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ragione dell’opera XI

so allontanandosene totalmente, quando un passo oscuro e audace sembrava loro che fosse insopportabile al pensiero italiano. D’altra parte, da che la poesia nostra si è felicemente liberata da quelle pastoie accademiche, nessun poeta aveva tentato di accingersi all’impresa non facile e non breve. Il Gargano, alcuni anni or sono, aveva tentato di costituire una società shekspiriana fra i varii letterati italiani, che si accingessero alla desiderata versione, la quale — tra parentesi — doveva essere in prosa e più documento letterario che lavoro d’arte. Ma il tentativo fallì e non fu danno — io credo. Perchè un’opera di tal genere deve essere compiuta da un unico individuo, che le dia quell’unità e quella armonia di intendimenti e di stile senza la quale non potrebbe riuscire degna dell’altissimo soggetto. D’altra parte, altre nazioni avevano già risoluto il problema per opera di uno solo, perchè non si sarebbe tentato di fare lo stesso in Italia? L’impresa è ardua, ma lusinghiera, e a poco a poco divenne così prepotente in me l’idea di attuarla, che decisi di accingermi al lavoro.

Nel qual lavoro io ho tentato sopra tutto la più scrupolosa fedeltà, rispettando i metri e le rime, rispettando i concetti e le espressioni anche là dove esse potevano sembrare meno tollerabili ad orecchi latini. Ma Guglielmo Shakespeare è con Dante Alighieri una di quelle forze vive della natura,