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le rovine e il gran veglio 185


Ma vi è una terza rovina. È in Malebolge. Malacoda lo dice, e dice anche il tempo della rottura:1

                                                              giace
                    tutto spezzato al fondo l’arco sesto
                    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
                    Ier, più oltre cinqu’ore che quest’otta,
                    mille dugento con sessanta sei
                    anni compiè che qui la via fu rotta.

Anche questa rovina fu dunque causata dal medesimo terremoto, che l’altra, cioè le altre. Ma se per questo il diavolo dice il vero, non dice il vero in altro. Chè, come quegli che è bugiardo e padre di menzogna,2 fa credere a Virgilio che uno dei ponticelli della bolgia sia intero: il che Virgilio non trova. Dice a lui in vero uno degl’ipocriti della bolgia sesta:3

                                           più che tu non speri
               s’appressa un sasso, che dalla gran cerchia
               si muove, e varca tutti i vallon feri;
               
               salvo che a questo è rotto e nol coperchia:
               montar potrete su per la ruina,
               che giace in costa e nel fondo soperchia.

Una cerchia dunque di scogli fa ponte tra bolgia e bolgia, girando su tutte e dieci, salvo ch’ella è interrotta nella bolgia sesta, che è quella degl’ipocriti, dove è crocifisso Caifas.

Sono dunque tre rovine: la prima tra il limbo ed il primo cerchio degl’incontinenti; la seconda tra

  1. Inf. XXI 107 segg.
  2. Inf. XXIII 144. Giova ricordare che Giamboni, attraverso il francese di Brunetto, traduce in «bugia» la fraus di Cicerone.
  3. Inf. XXXIII 133 segg.