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pel danaro da me speditole in dono da Lisbona, non trovava fatiche troppo gravose, se le impiegava per me; e di questa mia fiducia in lei dovetti ben trovarmi contento per la sicurezza che ne ridondò a tutto quel che mi apparteneva. Dal principio sino al fine è stata per me una grande origine di felicità la non mai smentita integerrima rettitudine di quella buona signora.

* Mi era anzi saltato il pensiere di lasciare in custodia di lei i miei capitali e andare a Lisbona, e di lì al Brasile per mettere stabile dimora colà; ma alcuni scrupoli religiosi avendomi distolto da simile idea, mi deliberai di rimanere in patria e alienare, se mi riusciva, la mia piantagione del Brasile *.1

Scrissi pertanto la mia intenzione al mio vecchio capitano di Lisbona, il quale, fatta la profferta di questo acquisto agli eredi de’ miei fidecommissari dimoranti al Brasile, la trovò accettata. Essi inviarono ad un loro corrispondente del Brasile trentatrè mila monete da otto, valore della mia parte di quel possedimento.

Mandarono pure al mio vecchio amico di Lisbona, e questi a me, l’atto di vendita che autenticai con la mia firma. Egli mi spedì pure in cedole di banco la somma di trentadue mila ottocento monete da otto, ritenendosi, perchè gl’ingiunsi espressamente di far così, l’equivalente della rendita di cento moidori per lui sua vita naturale durante, e di cinquanta, morto lui, per suo figlio, rendita che

  1. Il paragrafo posto fra due asterischi non trovasi ne’ due testi originali che ho dinanzi agli occhi, pur leggesi in altri originali; qualche traduttore, come a cagion d’esempio il signor Borel, non l’ha omesso. Appartenga veramente al corpo primitivo dell’opera o sia stato intruso in appresso (che non sembrami), connette sì bene con quanto precede e viene dopo, che per lo meno non ho dato verun danno al restante coll’introdurlo accompagnato da questa nota.