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di decenza e di grazia. Non ritrosa a parlare ogni qual volta veniva richiesta, non entrava arrogantemente nelle cose che non le spettavano; solerte, industriosa, utile donna da casa, avrebbe potuto da vero esserlo per tutta l’isola, tanto bene sapea governarsi sott’ogni rispetto.

Con sì lieti augurî pertanto le nozze furono celebrate in quel medesimo giorno. Io che fui, per così esprimermi, il padre della sposa, giacchè la presentai all’altare, stimai convenevole l’assegnarle anche una dote; consistè questa in una bell’area di terreno, perchè essa e il marito suo vi avviassero una piantagione. Anzi tale dotazione e la domanda fattami dal giovine gentiluomo, affinchè gli assegnassi una proprietà nell’isola, mi fe’ nascere il pensiero di ripartire tutta proporzionatamente fra i coloni l’isola stessa, affinchè non nascessero in appresso fra loro contese di luogo.

Affidai la cura di un tale riparto a Guglielmo Atkins, divenuto dopo la sua riforma di vita, vero galantuomo e buon massaio, pio, religioso, e sincero convertito, almeno da quanto mi diede fondamento per dirlo e crederlo tale. Nel far le parti si regolò con tanta equità, e tanto incontrò la soddisfazione di tutti, che domandarono ad una voce di vedere autenticato da un solenne atto sottoscritto di mio pugno il compartimento fatto da Atkins. Prestatomi al lor desiderio feci stendere una scrittura che, firmata da me e contrassegnata dal mio suggello, consegnai poscia ai coloni. Oltre al rimanere stabiliti con essa i confini e lo spazio delle piantagioni, fu condotta in modo, che ciascun colono ne ritraesse per sè e suoi eredi la proprietà del fondo assegnatogli e di quanti miglioramenti vi avrebbe operati per l’avvenire. Mi riserbai la proprietà del rimanente dell’isola ed una certa onoranza annuale su le singole piantagioni, da sborsarsi ad ogni inchiesta o mia o di chi si presentasse a mio nome, con la copia autentica di quello scritto. Tale onoranza per altro non dovea cominciare a decorrere se non di lì ad undici anni.

Quanto al governo e alle leggi a cui si sarebbero sottomessi per l’avvenire, dissi loro, non vederne io migliori di quelle che avrebbero saputo darsi da sè medesimi, secondo i casi; soltanto mi feci promettere che si amerebbero sempre e viverebbero in buon accordo, e in tale scambievole benevolenza qual dee essere fra buoni vicini. Così io m’apparecchiava a congedarmi da loro.

Una cosa soltanto non volli omettere, e fu il farli avvertiti, che