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di carlo darwin 27

altri giganteschi quadrupedi fossili del limo argentino, sono i padri dei microscopici armadilli, che vivono oggi sotto le erbe della pampa. Molti anelli della grande catena son rotti, ma la mano del genio ne ha riuniti gli estremi spezzati e così come il filologo nelle nostre lingue moderne legge le parole dei nostri padri ariani, risuscitando le forme di una lingua spenta; così il geologo va riunendo con filo non interrotto gli esseri vivi dell’oggi coi più antichi padri del mondo preadamitico.

Le forme vive son dunque figlie di altre che vissero prima di esse e sono il resultato del loro adattamento all’ambiente che le circonda. La Eva di tutti gli esseri vivi è un protoplasma semplicissimo, capace di tutte le possibilità morfologiche che lo condurranno ad esser palma, elefante, uomo e che in lotta con amici e nemici, nelle battaglie della vita e per elezione naturale figlierà dalle sue viscere tutto il grande museo di piante e di animali che ci circonda. Ecco, s’io non m’inganno, tracciata, nella sua formola più semplice, la teoria darwiniana; la più felice, la più probabile, la più logica interpretazione del perchè delle cose. All’infuori dell’evoluzionismo non vi è che la parola santa ma indiscutibile della fede, che crede senza pensare, o l’eunuca confessione dell’Ignoramus.

Tutti gli esseri vivi, senza eccezione, tendono a crescere in numero così smisurato, che non basterebbero i continenti, non l’Oceano a portare i nati di una sola specie, dopo un certo numero di generazioni, qualora non vi fossero battaglie sanguinose e morti senza fine. La lotta per l’esistenza diviene una necessaria conse-