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Parte I. 13

ancora, che niuno (ch’io sappia) degli Editori e de’ Commentatori di Plinio abbia a ciò posto mente. Supponiamo ancora, che prima della fondazione di Roma usata fosse la lingua Latina; non v’ha chi non sappia, quanto diversa ella fosse da quella, che veggiamo usata da’ posteriori scrittori. Basta vedere i frammenti, che ne sono stati raccolti, e quegli ancora del quarto e del quinto secolo di Roma, per conoscere, che i versi da Plinio riferiti non posson in alcun modo appartenere ad età sì remota. Che dirne dunque? Io proporrò varie conghietture; e tra esse gli eruditi sceglieranno ciò, che più loro piaccia. Plinio dice, che i versi erano scritti in antichi caratteri Latini. Non giova qui il cercare, quali essi fossero; ma forse erano tali, che a’ tempi di Plinio più non si intendevano. Quindi se ne cercava il senso indovinando, come or si fa de’ caratteri Etruschi, e il sentimento indovinando raccoltone si sponeva colle parole allora usate. Forse que’ versi erano stati aggiunti alcuni secoli dopo le mentovate pitture, e il sentimento ne era fondato su qualche popolar tradizione o vera o falsa. Forse Plinio a questo luogo non parla di quelle stesse antichissime dipinture, di cui avea di sopra parlato, ma di altre al tempio di Ardea aggiunte nelle età posteriori. Comunque sia, ancorchè questi versi siano apocrifi e supposti, ciò nulla dee pregiudicare alla antichità di cotali pitture. Essi non sono il fondamento, a cui Plinio si appoggia. Una somigliante antichità egli attribuisce alle pitture di Lanuvio e di Cere, delle quali non dice, che avessero aggiunti versi. Dal che raccogliesi chiaramente, che l’opinione di sì grande antichità non era già fondata su tali versi, ma sulla qualità e natura delle pitture medesime, sulla costante universal tradizione, e su altri argomenti, i quali benchè da Plinio non si producano, tali però esser dovevano a formarne una morale certezza, poichè veggiamo, che Plinio ne parla come di cosa indubitabile e certa1.


  1. Nell’edizion Romana dell’Opera del Winckelmann si afferma (T. III p. 467), che si può soddisfare alle difficoltà da me a questo luogo proposte col dire, che Plinio avrà portati que’ versi secondo l’ortografia e la pronunzia de’ suoi tempi,e direi quasi a senso. Ma questa è appunto la prima delle congetture da me recate a spiegare i versi da Plinio riportati.