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giocondità ed i piaceri d’un cortigiano, non solo tutte queste cose son divenute un nulla per me, ma supponete che nel momento in cui parliamo il czar mio padrone mi promettesse di restituirmi tutto quanto mi ha tolto, vi giuro, se pur so qualche cosa di quello che dico, che non abbandonerei questa solitudine, questi deserti, questi laghi di ghiaccio per la reggia di Mosca.

— Ma, eccellenza, soggiansi, mi sembra non vi sieno stati tolti soltanto i piaceri della corte, la possanza, l’autorità, la ricchezza di cui godevate da prima; ma, se non m’inganno, devono mancarvi ancora alcuni comodi indispensabili della vita. Le vostre signorie forse confiscate, i preziosi arredi delle vostre case dati al saccheggio, gli scarsi mezzi che vi vengono lasciati qui pel vostro sostentamento non si conformano, io credo, alle solite necessità della vostra vita.

— Vi pare così, perchè mi guardate come uno de’ vostri lôrdi, o come un principe, che veramente lo sono; ma consideratemi ora soltanto come un uomo, come una creatura umana niente distinta da un’altra qualunque. Come tale, non manco di niente, semprechè non vengano a visitarmi malattie, o disgrazie che producano imperfezioni negli organi del mio corpo. Ma per venir più alle corte, voi vedete qui il nostro sistema di vita. In questo paese, siamo cinque d’un grado nobile: viviamo in un perfetto ritiro come bisogna che vivano gli esiliati. Dal naufragio delle nostre ricchezze qualche poca cosa l’abbiam riscattato; ciò ne dispensa dalla necessità assoluta