Catullo e Lesbia/Annotazioni/2. In morte del passere - III Finis passeris
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III.
Pag. 158. Quem plus illa oculis amabat.
Amar più dei proprii occhi è frase comune al linguaggio popolare e ai poeti. Catullo se ne compiace più volte. (Carmi, XIV, XXXI, LXXXII, CIV.) Gli occhi difatti, che, a dir di Plinio, lucis usu, vitam distingunt a morte, son la parte più nobile del nostro corpo, lo specchio dell’anima, la via più diretta d’Amore,
Che fere gli occhi si, che dentro al core |
e non soltanto la via, ma la sede:
Negli occhi porta la mìa donna Amore, |
E similmente Gino da Pistoia:
Nel tempo che dei suoi occhi si mosse |
Ed altrove, con maggior leggiadrìa:
Il sottil ladro che negli occhi porti |
Onde si muove e d’onde nasce Amore? |
Occhi miei, pupille degli occhi, o dell’anima mia, fu però detto di ogni cosa carissima. Plauto:
Ubi sunt isti |
e altrove:
Ocelle mi, fiat et istuc, et si amplius vis dari, |
E il Foscolo:
Ma per te le mortali ire e il destino |