Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d'oro e d'argento dove non sono miniere/Parte terza/Proemio

Proemio

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Parte terza Parte terza - Capitolo I

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PROEMIO

Si suole da non puochi dir volgarmente che, conosciuta la causa del male, sia facile il remedio. Cosí lo dice l’istesso De Santis nel principio del suo Discorso. Ma non ritrovo questa commune di volgari, o poco meno, opinione esser vera, non solo generalmente in tutte le cose, ma in nissuna. Ché, quantunque un medico sappia benissimo la causa d’una febre putrida e acuta, non li sará facile il remedio, e piú volte con qualsivoglia difficultá non ve lo ritrova; e cosí saprá la causa d’una epilepsia e apoplesia e altre spezie d’una indisposizione di fegato e di stomaco, e cosí d’una ferita mortale, e non ve saprá ritrovare né facile né difficile remedio. E, per lasciar di discorrere sopra diverse facoltá e arti, trattando sopra la materia propria, de pochi disordini che succedono nelli Stati non si ha la causa cosí facile, ma della maggior parte è manifesta; nientedimeno non solo non è cosí facile di remediare alli disordini predetti a chi governa, ma il piú delle volte si rende tanto difficile, che con esorbitante provisione meno vi si arriva; che, per essere cosa nota, non occorre diffondersi in questo. E, per constituire questa proposizione vera, si dirá che, sapendosi la causa del male, sia piú facile e possibile ritrovar remedio che non sapendosi; e che, sapendosi la causa, se sará potente o per qualitá propria o accidentale, il remedio sia difficile e non sempre possibile. Perciò, essendo la causa del male di non far venire per l’estrazione de la robba denari in Regno l’entrate che tengono forastieri in quello e ancora l’industrie che vi fanno per [p. 208 modifica]la negligenza degli abitatori, come si è detto — ed è tanto vero, che il detto De Santis, non considerando forse a quel che avea detto prima, trattando perché li forastieri non convertano le terze in capitale, dice che non vi resta piú che vendere, avendosi li forastieri sorbito il sangue de tutti particolari del Regno, in tanto che a nisciuno resta quasi piú vita né robba per obligarla; e segue dicendo: "È tanto vero, che mi obliga a dir cosa che non conveneria dire: che converria che Sua Maestá facesse sospendere li pagamenti di terze a forastieri per mesi sei" (queste sono le sue proprie parole, e parla a rispetto dell’entrate sole, senza considerar l’industrie che vi fanno, e dopo con queste si ha da unire il retratto delle mercanzie che vengono da fuora per il Regno, de quali ha necessitá, e ascendono alla quantitá detta nella prima parte), - sí che è potentissima: quanto dunque sará difficile il remedio? E, essendo tanto potente la causa del male e per propria qualitá e accidentale, che per il remedio della sola causa dell’entrate, quale è minore dell’altre due, non sa ritrovare altro remedio, fuorché tale che confessa non convenire di dirlo; or che sará, congiungendo con l’entrate la causa dell’industrie e il ritratto di mercanzie, che, per la difficultá grandissima (come ho detto nella seconda parte), si è fuggito dall’intelletto apprendere la certezza di questo? Perciò, dovendo trattare di questo remedio, quale è difficilissimo, e per esso si sono fatte piú provisioni e non sono riuscite, essendo la causa del male tanto potente, prima si discorrerá delli remedi tentati o d’altri si potessero proponere per tentarsi, se giovano o possono giovare al detto male e doveano essere potenti di fare abbondare d’oro e argento il Regno o, per dir meglio, soccorrernelo che non fusse in tanto bisogno; e dopo si trattará delli veri, secondo la qualitá che la materia ricerca, con la cautela necessaria. E cosí si sará complito a quanto si è promesso.