido cresce, ed abbiamo quindici in 20 giorni di più all’anno di pioggia, che da un mezzo secolo. Non è dunque da meravigliarsi della scarsezza, o cattiva qualità delle frutta, nè dell’influenza di certe malattie umorali, dipendenti da ristagni, ed indigestioni.

Terremoti. Non posso tacere de’ Terremoti, poichè si pretende non senza ragione, che debba in gran parte ad essi attribuirsi in quest’anno il guasto quasi generale de’ vini. Se non vogliamo che vi operi la mescolanza di qualche vapore elevato dal Terremoto, almeno la concussione del liquore, ne scompone tutte le mollecule, solleva le fecci, e lo intorbida. Lo stesso fa il Fulmine, il corso delle Carrette, lo sparo dell’artiglieria, ed altri tremori. Or abbiamo sentiti in quest’anno varie scosse di terra: due in Gennajo, li 15 a h. 6, li 22 a h. 5; due in Febbrajo, li 5 h. 11, e li 8, in Maggio quello dei 25, [p. 79 modifica]giorno del Corpus Domini, a h. 21 fu sentito in tutti questi Paesi, ed un gagliardo ne fu verso i Monti a Feltre, Marostica, Vicenza, li 26 Giugno a h. 6 della notte seguente. Molti ne furono annunziati da Paesi vicini, o lontani, dal Bolognese, dal Pistojese, dalla Marca, dall’Ungheria, dalla Francia, da’ Paesi Bassi, dalla Norvegia, dalla Sicilia, dall’Asia. I più notabili furono in Persia, che nel Mese di Marzo rovesciarono la Città di Tauride colla morte di quasi tutti gli abitanti; quello di Messina che si propagò per la Sicilia, e per la Calabria; quello di Candia, alla fine di Luglio, sobissò il Castello di Gerapetro con il presidio di 360 Turchi, e varie terre dell’Isola; quello di Cattaro contemporaneo, o poco dopo. Etna fece un’eruzione con nuova bocca; nè tacquero i Vulcani di Lipari, e dell’altre Isole Eolie, nè il Vesuvio; de’ Vulcani pure si aprirono in Ungheria nel Territorio di Gomora. Il Terremoto si è reso in oggi così frequente, che ne arrivano in un anno quanti non se ne contano nel precedente mezzo secolo.

Aurore Boreali. Lo stesso può dirsi dell’Aurore Boreali, delle quali ne abbiamo contato in quest’anno per lo meno 18, li 6, e [p. 80 modifica]28 Decembre; li 6, 8 Gennajo; li 5, 29 Febbrajo; li 29 Marzo; li 19, 27, e 28 Maggio; li 14 Giugno; li 9, 29 Luglio; 20 Settembre; 30, 31 Ottobre; 22, 25, 29 Novembre; insigni furono quelle dei 29 Febbrajo, e 28 Luglio; fu questa forse più speziosa di quella, rappresentando un Padiglione d’Oro, e d’Argento, che dal Zenit si spandeva verso Maestro, spettacolo veramente vago. È rimarcabile questa frequenza di Aurore Boreali con quella de’ Terremoti. Forse quel fuoco, che condensato scuote la terra, passa nell’alto dell’Atmosfera a fare, nel dilatarsi, e spandersi, quei vaghi getti di luce, che adombrano all’occhio i fremiti de’ Terremoti.

ALTRO FENOMENO.

Nella notte seguente dei 19 Sett. 1780, alle ore 3, il Sig. Tenente Avesani, colto Uffiziale de’ Dragoni, mentre in Compagnia ritornava al Quartiere, vide una grossa Stella Volante, girarsi verso il Conduttore di questa Specola, situata in faccia ad esso Quartiere. Giunta a poca distanza dalla Punta, scoppiò senza romore, dilatandosi in un [p. 81 modifica]globo grande, e lucente, come il Sole, ed era chiaro di Luna. Questo, come era segno di copioso fuoco elettrico raccolto nell’aria, così fu pruova della sua simpatia col Conduttore. A 23 ore era stato un Temporale con gravi scoppj di tuono, pioggia, e gragnuola sulla Brenta, ed altrove. Restò di poi il Cielo fuocoso con frequenti, e vivi lampi tutt’attorno l’orizzonte, spezialmente a Levante sopra del Golfo; ma allora il Cielo, al levar della Luna, s’era fatto stellato. Il Barometro che in quel dì s’era abbassato di tre linee, cominciava a rialzarsi, e crebbe d’altrettanto il dì seguente de’ 20, portando una pausa di due giorni disuguali; ma il terzo giorno (22) fu de’ più torbidi, e procellosi di quest’anno 17801.

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OSSERVAZIONI COMPARATE.

ANche in quest’Anno da gentili, e studiose persone sono stato favorito di Osservazioni, delle quali darò quì in poche Tavolette, come nell’Anno 1779. un quadro di Comparazione.

I Giovani Sigg. Conti Asquino da Udine, una degna persona della Terra di Crespano, il Sig. Abb. D. Luigi Cittadini dal Borgo di Anguillara sull’Adige, diligente Osservatore, il dottissimo Medico Sig. Vianelli di Chioggia nostro Accademico, il Sig. Abb. D. Vicenzo Chiminello, accurato Osservatore di Marostica, vi sono concorsi: e sono questi siti, alla distanza di 20, 30, 40 miglia, ben disposti per rappresentare lo Stato dell’Atmosfera in questa Marca Trivigiana. In generale vi si scorge quel consenso che deve [p. 247 modifica]esser tra luoghi non molto rimoti. Udine per la sua località porta una qualche differenza nel Caldo, o nella Pioggia.

Barometro. Corrispondono le Altezze Medie di Mese in Mese; p. e. la Maggiore Altezza fu in Marzo, la Minima in Aprile. In tutti questi luoghi, fu il medesimo aumento da Febbrajo a Marzo di 3. linee, ed il decremento in Aprile di 5, eccetto Chioggia; forse perchè in Chioggia crebbe assai più il Caldo, che dilatando il Mercurio ne fa allungar la colonna rispettivamente più che negli altri luoghi. Della Media Altezza dell’Anno non si potrebbe concludere nulla a di preciso circa il livello di questi luoghi per la diversa qualità de’ Barometri, manifestando alcuni una chiara implicanza (Anguillara e Chioggia) essendo più bassi, ove dovrebbero essere più alti. Ad onta di ciò, si vede che le Massime, e minime Altezze del Barometro cadono da per tutto nei medesimi giorni; non così esattamente i Gradi a del Caldo e del Freddo, ma v’è poca differenza.

Le Massime Altezze alli 6. di Marzo, in Padova poll. 28. l. 8,4; Udine 27. 21. (li 29 [p. 248 modifica]Apr. 28 ); Crespan 27,7. Anguillara 28. 9,5; Chioggia 28. 3,2. Marostica 28. 2.

Minime Altezze li 4 Apr. in Padova 27. 5. Anguillara 27. 3; Chioggia 27,2; Udine 27. 0. (li 21. Feb. 26. 10); Crespan 18. Gen. e 24 Nov. 26. 5.

Meno s’accordano gli estremi del Termometro: Sommo Freddo in Padova li 25. Feb. ... 7.5, Udine 29. Gen., e 19 Feb. — 3., 7,0; Crespan 8. Gen. 18. e 19. Feb. — 3., Anguillara 5. 27 Feb. — 4. 5., Chioggia li 30 Gen. 0,6. (in Camera), Marostica — 2. 8. medio del Giorno.

Sommo Caldo, in Padova 28. Lug. 25,8. Udine 5. e 28. Lug. 28., Crespan 3. e 18. Lug. 18.; Anguillara 26. Luglio 21. 7. Chioggia 28. Lug. 19. 7. Marostica 7, Ag. 20. 1. (Medio).

Termometri. Anche il Caldo progredisce in questi stessi luoghi d’accordo, abbassandosi, ed alzandosi. Ma Udine ha le stagioni più vive, l’Inverno più freddo, la State notabilmente più calda, che gli altri luoghi. Anche la somma dell’Anno, o il grado medio, è maggiore. Se tutto il Friuli partecipa di questo vantaggio, come pare, si [p. 249 modifica]comprende come possa dare quei Vini saporiti, e scelti che hanno tanta fama: mitis in apricis coquitur vindemia saxis; corrisponde però l’industria de’ Possessori, senza la quale ogni vantaggio della natura vale poco. Anche Marostica marca Caldo, ma il Termometro sta esposto a riverbero! Se questo è il vero Caldo dell’aria di quel Paese, è Paese freddo; e le Uve, e le frutta, quantunque in costiera (esposizione di Mezzogiorno) non possono essere tanto perfette. Concorre al Freddo l’elevazione del luogo, più di 150 Pertiche sopra il piano di Padova, elevazione che fa più effetto dell’altezza del Polo, maggiore di mezzo grado di quella di Padova presso lo stesso Meridiano. Avrei creduto che in Polesine regnasse più Caldo; ma il Borgo di Anguillara giace alla destra dell’Adige, sente il fresco del Fiume, e la ventilazione. In Chioggia il Termometro è tenuto dall’Osservatore in Camera; il nostro di Padova sta esposto a Tramontana. In generale è difficile di far una giusta comparazione dei Termometri a cagione del sito diverso in cui sono posti, del riverbero, dei Corpi vicini che concepiscono, e ritengono più e meno il calore, ec. In una parola ogni [p. 250 modifica]Termometro mostra il Caldo del sito suo proprio, e non altro.

Pioggia. Si vede quanto abbondi in Udine, sino a dare del doppio d’acqua che nel Polesine, ove per altro, come in Chioggia, fu in quest’Anno in proporzione assai maggiore; eppure in Udine i giorni piovosi sono tanto in minor numero; convien dire, che le Pioggie vi sieno traboccanti. Notabile in Padova è il numero dei giorni piovosi, che sono più di venti a trenta in ragguaglio di 30 a 40 Anni addietro.

Non isisto in altre minute comparazioni, che mi porterebbero troppo lungi.

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TAVOLA DI COMPARAZIONE.

BAROMETRO, Altezza Media.


Mesi Padova Udine Crespano Anguillara Chiozza Marostica
Dec. 1779 28, 1, 5 27, 5, 4 26, 11, 6 27, 10, 93 27, 8, 29 27, 7, 3
Genn. 1780 0, 3 4, 4 11, 2 10, 50 7, 43 6, 2
Febbraro 
1, 3 5, 3 27, 0, 8 11, 10 8, 46 7, 1
Marzo 
4, 3 8, 2 3, 6 28, 2, 45 11, 40 10, 4
Aprile 
27, 11, 2 4, 1 26, 10, 8 27, 9, 66 7, 33 5, 8
Maggio 
28, 2, 6 7, 1 27, 2, 0 28, 0, 83 9, 59 9, 1
Giugno 
2, 0 7, 0 2, 0 0, 84 9, 57 8, 6
Luglio 
2, 3 7, 0 2, 2 0, 23 9, 33 8, 6
Agosto 
2, 2 6, 5 2, 1 0, 03 9, 26 8, 6
Settembre 
2, 3 7, 1 2, 4 0, 65 9, 57 8, 9
Ottobre 
1, 5 6, 0 1, 2 27, 11, 25 8, 84 7, 8
Novembre 
1, 3 4, 8 0, 4 10, 37 8, 57 6, 5
Medio 28, 1, 73 27, 6, 67 27, 0, 97 27, 1, 67 27, 8, 9 27, 7, 19
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TAVOLA DI COMPARAZIONE.

TERMOMETRO, Grado Medio.


Mesi Padova Udine Crespano Anguillara Chiozza Marostica
Decembre 1779 4, 07 3, 93 4, 17 4, 32 6, 16 9, 09
Gennaro 1780 0, 11 1, 33 0, 44 0, 28 2, 49 1, 93
Febbraro 
0, 96 9, 08 0, 82 0, 38 2, 58 2, 02
Marzo 
7, 40 7, 95 6, 62 7, 64 7, 68 8, 45
Aprile 
8, 60 8, 65 6, 02 8, 19 9, 10 8, 72
Maggio 
15, 68 17, 53 13, 30 12, 71 14, 48 15, 25
Giugno 
17, 36 20, 90 15, 22 15, 48 17, 07 16, 81
Luglio 
18, 55 21, 97 16, 29 17, 11 17, 84 18, 18
Agosto 
17, 82 21, 23 15, 94 15, 44 18, 41 18, 07
Settembre 
14, 08 15, 50 12, 73 12, 60 14, 97 14, 30
Ottobre 
12, 57 13, 01 11, 11 10, 35 13, 09 12, 65
Novembre 
6, 25 4, 53 5, 02 4, 78 0, 90 6, 22
Medio 10, 32 11, 14 9, 02 9, 19 10, 98 711, 0
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GIORNI DI PIOGGIA.


Mesi Padova Udine Crespano Anguillara Chiozza Marostica
Decemb. 1779 12 10 12 7 8 9
Gennaro 1780 12 2 11 13 11 5
Febbraro 
10 5 7 8 6 3
Marzo 
5 4 3 3 5 3
Aprile 
15 13 16 10 10 11
Maggio 
8 6 8 6 6 6
Giugno 
11 9 15 7 6 8
Luglio 
15 9 10 9 8 7
Agosto 
14 11 11 12 10 12
Settembre 
9 9 12 10 8 8
Ottobre 
15 10 13 14 9 9
Novembre 
15 9 12 13 10 8
 
Somme 141 97 130 112 97 89
 
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MISURA DELLA PIOGGIA.


Mesi Padova Udine Crespano Anguillara Chiozza Marostica
Poll. lin. Poll. lin. Poll. lin. Poll. lin. Poll. lin. Poll. lin.
Dec. 1779 2 3, 2 7 7, 0
 
1 11, 9 1 2, 3
 
Genn. 1780 2 1, 6 2 3, 0
 
2 1, 8 1 6, 0
 
Febbraro 
2 5, 1 4 0, 4
 
3 10, 0 3 9, 1
 
Marzo 
0 4, 5 2 7, 4
 
0 4, 1 0 5, 3
 
Aprile 
2 10, 8 8 4, 5
 
2 0, 5 3 3, 8
 
Maggio 
0 8, 6 1 9, 8
 
0 11, 3 2 11, 4
 
Giugno 
3 1, 5 3 11, 1
 
1 11, 5 5 7, 9
 
Luglio 
1 5, 5 1 10, 7
 
1 10, 3 4 1, 8
 
Agosto 
4 11, 4 4, 3
 
2 0, 3 0 9, 5
 
Settembre 
4 5, 1 7 3, 1
 
6 0, 7 9 4, 3
 
Ottobre 
4 11, 4 10 7, 2
 
3 0, 8 3 6, 5
 
Novembre 
2 9, 2 11 5, 5
 
3 6, 0 2 6, 3
 
Somme 31. 7, 8 59 2, 0
 
29 9, 2 39 1, 4
 
 

Note

  1. Altre Osservazioni, ed Osservazioni Comparate si daranno in fine di quest’Opera nella Serie de’ Ristretti, ec.