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dotti, e trasfondano in tutta la sua forza e chiarezza la sensazione, o l’immagine nella mente e nell’animo del lettore.1

Insomma egli debbe essere fedele al senso del suo poeta, ma non meno il debb’essere al genere del proprio idioma, sicchè la sua versione nel tempo stesso e rappresenti un’immagine del suo modello, e comparisca come opera di prima mano, riunendo così il doppio merito che si esige nella copia di un quadro, di separamente piacere come pittura, e di rassomigliar confrontata all’originale.

Ma nè la sola grammatica, nè la crusca, o l’aiuto di tutti i possibili commentatori,

  1. Non è frequente questo bisogno in Virgilio, e il più notabile esempio è, nel principio del libro secondo, l’apostrofe a Mecenate, che per isbaglio, credo io, di qualche amanuense, tronca e sospende l’esposizione introdotta dalla generazion delle piante, e vi resta in mezzo isolata e fuor di proposito. Io su l’autorità di qualche interprete, e più su quella della ragione l’ho restituita immediatamente dopo l’invocazione di Bacco, dove sembra chiamata naturalmente, e dove, ne son sicuro l’avrà Virgilio medesimo collocata.