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E in mezzo a questo acquazzone di croci, l’unico che, disgraziatamente rimanesse sempre asciutto, era il povero Bruto.

Il quale, in segreto, si mangiava l’anima dalla passione: ma in pubblico sorrideva olimpicamente, sfogandosi a dire e a ripetere a tutti che lui di gingilli cavallereschi non voleva saperne, e che aveva sempre pregato Dio perchè, in mezzo a tante miserie umane, gli avesse almeno risparmiata l’umiliazione di vedersi fatto cavaliere.

Intanto la moglie di Bruto, che era una donnetta simpatica, svelta e ammaestrata alla scuola del vivere in questo mondo, impensieritasi di vedere che il marito si struggeva a occhiate per una pena di cuore, fece come suol dirsi, un animo risoluto: e cogliendo un bel giorno l’occasione che il deputato di Borgunto era venuto in paese a far le vacanze di Pasqua, si vestì su per giù come la biblica Giuditta, quando partì per il campo di Oloferne, e con un velo fittissimo calato sugli occhi se ne andò diritta diritta a casa del Deputato.

Quel che gli dicesse, nessuno lo sa: ma deve avergli detto per largo e per lungo tutto quello che voleva dirgli; perchè i maligni e gli sfaccendati, che la videro entrare in casa, stettero apposta coll’orologio in mano, per poi cavarsi il gusto di concludere che si era trattenuta almeno una mezz’ora buona più del bisogno.

Fatto sta che, nel ritornarsene via, ella disse dentro di sè: