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si potea, sì che egli veniva, s’accostava e s’accostava sempre un po’ più, inginocchiandosi ad ogni dieci o dodici passi, per manifestarmi la sua gratitudine, perchè lo aveva sottratto alla morte. Finalmente mi fu da presso del tutto, ed allora prosternatosi di bel nuovo, baciò la terra, e presomi un de’ piedi se lo pose sopra la testa, con che s’intendea giurarmi che sarebbe stato mio schiavo per sempre. Alzatolo da terra, lo accarezzai, e gli feci animo meglio che seppi.

Ma non eravamo ancora nè egli nè io fuor dell’impaccio, perchè m’accorsi che il selvaggio da me atterrato, non morto, come pensai, ma soltanto sbalordito dalla violenza della percossa, cominciava a riaversi; la qual cosa feci notare al mio protetto, indicandogli a cenni che quel suo nemico era tuttora vivo. Su di ciò egli mi disse alcune parole, le quali, benchè non intendessi punto, mi furono gratissime, siccome il primo suono di voce umana che, eccetto la mia, avessi udito da ventidue e più anni. Ma non v’era tempo a simili considerazioni; il selvaggio da me stramazzato rinveniva sì bene, che era già seduto sul terreno, e m’avvidi come l’altro selvaggio, ch’io difendeva, tornasse nel primo spavento. Veduto ciò addirizzai l’altro mio moschetto all’uom seduto per rimediare al primo colpo mancato; ma il mio selvaggio, che così or lo chiamerò, mi chiese per segni gli prestassi la sciabola, ch’egli mi vedea pendere senza fodero dalla cintura. Gli condiscesi, nè la ebbe appena, che corse al nemico, e con un colpo gli tronco si netto il capo dal collo che non credo avrebbe fatto nè più presto nè meglio il più abile fra i patentati carnefici; la qual cosa mi parve straordinaria in un uomo ch’io avea ragione di credere non avesse mai vedute in sua vita sciabole, eccetto le loro che sono di legno. Ciò non ostante sembra, come imparai in appresso, che queste spade di legno sieno affilate, fornite di contrappeso e fabbricate con un legno fitto al punto di far saltare e testa e braccia con un sol colpo. Compiuta questa impresa, tornò a me tutto gaudioso del suo trionfo, e portatami la spada con una abbondanza di gesti, che certamente non intesi, me la pose innanzi insieme con la testa del suo nemico.

La cosa di cui egli era stupito e curioso oltre ogni dire, era il modo onde fossi riuscito ad uccidere l’altro Indiano in tanta distanza, onde accennandolo mi fece capire alla meglio il suo desiderio ch’io lo lasciassi andare a verificare presso l’ucciso come stesse la