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al quale nei recenti turbamenti portati al Campidoglio offriva con incomparabile amore quei mezzi di quiete che poteva fargli godere nei pacifici suoi Stati. Molte cose eziandio direi di quell’ammirabile pazienza esercitata da lui nel corso ben lungo della penosissima infermità che lo rapì all’amor nostro per unirlo a quello del suo Creatore: ma la profonda rassegnazione ch’Egli ebbe sempre al voler divino ci fa capire abbastanza, e gli affettuosi rapimenti verso Gesù sacramentato, ver la sua gran Madre Maria speciale protettrice della Reggia, e il bel sereno dell’ingenuo sembiante contrassegno dell’uomo giusto: sicchè il suo transito era, cred’io, il compensamento eterno che Dio faceva delle sue sofferenze e della singolare pietà. Tanta invero era la dolcezza con cui guardava la morte, che non perdeva la maestà della parola, nè l’affliggeva il morire quanto il non vivere per servire il suo Dio. Oh morte! hai forse rapito al mondo preda più bella? No: dorme sì Egli nella polvere coi Grandi della terra, ma vive la sua pietà nei nostri cuori, e l’opre sue annunzieranno ai posteri ch’Ei fu Pio. Mi sembra pertanto bastare d’avervi provato quello che io di provare intendea coi fatti a noi