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al vero, costui diede prove d’ingegno ben al di là del comune in cose di cui certamente non era obbligato ad intendersi: per esempio, d’un paio di soffietti si fece una fucina; si fabbricò da sè il carbone pel suo lavoro; un rampicone di ferro si trasformò per lui in una discreta incudine. Quante cose arrivò a fare in questa conformità e specialmente uncini, chiavistelli, anelli donde farli passare, arpioni! Ma torniamo a parlare della sua abitazione. Dopo avere piantato questo coperchio della sua tenda interna, pose fra un trave e l’altro della piramide ornamenti di vimini, che afforzò con paglia di riso, ingegnosamente adattata; poi alla sommità di questa le fece ombrella d’un’ampia foglia di certo albero dell’isola; co’ quali ingegni rese la fabbrica asciutta come se fosse stata difesa da tegole, o piatta lavagna. Quanto ai lavori di vimini, veramente egli mi confessò di andarne debitore all’opera dei selvaggi.

La circonferenza esterna formava una specie di galleria attorno alla seconda rotonda, e lunghe travi che partivano dai trentadue angoli della prima, andandosi ad unire alla cima dei pilastri interni ad una distanza di venti piedi all’incirca, lasciavano tra una facciata e l’altra un vano che era come un passeggio della larghezza quasi di venti piedi.

La parete della casa interna era apparata come quelle delle logge: di lavori cioè di vimini, ma d’un genere più dilicato. Essa era divisa in sei stanze terrene, ciascuna delle quali aveva due porte, una che comunicava con l’ingresso principale della casa stessa e stava di rincontro all’andito interno; l’altra mettea nella loggia da cui era circondata la casa medesima, e andava ad imboccare una terza porta, perchè anche la galleria era corrispondentemente ripartita in sei uguali stanze che offrivano non solamente luoghi di ritiro, ma di ripostiglio per gli usi interni della famiglia. Siccome poi questi sei spazi non tenevano tutta quanta la galleria esterna, le altre stanze di essa erano ripartite con tal ordine, che entrando per la porta principale, uno stretto corridoio vi portava a dirittura all’ingresso principale del padiglione; ma da entrambi i lati vi era ancora un tramezzo lavorato esso pure a vimini con una porta a ciascun lato che vi conduceva prima in un vasto stanzone o granaio, largo venti piedi e lungo quasi trenta, indi in un’altra stanza un po’ memo lunga. Per tal modo la galleria esterna avea dieci stanze, sei per recarsi agli appartamenti interni, e servivano di gabinetti o dispense alle stanze