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L'eredità - 22. Il segreto e la trasparenza

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22. Il segreto e la trasparenza


Una costante, nella vita di Aaron, fu l’attivismo. Gran parte delle sue energie furono dedicate alla battaglia per la trasparenza e, allo stesso tempo, alla ricerca di modalità per consentire a soggetti a rischio – ad esempio: fonti giornalistiche, informatori e whistleblower – di poter attivare canali sicuri di informazione, che proteggessero i loro segreti. Gli ultimi progetti, nelle settimane prima della morte, erano specificamente dedicati a questo.

Con riferimento, in particolare, alla lotta per la trasparenza, il suo mentore fu, sin dagli inizi, l’attivista Carl Malamud.

Sarà proprio Malamud a ricordarlo in un articolo intitolato “L’esercito di Aaron”, dove metterà bene in luce questa sua caratteristica.

Non si pensi per un attimo – ammonisce, innanzitutto, Malamud – che il lavoro di Aaron su JSTOR sia stato l’atto casuale di un hacker solitario, una sorta di folle download di massa. JSTOR è stato a lungo oggetto di critiche feroci da parte della rete. Larry Lessig ha definito, in un discorso, JSTOR un “oltraggio morale”, e devo confessare che mi stava citando. Non eravamo gli unici a soffiare sul fuoco. Sequestrare la conoscenza dietro barriere di pedaggio, rendendo le riviste scientifiche accessibili solo a pochi ragazzi abbastanza fortunati da frequentare università di lusso e facendo pagare 20 dollari ad articolo al restante 99% di noi, era una ferita aperta. Questa situazione ha offeso molte persone. Ha messo in imbarazzo molti di coloro che hanno scritto quegli articoli, che hanno capito che il loro lavoro era diventato il margine di profitto di qualcuno, un country club della conoscenza per soli soci. Molti di noi hanno contribuito ad alimentare quelle fiamme. Molti di noi oggi si sentono in colpa per aver alimentato quelle fiamme.

Le intenzioni di Aaron come attivista, dice però Malamud, erano ben più nobili, e ampie, di quel singolo aspetto.

Nel corso degli anni aveva, con il suo entusiasmo, contagiato tante persone e avviato iniziative che, per la prima volta, riuscivano a usare le tecnologie più innovative per far comunicare online tutti gli individui che avevano un obiettivo comune, indipendentemente da età, residenza e cultura.

JSTOR era solo una delle tante battaglie – continua l’amico di Aaron – Hanno cercato di dipingere Aaron come una sorta di hacker solitario, un giovane terrorista che si è lanciato in una follia che ha causato 92 milioni di dollari di danni. Aaron non era un lupo solitario: faceva parte di un esercito, e ho avuto l’onore di lavorare con lui per un decennio. Avete sentito molte cose sulla sua vita straordinaria, ma stasera voglio concentrarmi solo su una. Aaron faceva parte di un esercito di cittadini che crede che la democrazia funzioni solo quando i cittadini sono informati, quando conosciamo i nostri diritti e i nostri doveri. Un esercito che crede che dobbiamo mettere la giustizia e la conoscenza a disposizione di tutti, [p. 216 modifica] non solo dei benestanti o di coloro che hanno preso le redini del potere, in modo da poterci governare più saggiamente. Faceva parte di un esercito di cittadini che rifiuta i re e i generali e crede in un consenso puro e in un codice in esecuzione.

Malamud ricorda, con una punta di commozione, il periodo in cui avevano lavorato insieme e le strategie di attivismo che, man mano, venivano elaborate. Il fine era uno solo: portare trasparenza, soprattutto nel settore pubblico, perché un cittadino consapevole era la premessa per qualsiasi altro discorso che si potesse fare su politica, corruzione, partecipazione e vita democratica. Il cittadino, per essere consapevole, doveva però essere in grado di accedere, in ogni momento e a costo zero, a tutti i documenti prodotti dallo Stato nel quale si trova a vivere.

Abbiamo lavorato insieme su una dozzina di database governativi – rammenta Malamud – Quando lavoravamo su qualcosa, le decisioni non erano affrettate. Il nostro lavoro spesso richiedeva mesi, a volte anni, a volte un decennio, e Aaron Swartz non ha avuto la sua giusta dose di decenni. Abbiamo esaminato, e spulciato, a lungo il database del copyright degli Stati Uniti, un sistema a dir poco obsoleto. Il governo – che ci crediate o no – aveva rivendicato il copyright sul database del copyright. Non capisco come si possa mettere sotto copyright un database che è espressamente citato nella Costituzione degli Stati Uniti, ma sapevamo che stavamo giocando con il fuoco violando i loro termini di utilizzo, quindi siamo stati attenti. Abbiamo preso quei dati e li abbiamo usati per alimentare la Open Library qui all’Internet Archive e per alimentare Google Books. Abbiamo ottenuto una lettera dal Copyright Office che rinunciava al copyright su quel database. Ma, prima di farlo, abbiamo dovuto parlare con molti avvocati con il timore costante che il governo ci trascinasse in tribunale con l’accusa di download di massa premeditato e doloso.

Malamud ci tiene a precisare come, da un lato, vi fosse la consapevolezza che lui e Aaron – e altri del team – stessero operando ai limiti delle regole; dall’altro, come non dovessero essere considerati dei criminali, bensì attivisti per il bene di tutti i cittadini, con azioni meditate.

Non si trattava di atti di aggressione casuale – ci tiene a precisare Malamud – Abbiamo lavorato sui database per migliorarli, per far funzionare meglio la nostra democrazia, per aiutare il nostro governo. Non eravamo criminali. Quando abbiamo prelevato 20 milioni di pagine di documenti della Corte distrettuale degli Stati Uniti da dietro il muro a pagamento del PACER, che costa 8 centesimi a pagina, abbiamo scoperto che questi documenti pubblici erano infestati da violazioni della privacy: nomi di minorenni, nomi di informatori, cartelle cliniche, cartelle sulla salute mentale, cartelle finanziarie, decine di migliaia di numeri di previdenza sociale. Eravamo degli informatori e abbiamo inviato i nostri risultati ai presidenti di 31 tribunali distrettuali, i quali sono rimasti scioccati e costernati e hanno modificato quei documenti, hanno richiamato gli avvocati che li avevano [p. 217 modifica] depositati e, alla fine, la Conferenza giudiziaria ha cambiato le regole sulla privacy. Ma sapete cosa hanno fatto i burocrati che gestivano l’Ufficio amministrativo dei tribunali degli Stati Uniti? Per loro non eravamo cittadini che miglioravano i dati pubblici, ma ladri che si erano presi 1,6 milioni di dollari di loro proprietà. Così hanno chiamato l’FBI, dicendo che erano stati violati da criminali, una banda organizzata che stava mettendo in pericolo il loro flusso di entrate da 120 milioni di dollari l’anno, vendendo documenti pubblici dello stato. L’FBI si posizionò davanti alla casa di Aaron. Lo chiamarono e cercarono di convincerlo a incontrarli senza il suo avvocato. L’FBI ha fatto sedere due agenti armati in una stanza per gli interrogatori con me per andare a fondo di questa presunta cospirazione. Ma non eravamo criminali, eravamo solo cittadini.

Questa reazione spropositata dello Stato, per Aaron e Malamud incomprensibile, non ha però frenato la loro voglia di cambiare il sistema, né ha scalfito la loro convinzione di essere dalla parte giusta. Avevano, però, compreso sulla loro pelle come il “toccare” banche dati considerate critiche nel sistema di governo potesse generare conseguenze imprevedibili e muovere, addirittura, i vertici del sistema investigativo nazionale.

Non avevamo fatto nulla di male – si giustifica Malamud – Loro non hanno trovato nulla di male. Abbiamo fatto il nostro dovere di cittadini, e l’indagine del governo non ha portato a nulla, se non a uno spreco di tempo e denaro. Se volete generare un effetto terrorizzante, fate sedere qualcuno con un paio di agenti federali zelanti per un po’ di tempo e vedrete quanto rapidamente gli si raffredda il sangue. Ci sono persone che affrontano il pericolo ogni giorno per proteggerci – agenti di polizia, vigili del fuoco e operatori di emergenza – e sono grato, e stupito, per ciò che fanno. Ma il lavoro che facevamo io e Aaron, che ci occupavamo di distribuire DVD e di eseguire script in shell su materiale pubblico, non dovrebbe essere considerato una professione pericolosa. Non eravamo criminali, ma sono stati commessi dei crimini, crimini contro l’idea stessa di giustizia. Quando il Procuratore ha detto ad Aaron che doveva dichiararsi colpevole di 13 reati per aver tentato di diffondere la conoscenza, prima di prendere in considerazione un accordo, si è trattato di un abuso di potere, di un abuso del sistema giudiziario penale, di un crimine contro la giustizia. E quel procuratore non agisce da solo. Fa parte di una posse intenzionata a proteggere la proprietà, e non le persone. In tutti gli Stati Uniti, chi non ha accesso ai mezzi non ha accesso alla giustizia e deve affrontare ogni giorno questi abusi di potere.

Carl Malamud ventila il sospetto, nel suo scritto, che queste battaglie per la trasparenza, effettuate con tecnologie innovative e con uno sfoggio di conoscenza, e competenza, informatica tale da intimorire i “dinosauri” dello Stato, abbiano portato a una vera e propria strategia di vendetta da parte della politica nei loro confronti. Trasparenza e segreto sono, in sintesi, argomenti che non devono essere toccati. [p. 218 modifica]

Nel caso JSTOR – riflette Malamud – la posizione eccessivamente aggressiva dei pubblici ministeri e delle forze dell’ordine del Dipartimento di Giustizia è stata forse una vendetta, perché erano imbarazzati dal fatto che – almeno secondo loro – in qualche modo l’avessimo fatta franca nell’incidente del PACER? La spietata azione legale nel caso JSTOR è stata la vendetta di burocrati imbarazzati perché sono apparsi stupidi sul New York Times, perché il Senato degli Stati Uniti li ha messi al tappeto? Probabilmente, non sapremo mai la risposta a questa domanda, ma di certo sembra che abbiano distrutto la vita di un giovane uomo, con un meschino abuso di potere. Non si trattava di una questione criminale, Aaron non era un criminale. Se pensate di possedere qualcosa e io penso che quella cosa sia pubblica, sono più che felice di incontrarvi in un tribunale e – se avete ragione – mi prenderò le mie responsabilità se vi ho fatto un torto. Ma quando mettiamo gli agenti armati contro i cittadini che cercano di aumentare l’accesso alla conoscenza, abbiamo infranto lo stato di diritto, abbiamo profanato il tempio della giustizia. Aaron Swartz non era un criminale, era un cittadino, ed era un soldato coraggioso in una guerra che continua ancora oggi, una guerra in cui profittatori corrotti e venali cercano di rubare, accaparrare e affamare il nostro dominio pubblico per il loro guadagno privato. Quando si cerca di limitare l’accesso ai contenuti normativi, o di riscuotere pedaggi sulla strada della conoscenza, o di negare l’istruzione a chi non ha mezzi, queste persone sono quelle che dovrebbero affrontare lo sguardo severo di un pubblico ministero indignato.

La conclusione dell’articolo di Malamud mira a far sì che il sacrificio di Aaron non sia stato vano e a raccogliere ulteriori adesioni, e apprezzamenti, sull’azione che l’attivista continua, comunque, a portare avanti.

Quello che il Dipartimento di Giustizia ha fatto passare ad Aaron per aver cercato di rendere migliore il nostro mondo, è la stessa cosa che possono far passare a voi. Il nostro esercito non è composto da un lupo solitario, ma da migliaia di cittadini – molti di voi in questa sala – che lottano per la giustizia e la conoscenza. Dico che siamo un esercito, e uso questa parola con grande consapevolezza, perché affrontiamo persone che vogliono imprigionarci per aver scaricato un database o per aver dato un’occhiata più da vicino, affrontiamo persone che credono di poterci dire cosa possiamo leggere e cosa possiamo dire. Ma quando vedo il nostro esercito, vedo un esercito che crea, invece di distruggere. Vedo l’esercito del Mahatma Gandhi che cammina pacificamente verso il mare per produrre sale per la gente. Vedo l’esercito di Martin Luther King che cammina pacificamente, ma con determinazione, verso Washington per rivendicare i propri diritti, perché il cambiamento non arriva con le ruote dell’inevitabilità, ma attraverso una lotta continua. Quando vedo il nostro esercito, vedo un esercito che crea nuove opportunità per i poveri, un esercito che rende la nostra società più giusta ed equa, un esercito che rende la conoscenza universale. Quando vedo il nostro esercito, vedo le persone che hanno creato Wikipedia e Internet Archive, le persone che hanno codificato GNU e Apache e BIND e LINUX. Vedo le persone che hanno creato l’EFF e le licenze Creative Commons. Vedo le persone che hanno creato Internet come dono al mondo. Quando vedo il nostro esercito, vedo Aaron Swartz e il [p. 219 modifica] mio cuore si spezza. Abbiamo davvero perso uno dei nostri angeli migliori. Vorrei poter cambiare il passato, ma non possiamo. Ma possiamo cambiare il futuro, e dobbiamo farlo. Dobbiamo farlo per Aaron, dobbiamo farlo per noi stessi, dobbiamo farlo per rendere il nostro mondo un posto migliore, un posto più umano, un posto dove la giustizia funziona e l’accesso alla conoscenza è un diritto umano.

Nei suoi ultimi anni di attività, Aaron si interessò anche del tema del segreto in ambito tecnologico. L’uso intelligente, e creativo, della crittografia, di Tor, delle tecnologie di rete poteva consentire a una persona di comunicare con un alto grado di sicurezza rispetto a possibili intercettazioni e, quindi, di attivare canali di comunicazione sufficientemente sicuri.

Strumenti di questo tipo potevano essere utilizzati in innumerevoli contesti e occasioni: si pensi all’uso da parte di dissidenti in un Paese ostile o da parte di giornalisti per tutelare il dialogo con le loro fonti più riservate o, ancora, da parte del semplice cittadino che volesse segnalare un illecito senza essere identificato e, quindi, senza mettere a rischio la sua incolumità.

Di lì a poco, il caso Snowden avrebbe rivelato la concreta capacità da parte delle agenzie degli Stati Uniti d’America di intercettare e processare tutte le comunicazioni dei cittadini, e sarebbe aumentato l’interesse collettivo per questi strumenti.

Aaron si era appassionato di giornalismo ed era sempre stato un fan della scrittura e un grande lettore, per cui le sue energie andarono anche nello sviluppo di quel sistema SecureDrop che sarà poi adottato, dopo la sua morte, da tante organizzazioni. Un sistema che voleva regalare al mondo la reale possibilità di comunicare in segreto.

Trasparenza e segreto, che sembrano due concetti in conflitto, erano interpretati da Aaron come entrambi essenziali in una democrazia. La trasparenza coinvolgeva i vertici, a cascata fino al singolo ufficio periferico, e i loro documenti. Il segreto era un potere da conferire al cittadino, unitamente all’anonimato, per operare in sicurezza anche in azioni di attivismo.

E la tecnologia, in entrambi i casi, poteva e doveva essere la leva per garantire questi due diritti.