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L’opinione degli altri

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La falena e il lume La serena ignoranza

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L’OPINIONE DEGLI ALTRI.


Fin dalla prima infanzia Gustavo Montevarchi aveva dedicato alla sua quasi coetanea amica Isabella un affetto devoto profondo tenace, uno di quei nobili sentimenti che accompagnano immutabili la vita di un uomo e ne provano la naturale bontà, quando non vi si opponga la scettica malvagità dei suoi simili.

Le loro famiglie erano state per parecchi anni vicine di casa al tempo in cui Isa e Gustavo sgambettavano ancora coi polpacci nudi negli abitini azzurri alla marinara e andavano a scuola tenendosi per mano come due piccoli fidanzati, e la fanciullezza e l’adolescenza erano trascorse senza che la buona amicizia infantile, schietta e serena come una fraternità, fosse turbata dal tempo e dalle vicende.

A ventidue anni Gustavo si era laureato [p. 27 modifica]ed Isabella aveva preso marito, ma questi avvenimenti non mutarono l’affettuoso sentimento degli amici, nè diminuirono la loro tranquilla intimità. Anzi l’accrebbero, poichè Ferdinando Guerrieri, il marito, si legò anch’egli di profonda cordialità con l’amico della moglie e lo ammise in casa sua a tutte le ore, lo volle compagno assiduo d’ogni passatempo e partecipe d’ogni solennità.

Gustavo Montevarchi, bel giovine, abbastanza intelligente, ma di carattere mite e passivo, mancava di qualsiasi acume nel giudicare l’umanità che da vicino o da lontano lo circondava, cosicchè rimase perplesso e stupefatto quando, dopo circa un anno dal matrimonio d’Isabella, durante una gita artistica organizzata da alcune signorine di buona volontà, udì una di esse, al termine d’una conversazione sulle opportunità coniugali, rivolgergli questa frase acuminata da un sorriso pungente: — Quanto a lei, Montevarchi, si sa da tutti che in fatto di moglie preferisce quella degli altri.

Egli fece un rapido esame di coscienza e fra i suoi poco numerosi e molto veniali peccati d’amore non si scoperse neppure una moglie altrui. Era così lontano dal pensiero che l’insinuazione fosse diretta ad Isabella Guerrieri che s’accontentò di sorridere misteriosamente come per canzonare la male informata calunniatrice e non s’accorse nep[p. 28 modifica]pure che avvalorava con questo silenzio circospetto le opinioni della maldicente brigata.

Nè egli cercò per l’avvenire di mettere sè e l’amica al riparo dal sospetto tanto la serenità della loro innocenza lo faceva inconsciamente sicuro e temerario.

Ferdinando Guerrieri era una singolare figura di scienziato moderno, irrequieto di cuore e di spirito, tormentato da troppe incoerenze sentimentali e da troppe curiosità intellettuali per trovare nelle pacate blandizie del matrimonio quel soddisfacimento dell’anima e quella pace dei sensi che vi aveva da principio cercato e s’era illuso di possedere. Quella moglie giovine, bella, innamoratissima gli pareva ormai dopo alcuni anni di fedeltà una piccola tiranna un po’ troppo dispotica alla quale occorreva sacrificare parecchie di quelle magnifiche teorie di libertà reciproche e di opportuni adattamenti ch’egli bandiva dai libri e dalla cattedra ma che riuscivano in pratica di difficile attuazione.

Gustavo Montevarchi lo sollevava alquanto da tutta la parte decorativa dello stato coniugale la quale pesava enormemente al suo spirito sdegnoso e intollerante e gli accompagnava la moglie al teatro, alle corse e alle conferenze assoggettandosi a quell’ufficio di cavaliere o, come egli stesso diceva sorridendo, di vice-marito, con una perfetta grazia [p. 29 modifica]priva perfino di qualunque ombra di galanteria. Gli pareva naturale che Isabella si mostrasse in sua compagnia da un palco di teatro o da una tribuna di riunione mondana, come si mostrava a sei anni nei giardini pubblici occupata con lui in una corsa al cerchio ed a quindici in una partita di tennis. La sua fraternità devota, rafforzata da una lunga consuetudine lo salvava senza merito da qualsiasi tentazione, mentre la viva passione di Isabella Guerrieri per suo marito le impediva di sentire spiacevolmente quell’assoluta mancanza d’omaggio galante che ogni donna bella e ammirata esige dagli uomini come un dovere.

Ma un giorno, durante una passeggiata in automobile, alla quale Ferdinando aveva all’ultimo momento rinunciato, accadde un incidente di strada che ebbe gravi conseguenze soltanto per la vettura, ma che raccontato nelle cronache dei giornali con qualche abbondanza di particolari mise i loro due nomi, accoppiati dalla elegante e pettegola maldicenza dei salotti, sulle bocche di tutti.

La sera dopo Gustavo finiva di pranzare al circolo coi suoi amici, già quasi dimentico dell’accaduto, quando uno d’essi gli battè confidenzialmente sulla spalla chiedendogli notizie della graziosa signora Guerrieri con un tono d’allegra complicità che richiamò l’attenzione degli altri. E tutti sogghigna[p. 30 modifica]rono maliziosamente tra il fumo, sdraiati in varie pose disinvolte sulle loro poltroncine, quando Montevarchi rispose piuttosto freddamente:

— Io credo che la signora Guerrieri stia benissimo; del resto la sua salute è cosa che riguarda suo marito, non me.

— Via, — insistette l’amico, conciliante — non vorrai, credo, sostenere che proprio suo marito l’abbia mandata a passeggiare sola con te nella tua macchina perchè ti facesse perdere la testa fino a voler saltare i paracarri.

— La testa se mai l’avrei perduta prima d’ora, — osservò Gustavo con semplicità, — ci conosciamo fin da bambini.

— Come Dante e Beatrice, — mormorò qualcuno con benevola ironia.

— E poi sono tanto amico di Ferdinando, che la vostra supposizione è addirittura assurda, — ribattè seccato Montevarchi; — senza contare che la signora Guerrieri è innamoratissima del marito.

— Insomma, — replicò l’altro, — questa signora si è affidata ad ottime mani. Ti dimostri di una discrezione veramente ammirevole, ma anche esasperante. Che voi siate più che intimi è ormai l’opinione di tutti quanti.

— Ma vi assicuro che tutti quanti si sbagliano, — ripetè di malumore Gustavo. [p. 31 modifica]

Egli si difendeva ora blandamente, senza sapere con esattezza se desiderava più di essere creduto o di non esserlo. E finì col tacere quasi assentendo quando l’amico che aveva tentato le prime allusioni dichiarò con tono reciso ed autorevole:

— Concludendo, le tue continue assiduità presso quella signora pubbliche e private, di giorno e di notte, in città e fuori, non avranno certo per iscopo un innocente e stupido cicisbeismo, il quale del resto ti farebbe ben poco onore.

Gustavo uscì poco dopo e si ricordò d’aver promesso una visita ad Isabella avanti di rincasare, ma i discorsi di poco prima gli insistevano ancora troppo spiacevolmente nella memoria perchè egli potesse rivederla con la tranquilla serenità delle altre volte, e si diresse a casa. Le ultime parole dell’amico gli mettevano nell’anima un disagio quasi penoso, turbavano una sua onesta e chiara situazione sentimentale, intorbidivano di dubbi e di timori una consuetudine d’amicizia ritenuta immutabile.

L’opinione degli altri era questa: che Isabella fosse la sua amante oppure ch’egli fosse uno sciocco. La prima ipotesi era sbagliata e la seconda lo offendeva profondamente in quanto di più buono e di più gentile vi era nella sua vita. Come avrebbe mai potuto considerare Isa come una preda, come una pos[p. 32 modifica]sibile amante? Non erano andati a braccetto e non s’erano dato del tu fino alla vigilia del matrimonio? E perchè allora non l’avrebbe sposata egli stesso, invece di continuare ad esserle un amico devoto come prima, più di prima? Ma tutto ciò era ritenuto dagli altri uno stupido cicisbeismo il quale gli faceva ben poco onore.

In queste e in altre consimili meditazioni s’addormentò tardissimo, ma il domani si trovò più calmo e potè dire a sè stesso che i giudizi dei suoi amici erano vuote chiacchiere, mentre il suo affetto per Isa era una realtà buona e consolante d’ogni giorno. Tuttavia ritardò fino alle ore del pomeriggio la promessa visita e quando suonò alla porta della Guerrieri fu accolto dalla cameriera con un sorriso e un sospiro di sollievo.

— Il professore è uscito — lo informò — e la signora è a letto con un po’ di febbre per lo spavento provato l’altro ieri.

— Ne sono desolato, — mormorò Gustavo — e trasse un biglietto per scrivere qualche parola di saluto e ritirarsi.

Ma la cameriera vi si oppose:

— No, no; la signora lo aspetta certamente; lei può passare, lei, — e sorrise anch’essa calcando sulla parola con un’aria di complicità indulgente che lo irritò.

Isa affondava le spalle e il capo in molti cuscini e nella penombra della camera in[p. 33 modifica]vasa da un acuto profumo di lavanda non si scorgevano dapprima che i suoi capelli neri sparsi sul guanciale e la bocca e gli occhi accesi dalla febbre. Ella gli tese languidamente una mano e gli accennò una poltroncina a piè del letto.

— Ferdinando è andato alla sua lezione, — gli susurrò, — ma prima di uscire mi ha detto: «Verrà Gustavo a tenerti compagnia».

Egli teneva fra le sue una di quelle sottili mani febbricitanti e non poteva parlare. Per la prima volta quella donna gli appariva diversa dalla sua piccola amica di un tempo, in quell’atteggiamento abbandonato di languore febbrile che gli era ignoto, con quella gran chioma sfatta nera ondulata che le affinava il viso e lo circondava di voluttuoso mistero.

Come gli sarebbe stato facile chinarsi nell’ombra e baciare quelle palme aride, all’improvviso, senza ch’ella le potesse sottrarre!

— Vorrei bere, — ella mormorò additando il bicchiere d’acqua e caffè ghiacciato che stava sul tavolino accanto. E queste parole ricondussero Gustavo alla realtà. Egli s’alzò e glie lo porse, sorridente e garbato come una infermiera, risedette a piè del letto e incominciò a discorrere con l’inferma a frasi brevi e rare per non affaticarla. Pensava intanto con un po’ di scherno per sè stesso alla [p. 34 modifica]sua repentina e folle tentazione di poc’anzi e immaginava con quale stupore, con quale sdegno Isa lo avrebbe respinto e rimproverato.

Avevano ragione i suoi amici: egli era l’innocuo cicisbeo destinato a sostituire stupidamente il marito in quasi tutta la parte decorativa e in molte parti tediose della vita coniugale. Si contentava dell’affetto di Isa, dell’amicizia di Isa. Ma poteva egli credere a questi sentimenti? Quali prove ne aveva avute? Non era Isa una graziosa egoista a cui l’amico innocuo tornava utile, col quale si poteva sfogare e confidare e ingannare alla men peggio le ore di intimità che il marito le rifiutava? Non era egli infine il comodo e fedele servitore sentimentale di entrambi?

— Così presto? — si lamentò Isa mollemente poichè vide Gustavo alzarsi e disporsi ad uscire.

— Bisogna ch’io vada; ho un affare, — e non confessò che se rimaneva un’altra mezz’ora in quella camera avrebbe finito per odiarla e per giurare a sè stesso di non ritornarvi mai più.

— Domani? — ella chiese porgendogli le dita e chiudendo gli occhi in atto di stanchezza. — E Gustavo notò per la prima volta che le sue palpebre erano brune, come bruciate dall’ardore dello sguardo. Allora ritrasse [p. 35 modifica]la mano perchè Isa non s’accorgesse che tremava.

Da quel giorno egli non potè varcare la soglia di quella casa senza provare un senso oscuro di fastidio e quasi di riluttanza, ed ogni volta dovette sostenere una intima lotta con sè medesimo e concedere alla vile debolezza, alla dolce consuetudine e fors’anche ad un altro più torbido sentimento di vincere sopra la volontà e l’orgoglio.

L’altro più torbido sentimento gli impediva di gustare la deliziosa intimità di Isabella Guerrieri con quell’anima di fanciullo sereno che gli sorrideva un tempo negli occhi e nelle parole. Ora si sorprendeva troppo spesso a guardarla in silenzio od a rispondere a caso alle sue domande mentre Ferdinando gli batteva sulla spalla e gli domandava ridendo: — Ma dimmi, Gustavo, sei forse innamorato?

La fiducia illimitata di quel marito lo urtava e la gentile schiavitù in cui quei due lo tenevano lo esasperava ogni giorno più. Ed anche si irritava contro sè stesso per essere rimasto così a lungo incosciente del suo stato, per aver dovuto scuotersi e sentire la sua comica situazione soltanto quando gli amici suoi ve lo avevano costretto, quando l’opinione degli altri lo aveva illuminato. E mentre Ferdinando gli diveniva di più in più insopportabile, Isa lo attirava e lo respin[p. 36 modifica]geva in un avvicendarsi insensato di tenerezza e di odio.

E il pensiero che quella donna alla quale non aveva mai baciato la mano gli fosse attribuita da tutti come amante, non abbandonava più il suo spirito e vi suscitava continuamente visioni conturbatrici.

Per buona sorte la breve malattia della signora Guerrieri le impose la necessità di una convalescenza in campagna e fu scelta a tale scopo una villetta sui colli non molto lontana dalla città. Ferdinando tentò ogni mezzo per indurre l’amico ad accompagnarli, ma non vi riuscì e partì in automobile solo con la moglie, senza nemmeno dissimulare il suo cattivo umore.

Parve per due o tre giorni a Gustavo di essersi finalmente liberato da quell’equivoco ed umiliante stato di cose e di coscienza. Rispose gentilmente ai saluti di Isa ed alle impertinenze di suo marito e si dispose a vivere come un individuo indipendente e solo che ha qualche dovere a cui sottostare e molti diritti da far valere. Senonchè il pensiero d’Isa convalescente e di suo marito crucciato sperduti in quella villetta sui colli e forse irritati contro di lui non gli dava tregua sopratutto nelle ore d’isolamento. Ed egli s’accorgeva di non aver mai conosciuto prima d’ora le ore vuote e fredde della solitudine. Quando s’annoiava correva in casa [p. 37 modifica]d’Isa e stava ad ascoltare i suoi discorsi o i suoi silenzi con il tranquillo benessere di chi si sente non completamente inutile al mondo. E gli accadeva ora di capovolgere i propri ragionamenti sulla necessità d’essere liberi e soli, riconoscendo per certi momenti della vita l’utilità indispensabile di qualche legame.

Ma nessun legame femminile più lo attirava dopo che egli aveva tremato guardando le palpebre oscure d’Isabella, ed immagini tormentatrici di lei continuarono a turbare i suoi sonni e le sue veglie con le prime e più terribili ossessioni del desiderio.

Dopo due settimane gli capitò un mattino in casa Ferdinando mentr’egli stava ancora a letto e gli raccontò sbuffando che lassù in campagna si moriva di noia e non si parlava che di lui e della estrema necessità della sua presenza. Egli aveva per proprio conto inventato un congresso a Parigi al quale doveva assolutamente partecipare e veniva a scongiurarlo di rendergli possibile questa vacanza sostituendolo presso Isabella.

Gustavo cedette con una sorprendente facilità alle preghiere dell’amico e partì in automobile il giorno stesso, troppo felice per sottilizzare ancora sulla schiavitù, sulla dignità e sull’onore.

Quando giunse era notte fatta ed Isa leggeva aspettando, sdraiata sul piccolo divano [p. 38 modifica]della sua camera. Forse ignorava che suo marito non sarebbe rientrato poichè udendo i passi nel salotto attiguo alzò il capo e domandò:

— Sei tu, Ferdinando?

— No, sono io: Gustavo, — egli disse apparendo sulla porta, ed Isa balzò in piedi e gli corse incontro con un sorriso così raggiante che parve illuminarla tutta.

— Finalmente! — esclamò stringendogli le mani. — Si stava tanto male senza di voi! Ferdinando aveva i nervi, io la malinconia e tutti e due eravamo insopportabili. Ora non vi lascio più fuggire. Mai più.

Ma Gustavo non parlava. Seduto accanto a lei sul piccolo divano, sorrideva un po’ pallido e non abbandonava le sue mani. Le sollevò d’un tratto fino alle labbra e le baciò con gli occhi socchiusi e nel volto una espressione d’angoscioso rapimento.

— Gustavo, Gustavo che fai? — ella mormorò con affanno, ritornando senza avvedersene al dolce tu della loro infanzia. Egli volle darvi un senso più profondo e le circondò le spalle col braccio avvicinandola a sè, guardandola in fondo agli occhi.

Ella non gli sfuggì; lo fissò con una sorpresa piena d’inquietudine ma senza sdegno, arrossendo a poco a poco come se una fiamma le salisse lentamente dal cuore.