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Sì, possiam senza esitare un momento solo, protestare, che quanto il ricordato S. Arcivescovo sentiva d’amore e di trasporto per l’Apostolo Paolo, tanto il cuor nostro sentiva, e sentirà ognora per Leone, Omnes equidem amo Sanctos, mi si conceda questo sfogo: maxime vero beatum Paulum, e noi diremo Leone, vas electionis, tubam caelestem, Christi pronubum1. E che non sia soverchiamente dall’affetto regolato questo sentir nostro, ci pare di poterlo, sebbene in pochi cenni comprovare, istituendo un confronto fra Leon XII. e quell’altro Leone il Grande, di cui era divotissimo, e del quale seppe sebbene in troppo angusto spazio di tempo ristringere e ricopiare le nobili imprese. Certo fu più solenne e grande il teatro, sul quale mostrossi il primo, e non rade volte la venerazione e la stima acquista e con ragione un grado più eminente dalle circostanze favorevoli nelle quali grandiosa spicca la virtù dell’eroe celebrato. Ma non è però men grande e pregiato chi privo di tali circostanze adempie ogni giustizia, e percorre lo stesso sentiero di luce e verità. Zelator massimo, e maestro della cattolica sede promosse Leone il Grande l’ecumenico Concilio di Calcedonia, e parecchi altri particolari ne tenne a Roma e altrove, onde e Nestoriani, e Manichei ed Eutichiani condannare, e divider dalla Chiesa. Concilium magnum legitimum, così ne’ suoi Fasti cristiani il sommo Morcelli, Chalcedone celebratum est: Eutyches et


    venerazione che ispiravano le azioni tutte del Pontefice di cui deploriamo la perdita, quant’anche da una particolar riconoscenza, che indelebile vivrà nel nostro cuore. Avendogli noi umiliate queste nostre Memorie, degnossi onorarci di un Breve amorevolissimo del 3 Agosto 1825 che per gratitudine, e conforto de’ nostri poveri lavori publicammo nelle Memorie stesse (T. VII. p. 1. an. 1825). Oltre un simil tratto di singolar degnazione, parecchie volte in seguito, e a viva voce ci ha fatto sentire e da più persone che il visitarono conoscere la continuazione della protezion sua, e l’interessamento che prendeva a questi nostri fogli, che di mano in mano ci facevamo un dovere d’innoltrargli.

  1. Chrys. ib. p. 291. Così il Santo comincia una sua eloquentissima Omelia: in illud: Utinam sustineretis modicum quid insipientiae meae (II. ad Cor. XI. 1.)