Commedia (Lana)/Inferno/Proemio
Questo testo è stato riletto e controllato. |
(Commento di Jacopo Della Lana) (XIV secolo)
◄ | Inferno - Spiegazione delle abbreviature nelle note | Inferno - Canto I | ► |
COMMENTO DEL LANEO
PROEMIO COMUNE AI CODICI E ALLA VINDELINA
Ad intelligenzia della presente Comedia sì come usano li espositori in le scienzie è da notare quattro cose. La prima cioè la materia overo subietto della presente opera. La seconda cosa quale è la forma e onde tolle1 tale nome overo titolo del libro. La terza cosa quale è la cagione efficiente. La quarta cosa ed ultima quale è la cagione finale overo a che utilitade elli è diretta e sotto quale filosofia ella è sottoposta. E avegnia ch’io mi senta insufficiente a tanta opera, tuttavia per conferire e agiugnere quel poco intelletto, che quello, che è datore di tutte le grazie, è piaciuto di prestarmi a quello overo quelli sufficienti li quali dopo me verranno, togliendo per autorità quello che dice lo presente autore nel primo Capitulo del Paradiso: Poca favilla gran fiamma seconda, colla loro ottima grazia e perfetto intelletto compieranno quello che per me sarà lassato; tegnendo sempre che ogni esposizione, interpetrazione, allegorìa, sentenzia, postilla overo glosa che per me sarà fatta se si consona e dice con lo tenere della santa madre Ecclesia romana ho per ferma e dritta. Se deviasse, discrepasse, overo avesse altro senso, infino ad ora lo casso e tegno per vano e di nessuno valore. La prima cosa com’è detto è da notare la materia overo subietto della presente opera, la quale è lo stato delle anime dopo la morte; lo quale universalmente, siccome ello parte lo suo volume, è di tre condizioni. La prima condizione è quelle anime le quali sono dannate e sono in pene e senza speranza d’uscire di quelle. La seconda condizione è quelle anime le quali sono in pene ma hanno speranza dopo sua purgazione d’uscire di quelle e andare in vita eterna; e questa parte è appellata Purgatorio. La terza condizione è quelle anime le quali sono in gloria eternale pasciute, piene e contente di suo stato. E questa apella Paradiso. Or questa è la materia della presente opera overo subietto. Un altro modo può esser considerando la materia overo subietto d’essa: cioè lo uomo lo quale per lo libero arbitrio può meritare overo peccare; per lo quale merito overo colpa ello li è attribuito gloria overo punito all’altro mondo. La seconda cosa che è da notare è la forma e ’l nome overo titolo di essa, e si può considerare in due modi: l’uno è la forma de’versi li quali sono ritimi qui constituiti in diversi capitoli li quali poi sono in le preditte tre parti. L’altro modo è la forma poetica la quale è fittiva e di esempli positivi dalla qual forma ello tolle lo nome overo titulo cioè Comedia che è quasi a dire villano dittato, cioè che anticamente li villani sonando sue sestole overo pive si ritimavano. Ed è da sapere che le più spezie di poetiche dittazioni frall’altre quelle che cominciano stato fatigoso e arduo e vanno migliorando stato insino in perfetto essere, hanno nome Comedie. E perchè questa è simiglievole a quella che comincia allo Inferno e poi continua al Purgatorio, poi termina al Paradiso ch’è stato perfetto, questo assunse per nome Comedia. La terza cosa cioè la cagione eficiente che è da notare fu l’autore di quella cioè Dante Allighieri da Firenze del quale testimonia la presente Comedia ch’è uomo di grande scienzia e d’onesta e virtudiosa vita. La quarta e ultima cosa che è da notare è la finale cagione della ditta Comedia, cioè a che fine e intenzione ella fue fatta, la quale si può considerare in tre modi. Lo primo per manifestare polita parladura. Secondo per narrare molte novelle le quali tornano molto a destro ad udire per esemplo alcuna fata. Terzo e ultimo per rimuovere le persone che sono al mondo dal vivere misero e in peccato e produrli al virtuoso e grazioso stato. E in quanto tratta de’ modi, de’costumi e vita mondana si è sottoposta a filosofia morale, la quale hae per suo subietto li atti umani.
Manifestate le cose che proponemmo ch’erano da notare si è da sapere che universalmente la detta Comedia può avere quattro sensi. Lo primo si è litterale overo istoriale, lo quale senso non si estende più innanzi che come suona la lettera, e quelli termini in li quali ella è posta; sicome quand’ello pone Minos in lo inferno per uno demonio giudicatore delle anime. Lo secondo senso è allegorico, per lo quale lo termine della litteratura significa altro che ello non suona come ad interpretare lo ditto Minos la giustizia la quale giudica le anime secondo sua condizione. Lo terzo senso è detto tropologico cioè morale, per lo quale s’interpreta lo ditto Minos sicome uno Re che fu in Creti che fu giusto e virtudioso: donando a’ viziosi pena e a’ virtudiosi merito. Così moralmente si pone uno giudice in inferno lo quale dicerne per la condizione delle anime lo luogo e pena che sì li aviene. Lo quarto senso è detto senso anagogico per lo quale s’interpreta spiritualmente li esempli e comparazioni della detta Comedia, sì come quando fa menzione d’alcuna persona che non si dee intendere che quella persona sia perciò in inferno altrove, perchè è ignoto e secreto a’ mondani, ma spirituale s’intende che quello vizio che è attribuito a colui, overo vertude, per tale modo è purgato, overo remunerato, per la iustitia di Dio. Or veduti li sensi che può avere la detta Comedia è da sapere che la prima parte ello distingue per XXXIII Capitoli, in li quali si tratta tutta la condizione overo condizioni che puonno avere le anime dannate. In lo primo e in lo secondo proemiza come trovò Virgilio che ’l venne a soccorrere per li prieghi di Beatrice. In lo terzo punisce l’anime ch’enno state di debile cuore e vinte da cattivitade e tristitia. In, lo quarto mette li innocenti non battezzati. In lo quinto punisce li lussuriosi. In lo sesto punisce li golosi. In lo settimo punisce li avari e li prodighi e l’irosi. In l’ottavo punisce li superbi e arroganti. In lo nono punisce li eretici. In lo decimo punisce alcuni infedeli li quali non credettero che fosse Paradiso etc., e sono detti Epicurii. In lo XI distingue li luoghi. In lo XII li tiranni. In lo XIII li disperati che s’uccidono per sè medesimi. In lo XIV li sforzadori delle divine cose. In lo XV e in lo XVI punisce quelli che peccano contro natura. In lo XVII punisce li usurarii. In lo XVIII punisce l’ingannatori e ruffiani. In lo XIX punisce li simoniaci che vendono le spirituali cose per le temporali. In lo XX punisce li indivinatori e li augurii incantatori e affatturatori. In lo XXI e XXII punisce li barattieri che per danari tolleno l’onore alle sue cittadi. In lo XXIII punisce li ipocriti. In lo XXIV e XXV punisce li ladroni. In lo XXVI punisce alcuni crudeli li quali hanno nociuto ad altri per loro inganni e ingegni. In lo XXVII punisce quelli che consigliano fraudolentemente. In lo XXVIII punisce quelli che seminano scandalo in tra le persone. In lo XXIX e XXX punisce li alchimisti e falsatori di monete. In lo XXXI punisce li superbi cioè li giganti che per sua superbia volsono combattere con li dei. In lo XXXII e XXXIII punisce li traditori. In lo XXXIV e ultimo punisce lo Lucifero lo quale è fitto in lo centro della terra sicome in quella parte ch’è più di lungi dal cielo. Detta e trattata tutta la distinzione della prima parte è mo da venire alla esposizione. Vero è che in quelli luoghi là dove lo testo sarà sì averto che per se stesso s’intenderà non li faremo esposizione perchè sarebbe superfluo e d’avanzo.
Note
- ↑ tolle per toglie ed elli per egli, quelli per quegli e altre voci simili, sono alla scrizione antica e si vogliono conservare ovvero ritenere, perchè hanno molti autori che ne partecipano, compreso lo stesso Dante, e perchè resta memoria che in Italia i due ll uniti avanti la i si pronunciavano, come ancora si pronunciano, in Spagna, avanti a qualunquesiasi vocale.