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mi difendea come una tenda dall’ardore del sole. Dopo questi apparecchi andai facendo a quando a quando piccoli giri sul mare; pur senza scostarmi per allora, o senza almeno scostarmi molto dalla mia celletta. Finalmente, ansioso di vedere la circonferenza del mio piccolo reame, risolvetti di mettermi in corso, e con questa mira provvidi il mio vascello con due dozzine di pani che più tosto potrei chiamare focacce d’orzo, una delle mie pentole di terra cotta piena di riso abbrustolito, cibo di cui faceva un grandissimo uso, con un fiaschetto di rum, una mezza capra, polvere e pallini affinchè mi crescessero le vettovaglie stesse, e due delle casacche che dissi tolte alle casse de’ marinai naufragati, una di esse per giacervi sopra, l’altra perchè mi servisse di coperta la notte.

Era il 6 di novembre, e correva l’anno sesto del mio regno o della mia schiavitù, se vi piace meglio così, quando impresi questo viaggio che trovai molto più lungo di quanto io credeva; perchè se bene