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anche là, dove l’ombra sarebbe di rigore: ma il ragazzo di strada non se ne dà pensiero. Figlio genuino della natura, dimostra con la sua cinica spensieratezza di non aver mai capito per quale uso siano stati inventati i calzoni. Se avesse letto la Storia, c’è da scommettere che vorrebbe esser nato fra i sudditi della Regina Pomaré, prima che Pritchard avesse introdotto in quel felicissimo Regno il doppio incomodo della Bibbia e dei calzoni all’europea.

Ha i piedi quasi sempre scalzi, o se non li ha scalzi, li mena a spasso smarriti dentro un pajo di scarpe o di stivali vecchi, che starebbero bene al Colosso di Rodi. Il ragazzo di strada odia la calzatura umana e la considera come una macchina tribbiatrice, che l’uomo ha inventato apposta, per pestare i piedi al suo simile e poi burlarlo colla stupida domanda — «Scusi, gli ho fatto male?».

Il piede scalzo gli permette in tempi di pioggia di misurare la profondità dei rigagnoli e di esplorare coscienziosamente il fango della pubblica via. I lenzuoli, dove la sera ripone i piedi fangosi e impillaccherati, lo aspettano impavidi e non cambiano di colore!


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Quando la mattina si sveglia non ha che un solo pensiero; quello di trovare la sera. Come riuscirà a trovarla? Ecco un quesito, che non gli fa nè caldo nè freddo. L’imprevisto è il suo ele-