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Le bacchette da calcolo e la notazione posizionale in base 10

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Le bacchette da calcolo e la notazione posizionale in base 10
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4.2 Le bacchette da calcolo e la notazione posizionale in base 10
4.2.1 Uno strumento di conteggio e calcolo

Il calcolo aritmetico ed algebrico è un interesse costante della tradizione matematica cinese così come l’elaborazione di rappresentazioni posizionali dei numeri interi. I cinesi predilessero la base 10 e non usarono frazioni sessagesimali per lungo tempo, il che fa pensare a scarsi contatti con l’area mesopotamica e greca (Boyer, 1980). Testimonianze assai remote documentano l’uso di pochi numerali fondamentali: caratteri e parole col significato di 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 100 1.000 10.000 usati per rappresentare altri numeri in segni numerali composti secondo precise regole.

Le bacchette numeriche (筹 chóu) sono strumenti concreti di calcolo che prevedono una rappresentazione dei numeri col sistema posizionale in base 10. Erano usate su tavole con colonne verticali che ne distinguessero bene le posizioni. Sono le antenate dei pallottolieri con cui si fanno tuttora i calcoli in molte regioni dell’Asia.

Hanno probabilmente avuto origine tra l’ottavo secolo p.E.v. ed il terzo secolo E.v., periodo che la tradizione ricorda come Epoca delle Primavere e degli Autunni (春秋时代 Chūnqiū Shídài) e Periodo degli Stati Combattenti (战国时代 Zhànguó Shídài). La Cina passò in quei secoli da un regime di monarchia schiavista redistributiva ad un regime di tipo feudale con grandissimi cambiamenti sociali e culturali. Le fattorie grandi e regolari suddivise in nove quadrati (come ricordato nel carattere che le indicava) furono ridotte ad aggregati minori in una terra divisa irregolarmente. Ciò rese essenziali nuove tecniche per le misure agricole. Il calendario fu aggiornato varie volte in ragione di necessità simboliche legate alla selezione dei gruppi dirigenti e rese necessari calcoli più accurati che in passato. Inoltre le innovazioni tecniche in agricoltura e nella produzione artigianale diedero impulso alla produttività sociale. Prese infine avvio una nuova forma di economia monetaria. Tutto ciò spinse alla ricerca di precise tecniche di calcolo.

Fu dunque sviluppata la tecnica delle bacchette numeriche da conteggio e da calcolo ed apparvero nelle fonti scritte i caratteri 算 (suàn, calcolare) e 筹 (chóu, bacchetta da calcolo). Nel testo fondamentale del Taoismo, il Classico della Via e della Virtù (道德经 Dào Dé Jīng VI secolo p.E.v.) di Lǎozǐ (老子), si dice che i buoni matematici ne sanno fare a meno. Numerali che ne derivano sono riportati sulle monete dell’epoca.

Altre fonti del VI secolo descrivono le bacchette come bastoncini di bambù a sezione rotonda di poco più di 2 mm di diametro lunghi quasi 14 cm. In mano se ne potevano tenere comodamente 271 legati in un anello rigido esagonale. In seguito divennero più corte e a sezione quadrata o rettangolare in modo da non muoversi troppo durante le operazioni di calcolo. Venivano realizzate in ossa, avorio, legno, metalli e contenute in borse od appositi astucci che tutti i pubblici ufficiali dovevano portarsi appresso.

4.2.2 Rappresentazione dei numeri interi con le bacchette

Come accennato la notazione dei numeri interi era posizionale in base 10. Nella prima fase i numerali fondamentali rappresentavano i naturali da 1 a 9 con altrettante bacchette giustapposte. In seguito i numerali evolsero in altre disposizioni di bacchette per i naturali da 6 a 10 per ragioni di praticità e di legame col conteggio con le dita della mano. Si riscontra un analogo fenomeno nei [p. 77 modifica]numerali romani. La forma più matura di questi numerali fu dunque quella delle due serie qui rappresentate in riga:

Inizialmente le bacchette erano disposte sempre verticalmente (come nella prima riga) ma poi per evitare equivoci nei numerali composti si sviluppò la regola di orientarle alternativamente: verticali per unità, centinaia, decine di migliaia, eccetera (cioè moltiplicatori di con n naturale pari o zero); orizzontali per decine, migliaia, eccetera (cioè moltiplicatori di con k naturale dispari).

Si svilupparono dunque le due serie di numerali fondamentali da usare in posizioni alterne. Da queste disposizioni di bacchette derivò in seguito un sistema simbolico di numerali scritti in notazione posizionale.

Sotto la spinta del sistema posizionale si avvertì presto la necessità di una rappresentazione per lo zero ed una sua successiva elaborazione concettuale. I matematici cinesi elaborarono allora un loro concetto di zero diverso da quello indiano (śūnya) per implicazioni filosofiche e statuto epistemologico: il líng (〇).

Il salto teorico successivo fu l’elaborazione dei numeri negativi che apparvero nel I secolo E.v. con la differenziazione dei colori: bacchette nere rappresentavano numeri negativi e bacchette rosse i positivi. Il processo di elaborazione fu lento e per un lungo periodo i matematici non accettarono un numero negativo come soluzione di un problema per cui possiamo sospettare che i numeri negativi avessero quindi uno status di stratagemma di calcolo più che di oggetto matematico vero e proprio. Si noti comunque l’anticipo sulla cultura matematica europea che, se tollerava un uso pratico non ben giustificato teoricamente presso mercanti ed economisti, permise l’ingresso ai numeri negativi nel novero ufficiale degli oggetti matematici solo più di un millennio e mezzo dopo. In Cina già nei Nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù) si fa notare l’equivalenza di sottrazioni tra numeri dello stesso segno ovvero addizioni tra numeri di segno opposto e valore assoluto uguale a quello dei primi (in termini moderni: a - b =+a +(-b) con a e b numeri interi positivi) ed il ruolo particolare dello zero, con le sue proprietà di elemento neutro ed altre tra cui: 0-(+a)=-a e 0-(-a)=+a . Da tali osservazioni appare una concezione operatoria anche della sottrazione che invece per noi contemporanei non è che l’effetto dell’addizione tra numeri di segno opposto.

Scheda
Líng (〇), lo zero cinese

La parola líng che oggi indica lo zero e che si può scrivere 〇 ha avuto nella lingua cinese diversi significati che si ritrovano in diverse opere letterarie (Wang, 2003). Ad esempio “pioggerellina” (I secolo E.v.), “pioggia minuta” (VI secolo E.v.), “cosa affievolita e caduta” (X secolo) e “dispari e [p. 78 modifica] poco più” (XVII secolo). Nei calendari antichi lo zero è rappresentato da uno spazio vuoto seguito da un carattere numerico come 初 (chū “il primo”). In altri testi storici ad accompagnare lo spazio vuoto si trova 端 (duān “inizio”), 本 (běn “origine”) e 空 (kòng “vuoto”).

Come segno matematico era inizialmente espresso con uno spazio vuoto (Wang, 2003). Nel sistema di notazione decimale a bacchette la cosa non generava confusione perché nei numerali composti si usavano alternativamente i numerali fondamentali nei due orientamenti: verticale per unità, centinaia, decine di migliaia,… eccetera; ed orizzontale per decine, migliaia, centinaia di migliaia, …eccetera . Per segnalare l’ordine di grandezza privo di moltiplicatori (cioè lo zero) bastava lasciare lo spazio vuoto che il lettore avrebbe interpretato correttamente trovandolo tra due numerali fondamentali della stessa serie. Ad esempio:

In molti libri antichi si trova poi il segno costituito da un quadratino bianco □ che in seguito si trasformo in un cerchio per la fretta nella scrittura. Il simbolo 〇 e usato stabilmente almeno dal XIII secolo. La prima comparsa è nel Trattato matematico in nove parti (数书九章 Shushū Jiǔzhāng) di Qín Jiǔshào (秦九劭) del 1247 (Bagni, 1996). Oggi i principali dizionari cinesi lo riportano, assieme al carattere 零 che si legge sempre líng e fa parte della serie di numerali testuali dàxiě.

Norme di scrittura del carattere antico per líng (zero)

Questo zero è una creazione cinese indipendente dal filone indiano (Wang, 2003) nata dall’algebra e dalle notazioni usate dai mercanti e dai contabili ufficiali che praticavano il calcolo con le bacchette.

Il sistema indiano con lo zero śūnya fece la sua comparsa in Cina nel VIII secolo in opere calendariali e fu adottato da alcuni matematici. Inizialmente era espresso con un puntino ・che segnalava lo spazio vuoto, un po’ come fanno certi macchinari di oggi. Questo sistema ebbe buona diffusione in Cina solo nel XIII secolo. Il simbolo contemporaneo 0 sostituì 〇 nelle opere a stampa solo alla fine del XIX secolo con la circolazione dei manuali di matematica inglesi e statunitensi con cui il colonialismo europeo impose al mondo la sua cultura matematica greco-araba ricca di contenuti e metodi di origine indiana.


Scheda
Calcolare con le bacchette 筹 (chóu)

Algoritmi di calcolo con le bacchette compaiono in diverse opere del l’secolo, tra cui il Manuale di calcolo di Sunzǐ (孙子算经 Sunzǐ suànjìng), il Manuale matematico di Zhāng Qiūjiàn (张邱建算经 [p. 79 modifica] Zhāng Qiūjiàn suànjìng) e le Memorie su metodi algebrici tradizionali (数术记遗 Shùshū jìyí) di Xú Yuè (徐岳).

Con questo strumento si possono eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, estrazioni di radice quadrata e cubica. Addizioni e sottrazioni si eseguono spostando le bacchette più o meno come le palline di un pallottoliere, strumento che apparirà in seguito. L’aspetto fondamentale in entrambi gli strumenti è il rispetto delle posizioni dei numerali fondamentali imposte dalla notazione posizionale.

Gli algoritmi per la moltiplicazione con le bacchette sono vari. Quello seguente, spiegato da Sunzǐ, richiede un rigoroso rispetto delle posizioni e veniva eseguito su tavole da calcolo quadrettate (Bagni 2006). Vediamo un esempio:

Ripercorrendone le tappe al contrario si ottiene un algoritmo per la divisione da cui deriva quello usato attualmente per iscritto in molte culture matematiche con numerali indo-arabi: [p. 80 modifica]

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Un altro algoritmo praticabile con le bacchette e la moltiplicazione per graticola. In ambiente mediterraneo esso venne usato dal grande scienziato persiano Mohammad Ibn Mūsā Khwārizmī (محمد بن موسى الخوارزمي vissuto 780-850) e fu introdotto in Europa nel 1202 nel Liber abaci del matematico e mercante pisano Leonardo Fibonacci (1180 – 1250) insieme al sistema di numerazione indo-arabo oggi adottato universalmente ed a molti altri contenuti matematici.

Vediamo alcuni esempi di moltiplicazioni per graticola:

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Un altro algoritmo per la moltiplicazione si ottiene incrociando le bacchette come nell’esempio seguente e contando ordinatamente i nodi. Occorre sempre fare attenzione ai riporti ma il sistema è decisamente semplice anche per numeri abbastanza alti:

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Si noti che la rappresentazione non è omogenea: i fattori sono rappresentati da bacchette mentre il prodotto da intersezioni. Se lo si deve usare in altri calcoli lo si deve riscrivere in un altro modo. Nella letteratura matematica cinese si ritrovano metodi per risolvere equazioni lineari, quadratiche, cubiche e persino di grado superiore in casi particolari. Alcune equazioni coinvolgono due, tre, quattro o più incognite.

4.2.3 Numerali a bacchetta scritti e notazione posizionale

Il più antico libro sul sistema decimale posizionale e il Mò Jìng (墨经 Libro del Maestro Mò, 330 p.E.v.), canone filosofico della Scuola Moista (墨家 Mòjiā) in cui si dice: “Uno è meno di due ma anche più di cinque. La spiegazione è data stabilendo la posizione.” E poi: “Ci sono degli uno in cinque e dei cinque in uno. L’ultimo uno è al posto più alto e quindi [rappresentando 10] contiene due cinque”.

Nel Manuale matematico dei Cinque Dipartimenti Amministrativi (五曹算经 Wǔcáo suànjìng) del l’secolo E.v. compaiono i numerali a bacchetta, segni scritti derivati dal sistema di rappresentazione usato nella tecnica di calcolo con le bacchette (Bagni, 1996) e regolati dalla logica posizionale. Sono qui riportati per comodità del lettore i numerali fondamentali, cioè i simboli per i naturali da 1 a 9:

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Ad essi venne più tardi aggiunto lo zero (〇 o 零 líng). Le due forme, verticale ed orizzontale, servono ad evitare gli equivoci generati da una giustapposizione disordinata come si è detto. Questi numerali erano la versione scritta di quanto rappresentato con le bacchette. Quando la prassi di calcolo con bacchette fu soppiantata dal pallottoliere questo sistema di scrittura sopravvisse e diede origine ad alcune forme tuttora in uso, tra cui i numerali huāmǎ (花碼 ).

Dal XIII secolo i numeri negativi vennero scritti con gli stessi numerali usati per i positivi ma con l’ultima cifra sbarrata da un tratto obliquo.