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magra, zoppicante, affamata, la quale, oltre allo scudiscio con cui il cavaliere le lavorava la testa, avea bisogno di due schiavi a piedi che le prestassero lo stesso servigio alla coda per farla andare. Così ci veniva a fianco, seguìto da dieci o dodici schiavi, nell’andare dalla città alla sua villeggiatura, da cui eravamo distanti non più di una mezza lega. Si camminava adagio come potete credere; ma quando fummo ad un certo punto questa caricatura di gentiluomo ne precedè.

Poichè la brigata del mandarino si fermò un’ora a un dipresso nel villaggio per ristorarsi, profittammo dell’indugio per andare a visitare questo alto personaggio nella sua delizia campestre, vera specie d’ortaccio. Lo trovammo in un piccolo angolo rimpetto alla porta di casa che stava facendo il suo pasto; ma gli piaceva essere veduto anche in tale atto, e ne fu detto che più lo avremmo guardato, più gli saremmo dati nel genio. Sedea sotto un albero, simile alquanto alla palma, che gli riparava effettivamente il capo dal sole di mezzogiorno, a cui sovrastava un ampio ombrello postovi col fine di rendere più magico l’effetto di quella vista. Sdraiato di peso, perchè era un omaccio grave e corpulento, sopra un seggiolone a bracciuoli, due schiave lo servivano a mensa, oltre a due altre, una delle quali imboccava con un cucchiaio il suo sire, l’altra teneva il tondo con una mano e con l’altra spazzava via le briciole che cadevano su la camiciuola e la barba di sua signoria.

* Quel bestione avrebbe creduto digradarsi, se avesse adoperate le sue mani in tutti quegli atti famigliari, che i monarchi ed i re preferiscono fare da sè, per non essere toccati dalle ruvide dita del loro servidorame. Pensai allora alle torture che la vanità procura agli uomini, e quanto un orgoglio si mal inteso debba esser molesto a chi ha due dita di senso comune1.

Lasciata al povero sciocco la soddisfazione di bearsi, credendo che stessimo ammirando la sua pompa, mentre in vece ne eccitava a compassione e disprezzo, proseguimmo il nostro viaggio. Sol prima di partire, il padre Simone ebbe la curiosità d’informarsi quali prelibati cibi componessero il pasto di quella specie di principe campagnuolo, ed anzi gli fu compartita la grazia di assaggiarne. Tutto consisteva in una vivanda di riso bollito con entro molti spicchi di

  1. Il tratto contraddistinto con due asterischi non si legge in diverse edizioni inglesi di questa storia.