Continuazione di questa navigazione sino al Brasile

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Daniel Defoe - Avventure di Robinson Crusoe (1719)
Traduzione dall'inglese di Gaetano Barbieri (1842)
Continuazione di questa navigazione sino al Brasile
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Continuazione di questa navigazione sino al Brasile.



I
o sapea che quante navi europee veleggiavano o verso la costa della Guinea, o al Brasile, ovvero alle Indie Orientali, toccavano il Capo o le suddette isole; onde, in una parola, il dilemma della mia sorte stava in ciò solamente: o avrei incontrato qualche vascello, o mi sarebbe stato forza perire. Durato nella mia risoluzione, come dissi, dieci o dodici giorni, cominciai a veder paesi ch’erano abitati; in due o tre luoghi presso cui veleggiammo, ne accadde osservar gente che stava su la spiaggia a guardarci, e potemmo anche accorgerci ch’erano di carnagione affatto nera e ignudi del tutto. Mi sentii tentato una volta ad andar su la spiaggia verso di loro; ma Xury, il miglior consigliere ch’io m’avessi, mi disse:

— «Non andare! non andare!»

Nondimeno, tiratomi più vicino alla spiaggia per poter parlare ad essi, vidi che su la mia stessa strada correvano lungo il lido. Notai che non avevano armi con sè, eccetto un di loro il quale portava un piccolo sottile bastone, che Xury mi disse essere una lancia, aggiugnendo che sapeano tirarla in gran lontananza e prendendo bene la mira; per conseguenza mi tenni in distanza, ma parlai loro per cenni come meglio potei, chiedendoli singolarmente di qualche cosa da mangiare. Essi mi fecero segno di fermare la mia scialuppa, e di essere pronti a portarmi alcune vivande; laonde, abbassata la punta della mia vela, mi fermai dov’era, e due o tre di quegli abitanti, postisi a correre per il paese, in meno di mezz’ora tornarono addietro, portando seco due pezzi di carne secca e qualche provvigione di grano del loro paese. Noi non sapevamo nè di che animale fosse la [p. 38 modifica]carne, nè di qual natura fosse quel grano; pure avevamo tutta la buona voglia d’accettar queste cose. Ma il come arrivare a tale intento fu il soggetto della prima ed ultima disputa che avemmo insieme, perché io non mi sentiva d’arrischiarmi a por piede su la spiaggia, ed essi avevano altrettanta paura di noi; ma s’attennero ad un espediente sicuro e per una parte e per l’altra, perchè portarono le vettovaglie su la riva e le posero giù, indi se ne andarono e ci stettero ad una grande distanza finchè le avessimo tirate a bordo; allora si accostarono di nuovo alla nostra scialuppa.

Noi femmo loro grandi ringraziamenti per cenni, chè non avevamo altra moneta per compensarli; ma in quel momento medesimo ne si offerse un’opportunità di rendere ad essi un segnalato servigio; perchè mentre continuavamo a fermarci a vista della spiaggia, scesero dalle montagne due potenti belve, una delle quali, a quanto ne parve, inseguiva l’altra con gran furore verso del mare. Se il maschio inseguisse la femmina, o vero se così facessero per diporto o rabbia, noi non lo sapremmo dire, come non potremmo dire, se un tal caso fosse strano o comune colà; ma io direi ch’era la prima volta, e perché quelle belve rapaci raramente si lasciano vedere fuorchè di notte, e perchè scorgemmo quegli abitanti straordinariamente impauriti, massime le donne. L’uomo che portava la lancia, o dardo o bastoncello che fosse, non fuggì, ma fuggirono tutti gli altri, ancorchè le due fiere, correndo direttamente verso l’acqua, non paressero vogliose di scagliarsi addosso ad alcuno di que’ Negri, ma bensì di gettarsi nel mare, ove si diedero a notare qua e là, come per loro divertimento. Finalmente uno di questi animali cominciava ad avvicinarsi alla nostra scialuppa più di quanto mi avrei aspettato; ma mi trovò pronto ai suoi comandi, che aveva già caricato il mio moschetto con ogni possibile celerità, e intimato a Xury di fare lo stesso con gli altri due. Appena un de’ due animali mi fu venuto bellamente a tiro, gli feci fuoco addosso e lo colpii nella testa. Si sprofondò tosto nell’acqua, ma uscitone un momento dopo andava dibattendosi da una parte e dall’altra come chi resiste invano alla morte; e così era di fatto: esso si sforzava di arrivare subitamente alla spiaggia, ma tra per la sua ferita ch’era mortale e lo annegamento dell’acqua stessa, morì prima di averla raggiunta.

Egli è impossibile l’esprimere lo sbalordimento da cui furono presi que’ poveri abitanti al fuoco e al romore del mio moschetto. Alcuni [p. 39 modifica]di essi furono lì lì per morire dalla paura, e caddero veramente siccome morti per l’effetto del terrore concepito; ma quando videro l’animale, non dubitarono più che la terribile belva non fosse perita nell’acqua, e poichè si accorsero de’ miei segni che li richiamavano alla spiaggia, preso coraggio, ci vennero, e cominciarono a far ricerche per avere in loro potere il cadavere dell’ucciso animale.

Giunto io a scoprirlo dalle strisce del sangue che lordavano l’acqua, coll’aiuto di una corda gettatagli all’intorno del corpo, e di cui mandai l’altra estremità ai Negri perchè la tirassero, questi lo ebbero alla spiaggia. Allora fu riconosciuto che la belva era un raro leopardo, leggiadramente screziato e d’un pelame ammirabilmente fino. Gli abitanti sollevarono le mani con ammirazione, e fantasticando con che cosa mai avessi potuto ammazzarlo.

L’altro animale spaventato dalla vampa del fuoco e dallo strepito dello sparo, notò alla spiaggia, e prese correndo la via delle montagne dond’erano usciti entrambi; a quella distanza non potei discernere qual razza d’animale esso fosse. Capii presto che i Negri aveano voglia di cibarsi della carne dell’ucciso leopardo, onde non mi dispiacque che riconoscessero in ciò un mio presente; e quando feci ad essi un segno che poteano impadronirsene liberamente, mi rendettero grandi ringraziamenti alla loro maniera. Tosto si misero all’opera di apparecchiarlo; e benchè non avessero coltello, con un pezzo di legno ben affilato ne tolsero la pelle con la stessa prestezza, anzi maggiore, che non avremmo fatto noi co’ nostri stromenti da taglio. Mi offersero una parte di quella carne; offerta ch’io ricusai mostrando di volerla lasciar tutta a loro; sol mi feci intender per cenni che ne avrei aggradita la pelle, il qual mio desiderio secondarono di buonissima grazia, portandomi in oltre una copia maggiore di loro vettovaglie che accettai, sebbene non sapessi che cosa fossero.

In appresso i miei segni furono intesi ad avere una certa quantità di acqua dolce, e mi feci capire voltando uno de’ miei otri con la bocca all’ingiù, affinchè vedessero che aveva bisogno di essere empiuto. Essi chiamarono prestamente uno de’ loro famigliari, onde comparvero due donne portando un gran vaso di terra, credo io, cotta al sole, che venne deposto, come dianzi le vettovaglie, sul lido, indi mandai Xury su la spiaggia co’ miei orci che mi tornarono pieni d’acqua dolce tutti e tre. Le donne erano affatto ignude al pari degli uomini.

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All’acqua dolce vennero aggiunti e grani e radici, di che cosa, nol seppi; indi, preso congedo dai miei benevoli Negri, andai innanzi per undici giorni ancora senza vedere alcuna vicinanza di spiaggia, fino all’undecimo di questi giorni, in cui mi si parò davanti una terra che sporgeva in fuori per un gran tratto di mare, distante da me quattro o cinque leghe all’incirca; e poichè era tranquillissima l’onda, presi il largo per giungere alla punta di quella terra. Finalmente, giratole attorno ad una distanza di circa due leghe, vidi distintamente una costa che facea fronte al mare sul lato opposto; donde dedussi, come la cosa era certissima, che quella punta fosse il Capo Verde, e stessero ivi le isole che danno a quella punta il nome di Capo delle Isole Verdi. Pur queste mi erano sempre ad una grande distanza, nè sapeva troppo qual fosse per me il miglior partito da prendere, perchè se fossi stato sorpreso da un gagliardo colpo di vento avrei potuto non raggiugnere nè il Capo nè le sue isole.

Venuto in pensiero per questo dilemma, entrai nella stanza, ove mi posi a sedere, intantochè Xury stava al timone. Tutto ad un tratto odo il giovinetto che grida:

— «Padrone! padrone! un vascello e una vela!»

[p. 41 modifica] Il povero ragazzo era fuor di sè dallo spavento, immaginandosi non potesse esser altro, che qualche legno del suo padrone mandato per inseguirci: ma io ben sapea che ci eravamo allontanali abbastanza per trovarci fuori della sua presa. Uscito subito della stanza della scialuppa, vidi incontanente non solo il vascello, ma che vascello fosse: esso apparteneva a portoghesi, forse diretto, io pensai allora, alla costa di Guinea per far acquisto di Negri. Nondimeno, osservato l’indirizzo ch’esso prendea, fui tosto convinto ch’esso pigliava altra via, e che il suo disegno non era di serrarsi punto alla spiaggia; per la qual cosa presi il largo quanto io potea, risoluto di abboccarmi con que’ naviganti, se pur mi era possibile.

Benchè facessi tutta forza di vele, capii che non mi sarebbe riuscito di entrar nelle acque di quel vascello, e che esso mi sarebbe sparito dalla vista prima ch’io avessi potuto fargli alcun segno; ma poichè io aveva fatti gli ultimi sforzi, e cominciava già a disperare, que’ naviganti mi videro, io penso, co’ lor cannocchiali, e compresero essere il mio legno qualche barca europea, ch’essi supposero appartenere ad un vascello pericolato. Accorciarono pertanto le vele per darmi campo d’avvicinarmi a loro. Incoraggiato da ciò, ed avendo a bordo la bandiera di chi fu mio padrone, diedi loro il segnale di disastro, e sparai un moschetto; entrambe le quali cose essi notarono, perchè mi dissero in appresso di aver veduto il fuoco, ancorchè non avessero udito lo strepito dell’archibugio. Dietro questi segnali con tutta la cortesia desiderabile misero alla cappa, cioè abbassarono le vele per aspettarmi; onde in capo a circa tre ore potei raggiugnerli.

Mi chiesero chi fossi in lingua portoghese, poi spagnuola, poi francese, ma io non intendeva alcuna di quelle lingue; finalmente un marinaio scozzese ch’era a bordo del vascello, mi volse il discorso, e gli risposi raccontandogli ch’io era un Inglese fuggito dalla schiavitù de’ Mori; allora mi fecero entrar subito a bordo, ove accolsero graziosamente me e tutte le cose mie.

È inesprimibile la gioia ch’io provai, ed ognuno me lo crederà, al vedermi in tal guisa liberato da una condizione così trista, e ch’io metteva omai per disperata. Offersi immediatamente quanto io possedeva al capitano del vascello in ricompensa della mia liberazione; ma egli generosamente rispose, che non avrebbe ricevuto alcuna ricompensa da me, e che quanto io aveva portato a bordo, mi sarebbe [p. 42 modifica]consegnato libero d’ogni aggravio, appena saremmo arrivati al Brasile.

— «Perchè, egli diceva, ho salvata la vostra vita in que’ termini onde mi piacerebbe veder salvata la mia; una volta o l’altra il mio destino può condurmi alla medesima condizione. Oltrechè, se vi privassi di quanto avete, e tanto lunga la strada di qui al Brasile che, giunto là, sareste costretto a morire di fame, ed in tal caso non avrei fatto altro che salvarvi la vita qui per privarvene là. No, no, senhor Inglese, voglio condurvi fin là per amor del mio prossimo; e queste cose che vorreste darmi, vi gioveranno a procurarvi la vostra sussistenza nel Brasile, e nella traversata che dovrete fare per tornarvene a casa.»

E come si mostrò caritatevole in questa offerta, fu altrettanto giusto nel mantenerla appuntino; perchè comandò severamente ai suoi marinai di non toccar nulla di quanto mi appartenesse, e, prese in deposito egli stesso le mie robe, mi diede un inventario di tutto, esatto tanto che non erano nemmeno dimenticati i miei tre orci di terra.

Quanto alla mia scialuppa, che era veramente una delle buone fra quante ve ne fossero, dopo averla considerata, mi espresse il desiderio di comprarla per uso del suo vascello, e mi chiese qual prezzo ne avrei voluto.

— «Siete stato sì generoso verso di me in ogni rispetto, che non ho coraggio di far io il prezzo della mia scialuppa, e intorno a ciò mi rimetto interamente a voi.

— Facciamo così, egli soggiunse, vi darò una cedola di banco per ottanta pezze da otto, che vi saranno pagate al Brasile e, quando la scialuppa sarà arrivata là, se trovate chi vi offra di più, vi abbonerò quel di più.»

Mi offerse inoltre sessanta pezze da otto pel mio ragazzo Xury, al che mi rincrescea l’acconsentire, non perchè mi dispiacesse cedergli quel fanciullo, ma mi sapea male di vendere la libertà di una povera creatura che m’aveva aiutato con tanta fedeltà a procurarmi la mia.

Nondimeno, poichè ebbi esposto al capitano un tal motivo di mia renitenza, questi che lo trovò giusto mi propose un temperamento, vale a dire di obbligarsi col ragazzo a metterlo in libertà dopo dieci anni, semprechè si fosse fatto cristiano; a tal patto, tanto più che Xury disse che sarebbe andato volentieri con lui, lo cedei al capitano.

Il nostro viaggio al Brasile fu felicissimo, perchè in venti giorni [p. 43 modifica]circa arrivammo alla baia di Todos los Santos (di Tutti i Santi); ed eccomi anche una volta liberato dalle disgrazie e, in questo caso, dalla più miserabile di tutte le condizioni della vita umana. Or non mi rimaneva altro, che pensare al partito cui mi sarei appigliato.