Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d'oro e d'argento dove non sono miniere/Parte seconda/Capitolo XII

Capitolo XII

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CAPITOLO XII

Degli altri effetti, che dice seguitare da detta pragmatica, se siano veri.

La sesta difficultá, che dice aver ritrovata ed essere di molta considerazione, ciò è che li negozianti di Regno e altri luochi non vorriano piú comprare le robbe per cavarle fuora, per il mancamento del guadagno del cambio; poiché, essendo cresciuto in Regno il prezzo delle robbe, con portarle fuora non si guadagna fuorché nel cambio, il quale tolto, si lascia di comperare. Al che risponde, dicendo questa difficultá esser vana, per aver dimostrato con ragioni demostrative tutti gl’inconvenienti nascere dall’alto e disordinato cambio, e, dovendosi remediare a questo, non fa il caso l’interesse d’alcuni particolari. Al che si potria dire che, essendosi tutte sue ragioni resolute, e fattosi conoscere che niuno disordine apporti al Regno il cambio alto o basso, che resti la difficultá risoluta. E, se fosse vero l’assunto che non vi fosse altro guadagno che del cambio alto, e, quello mancando, mancaria di estraersi la robba, la pragmatica dovea essere alzare piú il cambio; ma l’assunto non è vero, ché, se sono incarite le robbe in Regno, bisogna che piú incariscono fuora, e, se non incarissiro, come son salite di prezzo, ritornariano a calare. Sí che la difficultá saria stata nulla, se fusse stato a proposito il bassare il cambio.

Segue la settima difficultá, che è: l’altre piazze, riformando loro il cambio a segno che sará il medesimo, impediranno l’effetto. Al che risponde che questa ragione non è pratticabile, per cambiare tutte le piazze, fuorché Fiorenza, con moneta [p. 204 modifica]effettiva (contradicendosi a quel che ha detto di sopra, mentre facea al suo proposito, che il scudo di cambio è aereo), né d’altra maniera potriano impedire che, crescendo o diminuendo il scudo di prezzo, lo che facendo, causaria, in ognuno delli modi, che tutto l’oro o l’argento venesse in Regno. Lo che è mero pensiero; e, perché se ne ha da trattare nella terza parte, quando si discorrerá se crescere o bassare monete proprie o forastiere possa importare di fare venire o mancare monete nelli regni, si tralascia. Ma, in quanto spetta alla presente difficultá, ho ritrovato il modo facile e diretto d’impedire e fare ritornare la provisione vana, se a loro avesse causato danno notabile, di riformare eglino nel medesimo modo e far l’ordine medesimo di limitare il prezzo, alzandolo e non bassandolo, come si è detto di sopra; né a questo importaria la moneta essere effettiva. E che ciò sia vero, lo confessa esso nel scudo aereo di Fiorenza, nel quale dice che possea bassare il prezzo, apprezzandosi lire sette; e in tal caso dice che il Regno dovea tanto piú bassare il prezzo del cambio, come dopo non avesse possuto Fiorenza bassare di nuovo il prezzo del scudo. E, se replicava, replicare: — Perché dunque non potria essere il medesimo nel limitare o alzare il prezzo al cambio come al scudo? E, dato che fusse vero l’assunto, l’altre piazze non posseano impedire, come Fiorenza, per essere la moneta di cambio effettiva e non aerea, nella quale, mutandosi prezzo, si causasse danno? Perché non posseano le piazze, volendo, la moneta del cambio farla diventare aerea da effettiva? — Nisciuna cosa l’impedeva, con altre ragioni in contrario, che si lasciano.

Circa l’ottava difficoltá, che falliranno molti mercanti; e la nona, se fusse usurario; e la decima, se questa pragmatica facea che la piazza di Napoli mettesse legge all’altre piazze, non occorre discorrere, per non importare al proposito, e voler rispondere a pensieri e difficultá senza fondamenti, e diffondersi ed empire carte; e cosí sopra l’altre difficultá, giaché si è detto soverchio per il fine per il quale si è fatto il discorso, se è vero o falso, non è del mio intento.